Cons. Stato, Sez. IV, ord. 30 luglio 2019, n. 5391
Sono rimesse all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato le questioni: a) se per le fattispecie sottoposte all’esame del giudice amministrativo e disciplinate dall’art. 42 bis del testo unico sugli espropri, l’illecito permanente dell’Autorità viene meno solo nei casi da esso previsti (l’acquisizione del bene o la sua restituzione), salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, di natura transattiva; b) se, pertanto, la ‘rinuncia abdicativa’, salve le questioni concernenti le controversie all’esame del giudice civile, non può essere ravvisata quando sia applicabile l’art. 42 bis; c) se, ove sia invocata la sola tutela restitutoria e/o risarcitoria prevista dal codice civile e non sia richiamato l’art. 42 bis, il giudice amministrativo può qualificare l’azione come proposta avverso il silenzio dell’Autorità inerte in relazione all’esercizio dei poteri ex art. 42 bis; d) se, in tale ipotesi, il giudice amministrativo può conseguentemente fornire tutela all’interesse legittimo del ricorrente applicando la disciplina di cui all’art. 42 bis e, eventualmente, nominando un Commissario ad acta già in sede di cognizione.
Il Collegio, anche sulla scorta della giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione richiamata dalla sentenza n. 2 del 2016 dell’Adunanza Plenaria, dubita che nel sistema previsto dal T. U. Espr. sia concepibile una ‘rinuncia abdicativa’ giuridicamente rilevante innanzi al giudice amministrativo e che il proprietario possa in tal modo pretendere fondatamente di ottenere il controvalore del bene.
La Sezione remittente ritiene infatti che, in linea di principio, qualora si dovesse ritenere rilevante nell’attuale ordinamento, la ‘rinuncia abdicativa’ si dovrebbe estrinsecare in una esplicita dichiarazione, basata sulla consapevolezza di essere titolare del bene e sulla mera volontà di dismettere il diritto e di perdere la qualità di proprietario e non sulla richiesta di una somma di denaro, a titolo risarcitorio, posta in rapporto di sostanziale sinallagmaticità con il trasferimento del diritto dominicale.
Diversamente, infatti, si introdurrebbe nel sistema la possibilità che, con un atto unilaterale, sia pure sotto forma di azione giudiziale, la parte perverrebbe alla produzione di effetti patrimonialmente rilevanti non solo nella propria sfera giuridica, ma anche nella sfera giuridica dell’Amministrazione, soggetto che, invece, non ha manifestato alcuna volontà volta all’acquisizione del diritto.
Di talché, non sembra che una tale dichiarazione, produttiva dei conseguenti effetti, si possa desumere dalla proposizione di una domanda risarcitoria.
avv. Marco Bruno Fornaciari