Cons. Stato, Sez. V, 28 agosto 2019, n. 5924
Per comune e consolidato intendimento, ove il bando richieda per la partecipazione ad una procedura evidenziale (concorso pubblico o procedura di gara) il possesso di un determinato titolo di studio o di uno ad esso equipollente, la determinazione dello stesso deve essere intesa in senso tassativo, con riferimento alla valutazione di equipollenza formulata da un atto normativo, e non può essere integrata da valutazioni di tipo sostanziale compiute ex post dall’Amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 dicembre 2012, n. 6260; cfr. altresì, Cons. Stato, sez. VI, 3 maggio 2010, n. 2494).
Il principio, dal quale non sussistono ragioni per decampare, poggia sul dovuto riconoscimento in capo all’Amministrazione che indice la procedura selettiva (ferma la definizione del livello del titolo, affidata alla legge o ad altra fonte normativa) di un potere discrezionale nell’individuazione della tipologia del titolo stesso, da esercitare tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire, l’incarico da espletare o il contratto da eseguire (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 gennaio 2007, n. 247).
Peraltro, nelle procedure evidenziali assoggettate alla disciplina dei contratti pubblici, la (necessaria) valorizzazione del canone di equipollenza trova fondamento nel generale divieto di restringere, senza idonea e congrua giustificazione, l’accesso paritario alle commesse pubbliche (cfr. artt. 30, 83 e 170 d. lgs. n. 50/2016).
Avv. Marco Bruno Fornaciari