Cass., Sez. I Civ., ord. 17 settembre 2019, n. 23093
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il negozio fiduciario rientra nella categoria più generale dei negozi indiretti, caratterizzati dal fatto di realizzare un determinato effetto giuridico non in via diretta, bensì indiretta. Il negozio, che è realmente voluto dalle parti, viene infatti posto in essere in vista di un fine pratico diverso da quello suo tipico e corrispondente, in sostanza, alla funzione di un negozio diverso; l’intestazione fiduciaria di un bene, pertanto, comporta un vero e proprio trasferimento in favore del fiduciario, limitato però dagli obblighi stabiliti inter partes, compreso quello del trasferimento al fiduciante, in cui si ravvisa il contenuto del pactum fiduciae. Ne consegue come necessario corollario che, se il pactum fiduciae riguarda beni immobili, occorre che esso risulti da un atto in forma scritta ad substantiam, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l’art. 1351 c. c. impone la stessa forma del contratto definitivo e per tale motivo l’esistenza del patto scritto non può semplicemente desumersi da altri documenti scritti che, sia pure implicitamente, ne lasciano soltanto presumere l’esistenza.
Il Collegio, pertanto, richiama il principio di diritto per il quale il pactum fiduciae con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da costui designato, richiede, qualora riguardi beni immobili, la forma scritta ad substantiam e la prova per testimoni di tale patto è sottratta alle preclusioni stabilite dagli artt. 2721 ss. c. c. – sempre che non comporti il trasferimento, sia pure indiretto, di beni immobili – soltanto nel caso in cui detto patto sia volto a creare obblighi connessi e collaterali rispetto al regolamento contrattuale, al fine di realizzare uno scopo ulteriore rispetto a quello naturalmente inerente al tipo di accordo, senza direttamente contraddire il contenuto espresso di tale regolamento. Qualora, invece, il patto si ponga in antitesi con quanto risulta altrimenti dal contratto, la mera qualificazione dello stesso come fiduciario non è sufficiente ad impedire l’applicabilità delle disposizioni che vietano la prova testimoniale dei patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento.
Avv. Marco Bruno Fornaciari