In tema di preliminare di vendita, la provenienza del bene da donazione, anche se non comporta per sé stessa un pericolo concreto ed attuale di perdita del bene, tale da abilitare il promissario ad avvalersi del rimedio dell’art. 1481 c.c., è comunque circostanza influente sulla sicurezza, la stabilità e le potenzialità dell’acquisto programmato con il preliminare. In quanto tale essa non può essere taciuta dal promittente venditore, pena la possibilità che il promissario acquirente, ignaro della provenienza, possa rifiutare la stipula del contratto definitivo, avvalendosi del rimedio generale dell’art. 1460 c. c., se ne ricorrono gli estremi (Cass. Civ., Sez. II, 12 dicembre 2019, n. 32694).
Il Collegio, richiamata la giurisprudenza di legittimità che estende al contratto preliminare l’applicazione dell’art. 1481 c. c., che accorda al compratore un rimedio cautelare quale declinazione della eccezione di inadempimento ex art. 1460 c. c., in presenza di un serio, concreto ed effettivo pericolo di rivendica, precisa come secondo la giurisprudenza della Corte “Il semplice fatto che un bene immobile provenga da donazione e possa essere teoricamente oggetto di una futura azione di riduzione per lesione di legittima esclude di per sé che esista un pericolo effettivo di rivendica e che il compratore possa sospendere il pagamento del terzo o pretendere la prestazione di una garanzia” (Cass. n. 2541/1994; Cass. n. 8002/2012; Cass. n. 8571/2019).
Il Giudice di legittimità, infatti chiarisce come la provenienza da donazione rende questa passibile di riduzione ad iniziativa dei legittimari del donante, in guisa da pretendere la restituzione del bene donato anche nei confronti dei terzi acquirenti ex art. 563 c. c.; tuttavia, è del pari innegabile che la teorica instabilità che tale provenienza reca in re ipsa non determina di per sé stessa un rischio concreto ed attuale che l’acquirente del donatario si veda privato dell’acquisto, atteso che la sussistenza di una lesione di legittima può essere appurata soltanto all’apertura della successione e che i criteri che presiedono alla riduzione della donazione, oggetto di norme inderogabili, non importano il necessario sacrificio dei donatari (artt. 553, 555 e 559 c. c.).
La Corte, inoltre, osserva come l’eventuale sacrificio di uno dei donatari non si traduce necessariamente nel sacrificio dell’acquirente del donatario colpito da riduzione, posto che la c.d. retroattività reale dell’azione di riduzione non è riconosciuta senza limitazioni, in quanto il donatario deve escutere preventivamente i beni eventualmente esistenti nel patrimonio del donatario, giusta l’art. 563, comma 1 c. c., e soltanto in caso di esito negativo di tale escussione il legittimario ha diritto di rivolgersi contro il terzo, onde chiedere la restituzione del bene immobile.
Tuttavia, sebbene la ricognizione delle coordinate del sistema renda evidente come l’esistenza di un rischio concreto ed attuale a carico dell’avente causa del donatario, nel senso previsto dall’art. 1481 c.c., potrebbe dirsi attuale soltanto dopo la morte del donante – ovvero quando diviene attuale il diritto del legittimario – e come non possa prescindere da una indagine sulla consistenza del patrimonio ereditario in relazione al numero ed alla qualità dei legittimari, tale conclusione non può voler dire che, fino a quando quel pericolo non sia configurabile, la provenienza da donazione sia circostanza irrilevante sulle condizioni dell’acquisto, tale da poter essere impunemente taciuta dal promittente venditore, rimanendo il promissario, ignaro della provenienza, invariabilmente obbligato all’acquisto.
Il Collegio, infatti, sulla scorta della giurisprudenza di legittimità in materia di responsabilità del mediatore ex art. 1759 c. c., per la quale la provenienza da donazione dell’immobile promesso in vendita “costituisce circostanza relativa alla valutazione e alla sicurezza dell’affare, rientrante nel novero delle circostanze influenti sulla conclusione di esso, che il mediatore deve riferire” (Cass. n. 965/2019), perviene alla conclusione che la detta provenienza dell’immobile rientra a fortiori nel novero delle circostanze che non possono essere taciute dal promittente venditore.
Invero il semplice fatto che il sistema di tutela dei legittimari contempli teoricamente l’eventualità che siano sacrificati anche gli acquirenti del donatario, siano essi acquirenti della proprietà o acquirenti di diritti reali di godimento o di garanzia (art. 561, 563 c.c.), costituisce circostanza che non è priva di conseguenze sulla sicurezza, la stabilità e le potenzialità dell’acquisto programmato con il preliminare. Sotto questo profilo, infatti, viene ritenuto decisivo il rilievo che il rischio, insito nella provenienza, esiste sempre, qualunque sia la situazione personale e patrimoniale del donante al tempo della donazione.
Avv. Marco Bruno Fornaciari