In tema di accesso-generalizzato ai documenti della Pubblica amministrazione, non tutta la materia dei contratti pubblici può essere sottratta alla “conoscenza diffusa” di cui al d.lgs. n. 33 del 2013 in quanto materia nella quale è più elevato il rischio corruzione (ricompresa tra le aree più a rischio di cui all’art. 1, comma 16, l. n. 190 del 2012); pertanto, allorquando la gara si è conclusa (e non si ravvisino ragioni di riservatezza in ragione del tipo di appalto o con riguardo ad alcune parti dell’offerta tecnica), l’offerta dell’aggiudicataria, benché proveniente dal privato, rappresenta la “scelta” in concreto operata dall’amministrazione e l’accesso-generalizzato costituisce lo strumento da assicurare in generale ai cittadini per conoscere e apprezzare appieno la “bontà” della scelta effettuata, inclusi naturalmente e a fortiori i partecipanti alla gara (allorquando non possono più vantare un interesse “qualificato”) nonchè i soggetti in senso lato interessati alla gara, che avranno le cognizioni e le competenze per effettuare un vero “controllo” esterno e generalizzato sulle scelte effettuate dall’amministrazione; l’offerta selezionata diventa, così, la “decisione amministrativa” controllabile da parte dei cittadini.
All’accesso-generalizzato si applicano, in ragione del rinvio operato dall’art. 5 – bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013, solo le puntuali limitazioni di cui all’art. 53, d.lgs. n. 50 del 2016 poste a tutela della gara stessa e dei partecipanti (c.d. limiti assoluti).
Il test del pregiudizio concreto, da applicare per delimitare la conoscenza generalizzata di cui all’art. 5-bis comma 2, d.lgs. n. 33 del 2013, impone che il pregiudizio non deve essere solo affermato, ma anche dimostrato; inoltre, il test del pregiudizio concreto impone che il nesso di causalità che lega questo alla divulgazione deve superare la soglia del “meramente ipotetico” per emergere quale “probabile”, sebbene futuro; pertanto, l’Amministrazione, nel rigettare una richiesta di ostensione, deve dimostrare che la stessa pregiudicherebbe l’interesse da tutelare ovvero che ciò sarebbe “molto probabile” (T. A. R., Sez. VI, 10 dicembre 2019, n. 5837).
Il Giudice amministrativo, ricostruito il quadro normativo di riferimento in tema di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa e le finalità di controllo e partecipative che vi sono sottese, segnala come nella più recente giurisprudenza si registrano due distinti e non uniformi orientamenti con riferimento all’accesso-generalizzato – quale estrinsecazione di una libertà e di un bisogno di cittadinanza attiva, soggetto a limiti legislativi espressi e di stretta interpretazione – nella materia dei contratti pubblici.
Il Collegio precisa in primo luogo come nella materia dei contratti pubblici le “condizioni, modalità o limiti”, contemplati dall’art. 5-bis, comma 3 del d.lgs. n. 33 del 2013 (c. d. decreto trasparenza) quali limiti assoluti a conoscere mediante accesso-generalizzato, si rinvengano nell’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 (c. d. Codice dei contratti pubblici), rubricato appunto “Accesso agli atti e riservatezza”.
Un primo e più recente orientamento affermatosi nella giurisprudenza amministrativa, infatti, ritiene applicabile nella materia dei contratti pubblici la sola regola della conoscenza qualificata di cui agli artt. 22 ss. della l. n. 241/1990 ed alla normativa speciale di riferimento ex art. 53 del d. lgs. 50/2016, posto che la previsione dell’art. 5-bis, comma 3 – anche in ragione della tecnica redazionale – si distinguerebbe da quella dei commi 1 e 2, in quanto disposizione volta a fissare, le eccezioni assolute, a fronte delle quali la trasparenza recede, giammai i limiti relativi all’accesso-generalizzato consentito a “chiunque” (cfr. Tar Parma n. 197/2018, Tar Milano n. 630/2019, Cons. Stato 5503/2019).
La previsione in questione, pertanto, assumerebbe significato autonomo e decisivo se riferita alle discipline speciali vigenti in tema di accesso e, per quanto qui rileva, al primo inciso del primo comma dell’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016. Ne consegue che il richiamo testuale alla disciplina degli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 1990 dovrebbe essere inteso quale rinvio alle condizioni, modalità e limiti fissati dalla normativa in tema di accesso documentale, che devono sussistere ed operare perché possa essere esercitato il diritto di accesso-generalizzato agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.
Tale interpretazione della norma de qua, inoltre, risulterebbe confortata dalla circostanza che, anche in sede di correttivo di cui al d.lgs. 56/2017, l’accesso-generalizzato non sarebbe stato introdotto nell’ambito del Codice dei contratti pubblici, quale segno evidente della volontà del legislatore di non consentire l’applicazione dell’istituto dell’accesso-generalizzato in detta materia, considerato altresì come quelli della procedura di gara sono “atti formati e depositati nell’ambito di procedimenti assoggettati, per intero, ad una disciplina speciale ed a sé stante“, che attua specifiche direttive europee di settore tese ad “assicurare la trasparenza e la pubblicità negli affidamenti pubblici, nel rispetto di altri principi di rilevanza euro unitaria, in primo luogo il principio di concorrenza, oltre che di economicità, efficacia ed imparzialità” (Cons. Stato, Sez. V, 2 agosto 2019, n. 5503).
Un distinto indirizzo pretorio, al quale il Collegio aderisce nella pronuncia dedotta in commento – spiegato ratione temporis il richiamo operato dall’art. 53, comma 1 del d. lgs. n. 50 del 2016 alla disciplina del c. d. accesso ordinario ex artt. 22 ss. della l. n. 241 del 1990 – afferma tuttavia come nella materia dei contratti pubblici, escluse le limitazioni di cui al menzionato art. 5-bis del d.lgs. 33/2013, debba essere garantita la più ampia trasparenza, precipuamente mediante il ricorso all’istituto dell’accesso-generalizzato, atteso che sia la disciplina di cui al d.lgs. 50/2016 sia il d.lgs. 33/2013 mirano all’attuazione dello stesso, identico principio di trasparenza dell’azione amministrativa.
Nelle procedure di appalto, ricomprese tra le aree più a rischio di cui all’art. 1, comma 16 della l. n. 190 del 2012 (c. d. legge anticorruzione), inoltre, una volta che la gara sia conclusa e venga perciò meno la tutela della “par condicio” dei concorrenti, l’ammissibilità dell’accesso-generalizzato risulterebbe rafforzata da una considerazione di ordine sistematico e teleologico, ovvero l’esigenza specifica, più volte riaffermata nell’ordinamento statale ed europeo, di approntare strumenti di prevenzione e di contrasto della corruzione (T. A. R. Lombardia n. 45/2019, Cons. Stato, Sez. III, 5 giugno 2019, n. 3780).
Avv. Marco Bruno Fornaciari