E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1, lett. b), l. reg. Lazio 8 novembre 2004, n. 12, con riferimento agli artt. 3, 42, 97, 103 e 113 Cost., nella parte in cui reca disposizioni più restrittive rispetto alla legge n. 326 del 2003 sulla sanatoria di cui al c.d. terzo condono (T. A. R. Lazio – Roma, Sez. II quater, 20 dicembre 2019, n. 14632).
La questione di legittimità deferita dal Collegio alla Corte costituzionale ha ad oggetto la norma della legge regionale nella parte in cui statuisce che “non sono comunque suscettibili di sanatoria“, tra le altre fattispecie indicate in detta disposizione, “le opere di cui all’articolo 2, comma 1, realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali […] nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali”, posto che trattasi di una disciplina di maggior rigore rispetto alla disciplina nazionale (c. d. terzo condono), che, attribuisce rilievo ostativo ai soli vincoli preesistenti, sebbene non comportanti inedificabilità assoluta.
A tale riguardo, il Tar richiama la propria precedente giurisprudenza, che, in conformità peraltro al dato letterale della norma, conferisce rilievo ai vincoli sopravvenuti alla realizzazione delle opere; e che invero non individua, né potrebbe in mancanza di un’indicazione in senso contrario nella norma che espressamente assegna rilievo al vincolo anche sopravvenuto, lo spatium temporis entro cui deve intervenire il vincolo ostativo alla concessione della sanatoria, per cui la stessa, in virtù del principio del tempus regit actum, non può che interpretarsi nel senso della rilevanza di tutti i vincoli sopravvenuti, ovvero a quelli collocati nello spatium temporis esistente fra la data di realizzazione delle opere e la disamina dell’istanza di sanatoria da parte dell’amministrazione comunale.
La norma di cui è causa, ad avviso del Collegio, nella parte in cui manca di precisare che hanno rilevanza solo i vincoli sopravvenuti entro la data di entrata in vigore della normativa condonistica o, al più tardi, entro la data di presentazione dell’istanza, si presenta di dubbia costituzionalità, atteso che l’assenza di alcun legittimo affidamento in capo ai richiedenti il condono – nonostante la sopravvenuta normativa condonistica – in ordine all’accoglibilità o meno della domanda di sanatoria – dipendente dalla situazione giuridica esistente al momento della sua esitazione – violerebbe in primo luogo la clausola generale di ragionevolezza, quale criterio “onnipervasivo della misurazione della legalità e della adeguatezza della scelta politica” ex art. 3 Cost..
Verrebbe pertanto leso anche il principio di certezza del diritto, da ritenersi del pari sotteso alla clausola generale di ragionevolezza di cui al citato art. 3, oltre che al principio di buon andamento della P.A. di cui all’art. 97 Cost. e alla giustiziabilità degli atti delle P.A. di cui agli artt. 103 e 113 Cost..
Ciò senza considerare la disparità di trattamento determinata dalla disposizione della legge regionale, posto che due domande di sanatoria relative ad immobili ricadenti nella medesima zona e presentate in pari data potrebbero essere esitate in senso diverso a seconda del momento in cui l’Amministrazione esamini le medesime istanze, con la conseguenza che gli istanti potrebbero essere penalizzati dalla lunghezza dei tempi per la decisione sulle domande di sanatoria, attesa la rilevanza assegnata a tutti i vincoli sopravvenuti, anche successivi alla presentazione della domanda di condono, sino al momento in cui l’amministrazione abbia ad esitare la medesima.
Peraltro, ad avviso della Sezione, la detta clausola generale di ragionevolezza risulta violata anche con riguardo alla gerarchia dei valori costituzionali, posto che, sebbene la tutela del paesaggio assurge a principio fondamentale della Costituzione, sovraordinato pertanto al diritto di proprietà privata (art. 42 Cost.), il giusto contemperamento di tali valori costituzionali può essere ragionevolmente assicurato nel rilievo conferito alla situazione esistente al momento dell’entrata in vigore della normativa condonistica ovvero al momento della presentazione dell’istanza di sanatoria, che pertanto dovrebbero cristallizzare la situazione giuridica rilevante ai fini dell’esitazione della domanda medesima, senza sacrificare in modo irragionevole – mediante la rilevanza attribuita a tutti i vincoli sopravvenuti ed alla luce del principio tempus regit actum – gli interessi degli istanti e pertanto il diritto di proprietà privata, ex art. 42 Cost., alla cui tutela deve intendersi preposta la normativa condonistica.
Avv. Marco Bruno Fornaciari