In materia di informativa-interdittiva antimafia, è rimessa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione se il limite normativo delle “utilità conseguite”, di cui all’inciso finale contenuto sia nell‘art. 92, comma 3, che nell’art. 94, comma 2, d.l.gs. n. 159 del 2011, è da ritenersi applicabile ai soli contratti di appalto pubblico, ovvero anche ai finanziamenti e ai contributi pubblici erogati per finalità di interesse collettivo (Cons. Stato, Sez. III, 23 dicembre 2019, n. 8672).
Il Collegio chiarisce in primo luogo come molteplici indici testuali e sistematici depongano a favore dell’orientamento più restrittivo registrato sul crinale interpretativo del limite delle “utilità conseguite“, recato dagli artt. 93, comma 3 e 94, comma 2 del d.lgs. n. 159/2011 per il pagamento degli importi corrispondenti alla parte del programma che sia stata concretamente realizzata da parte dell’operatore economico attinto da una informativa-interdittiva antimafia e dal consequenziale provvedimento di revoca delle autorizzazioni e delle concessioni ovvero di recesso dal contratto.
Siffatto indirizzo pretorio, infatti, ritiene che la pretesa restituzione alla amministrazione delle dette somme si giustifichi in ragione della provvisorietà immanente alla natura del beneficio erogato, destinata a permanere sino al momento della definitiva chiusura del programma agevolato, atteso che la eventuale informativa-interdittiva antimafia positiva, che attinga l’operatore economico beneficiario e che intervenga successivamente al pagamento, funge da condizione risolutiva dei contributi, dei finanziamenti, delle agevolazioni e delle altre erogazioni di cui all’art. 67 del d.lgs. n. 159 del 2011.
Risulterebbero inconferenti, pertanto, i richiami all’esercizio del potere di autotutela nella adozione dei provvedimenti di revoca e di annullamento (artt. 21 quinquies e 21 nonies, l. n. 241 del 1990), considerata la natura di atto ricognitivo – e giammai di un provvedimento inedito adottato in autotutela dalla Amministrazione – del provvedimento che dispone la revoca o il recesso, implicata dalla richiamata natura provvisoria dei contributi; ed al principio dell’affidamento da riconoscersi in capo all’operatore economico, posto che soltanto rispetto alla produzione in via definitiva degli effetti del provvedimento di concessione potrebbe essere invocato un effetto di “stabilizzazione” del beneficio astrattamente opponibile all’effetto preclusivo della informativa-interdittiva.
Sull’opposto versante interpretativo, un diverso orientamento giurisprudenziale ritiene che la sopravvenuta informativa-interdittiva antimafia negativa non potrebbe sortire un tale effetto nei confronti di un rapporto di durata che si sia ormai in massima parte dispiegato, atteso il raggiungimento degli obiettivi prefissati dalla stessa amministrazione, in guisa che – specie nella ipotesi di rapporti c. d. “esauriti”, o che tali sarebbero dovuti essere da tempo e che non tali sono divenuti per ragioni imputabili alla pubblica amministrazione – “ciò che nasce provvisorio diventi il prima possibile definitivo“, onde evitare che i ritardi e le inefficienze dell’azione amministrativa vengano premiati o incentivati e, quindi, ledano le garanzie fondamentali delle parti private (cfr. CGA, 4 gennaio 2019, n. 3).
La Sezione rimettente precisa come l’apparato argomentativo che supporta l’ultimo precedente richiamato rimandi a soluzioni concettuali divaricate e non armonizzabili rispetto alle statuizioni rese dalla Adunanza Plenaria con la sentenza 6 aprile 2018, n. 3, che ha stabilito come il provvedimento di c.d. informativa-interdittiva antimafia determini, in capo al soggetto che ne è attinto, una particolare forma di incapacità ex lege, parziale – in quanto limitata a specifici rapporti giuridici con la P. A. – e tendenzialmente transeunte, con l’effetto inabilitante, in capo al soggetto stesso, rispetto alla instaurazione con la P. A. dei rapporti riconducibili a quanto disposto dall’art. 67 del d.lgs. 159 del 2011.
Secondo i Giudici siciliani, infatti, i princìpi di diritto affermati dalla sentenza n. 3 del 2018 – che postulano la ritenuta incapacità giuridica parziale ad accipiendum in capo all’operatore attinto da una informativa-interdittiva – non potrebbero comunque valere “per i rapporti esauriti o che sarebbero dovuti esserlo da tempo e che non lo sono stati per ragioni imputabili alla pubblica amministrazione“, in ragione degli inammissibili profili di incertezza ed insicurezza nei traffici giuridici – rimessi ad una valutazione casistica ed equitativa del giudice – determinati sine die da un siffatto complessivo regime normativo in tema di comunicazione ed informativa-interdittiva antimafia, tali da vulnerare l’ordine pubblico economico.
Il Collegio, chiarito come il carattere esaurito del rapporto giuridico non sia predicabile quante volte le risorse siano state impiegate soltanto parzialmente ovvero il programma finanziato sia ancora in corso di conclusione – ed in disparte l’effetto inabilitante sortito dalla informativa-interdittiva con riferimento ad ogni utilità promanante dalla P. A., persino se riconosciuta al privato con sentenza passata in giudicato, e ritenuto dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 3 del 2018 – con la ordinanza di rimessione dedotta in rassegna interroga l’organo nomofilattico sulla forza di resistenza da attribuirsi ad evenienze di minor rilievo – quale la avvenuta erogazione del contributo o l’avvenuto suo impiego al fine della realizzazione dell’opera finanziata – a fronte della rigorosa e generalizzata preclusione che deriva dalla informativa-interdittiva ed al cospetto del dato normativo.
A giudizio della Sezione rimettente, infatti, soltanto l’ampliamento della portata della clausola di salvezza delle “utilità conseguite” ex art. 92, comma 3 e 94, comma 2 consente di ovviare agli argomenti che contrastano la ipotesi di uno ius retentionis esteso anche alla erogazione di contributi pubblici, in quanto in questa specifica ipotesi la eccezione al generale effetto “inabilitante” del provvedimento di informativa-interdittiva antimafia – che contempla espressamente il carattere risolubile del finanziamento concesso nelle more del rilascio della informativa-interdittiva e l’incidenza retroattiva della revoca motivata da una informativa sopravvenuta – potrebbe giustificarsi sulla base del dettato normativo e non importerebbe, pertanto, la necessità di alcun intervento di ortopedia correttiva dei principi affermati dall’Adunanza Plenaria.
Il Collegio, da ultimo, osserva come tale ermeneusi di segno estensivo non appaia oltretutto conforme con la regola di stretta interpretazione che assiste le disposizioni che introducono una eccezione o deroga ad un principio generale, posto che nell’ambito della normativa antimafia, l’effetto preclusivo conseguente alla informativa-interdittiva, nella lettura resa nel 2018 dalla Adunanza Plenaria, è regola generale nei rapporti con la P. A.; mentre la clausola di salvezza inerente alle “utilità conseguite” di cui agli artt. 92, comma 3 e 94, comma 2 del d.lgs. n. 159 del 2011 è una eccezione a tale effetto ed alla regola generale della retroattività, tale da essere apprezzata nei termini di una stretta interpretazione.
Avv. Marco Bruno Fornaciari