Il lavoratore che volontariamente non gode delle ferie-annuali-retribuite maturate le perde (T. A. R. Valle d’Aosta, 17 gennaio 2020, n. 1).
Il Tar, sulla scorta del richiamo alla giurisprudenza nazionale ed euro-unitaria (CGUE, Grande Chambre, 6 novembre 2018, in causa C-696/16), precisa la spiccata collocazione assiologica assunta nell’ordinamento giuridico dell’Unione Europea dal diritto riconosciuto ad ogni lavoratore alla fruizione delle ferie-annuali-retribuite, di natura inderogabile in quanto contemplato dall’art. 31, par. 2 della CDFUE, assistito dal medesimo valore giuridico dei Trattati istitutivi in virtù dell’art. 6, paragrafo 1 TUE nella versione consolidata all’indomani della ratifica del Trattato di Lisbona.
Il Giudice amministrativo, d’altra parte, chiarisce come in capo al datore di lavoro insista l’obbligo di verificare – in termini concreti e secondo criteri di trasparenza – la sussistenza delle condizioni effettive affinché il lavoratore possa fruire delle ferie-annuali-retribuite, possibile oggetto di invito formulato, anche in via formale, al soggetto dipendente.
Tuttavia, l’onere informativo gravante sul datore di lavoro – implicato dall’art. 7 della Direttiva 2003/88/CE e da assolvere in modo accurato ed in tempo utile – circa la perdita delle ferie-annuali-retribuite non godute al termine del periodo di riferimento ovvero di un periodo di riporto autorizzato importa esclusivamente la necessità di renderne possibile al dipendente – mediante l’osservanza della diligenza necessaria – la fruizione, senza la possibilità di trascendere in una coartazione del lavoratore all’esercizio effettivo del diritto.
Il Collegio, sulla scorta della giurisprudenza costituzionale (Corte cost., 6 maggio 2016, n. 95), chiarisce come tale assetto – che, in base ai recenti arresti della giurisprudenza amministrativa, contempera le esigenze organizzative dell’amministrazione e quelle di riposo del lavoratore – è conforme al principio costituzionale dell’irrinunciabilità delle ferie-annuali-retribuite, in disparte l’ipotesi della libera e consapevole opzione del lavoratore di non fruirne.
In ragione di siffatta facoltà, contemplata per il lavoratore dall’art. 5, comma 8 della l. n. 135 del 2012, la Corte costituzionale ne ha ritenuto manifestamente infondata la q. l. c., sollevata in ragione del carattere obbligatorio della fruizione delle ferie-annuali-retribuite, dei riposi e dei permessi – spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle P. A. inserite nel conto economico consolidato – contemplata dalla norma de qua secondo i rispettivi ordinamenti e senza dare luogo alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi, eccettuate le vicende estintive del rapporto di lavoro che non chiamino in causa la volontà del soggetto dipendente e la capacità organizzativa del datore di lavoro.
Si tratta di un’interpretazione che, come chiarito dalla Corte costituzionale nella pronuncia richiamata, è conforme alla giurisprudenza amministrativa di appello ed a quella di legittimità, lungi dal pregiudicare il diritto del lavoratore a fruire delle ferie-annuali-retribuite, quale garantito dall’art. 36 Cost., nonché a livello internazionale (Convenzione OIL n. 132 concernente i congedi annuali pagati, ratificata e resa esecutiva con l. 10 aprile 1981, n. 157) e nell’ordinamento europeo (art. 31, par. 2 CDFUE; Direttiva n. 93/104/CE del Consiglio, poi confluita nella Direttiva 2003/88/CE, di codificazione della materia).