Per le fattispecie disciplinate dall’art. 42-bis TUEs., l’illecito permanente dell’Autorità viene meno nei casi da esso previsti (l’acquisizione del bene o la sua restituzione), salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, di natura transattiva e la rinuncia-abdicativa non può essere ravvisata (Cons. Stato., A. P., 20 gennaio 2020, n. 2).
Il Collegio, richiamata la natura della rinuncia-abdicativa quale negozio giuridico unilaterale, non recettizio – ammesso dalla prevalente dottrina tradizionale in altri settori dell’ordinamento, sebbene privo di una disciplina specifica – e tracciatone il discrimen rispetto alla rinuncia c. d. traslativa, ricorda in primo luogo come l’ammissibilità dell’istituto in materia di espropriazione per pubblica utilità sia stata riconosciuta dall’orientamento prevalente nella giurisprudenza amministrativa e di legittimità, nel solco dei principi affermati dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del 9 febbraio 2016, n. 2.
In disparte gli aspetti favorevoli che tale linea ricostruttiva presenta per il privato espropriato – quali la valorizzazione del principio di concentrazione della tutela ricavabile ex art. 111 Cost. e le maggiori garanzie offerte quanto alla possibilità di conseguire la compensazione integrale del bene perduto -, l’Adunanza Plenaria, tuttavia, ritiene di non condividerne l’assunto in ragione di un triplice ordine di obiezioni, quali la spiegazione non esauriente della vicenda traslativa che si realizza in capo all’Autorità espropriante e l’impossibilità di configurare la rinuncia-abdicativa quale atto amministrativo implicito.
Il Collegio considera decisivo, al fine della risoluzione delle questioni giuridiche di massima deferite dalla Sezione, l’assenza di una base legale che conforti l’ammissibilità della rinuncia-abdicativa nell’ambito dell’espropriazione per pubblica utilità, in guisa conforme al rilievo assunto nella materia dall’osservanza del principio di legalità, predicato sia a livello costituzionale (art. 42 Cost.) che a livello europeo.
La disciplina recata dall’art. 42-bis del d. P. R. n. 327 del 2001 (T. U. Espr.) – introdotto con l’art. 34, comma 1 della l. n. 111 del 2011, all’indomani della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art 43 T. U. Espr. – richiede, infatti, una base legale certa affinché si determini l’effetto acquisitivo della proprietà in capo all’Autorità espropriante, attesa la rigorosa applicazione del principio di legalità implicata dalla configurazione in termini di potere-dovere delle fattispecie di occupazione sine titulo di un fondo da parte dell’Amministrazione contemplate dalla detta norma.
L’art. 42-bis T. U. Espr. – lungi dal contemplare, pur a fronte dell’illegittimità del titolo espropriativo, la rinuncia-abdicativa quale diritto del privato di determinare l’attribuzione della proprietà in capo all’Autorità espropriante, previa corresponsione del risarcimento del danno – ha conferito esclusivamente all’Amministrazione – ovvero al commissario ad acta nominato dal G. A., giusta gli artt. 34 o 114 c. p. a. – una funzione autoritativa, in forza della quale optare tra la l’acquisizione della proprietà ovvero la restituzione del bene – previa riduzione in pristino – nell’osservanza dei requisiti sostanziali e secondo le modalità ivi contemplati.
Il Collegio, inoltre, ritiene che l’attribuzione dell’effetto giuridico di rinuncia-abdicativa alla fattispecie complessa derivante dalla coesistenza della sentenza di condanna e dell’atto di liquidazione del danno non trovi conferma nel dato normativo, posto che l’art. 42-bis del d. P. R. n. 327 del 2001 contempla l’atto di acquisizione – in quanto atto discrezionale dell’Autorità, la cui assenza determina l’attivazione degli ordinari rimedi di tutela – quale titolo di acquisto della proprietà del bene immobile già oggetto di occupazione sine titulo.
L’Adunanza Plenaria, infine, chiarisce come la sola tutela risarcitoria invocata dal privato per l’occupazione sine titulo del bene immobile da parte dell’Amministrazione – sebbene suscettibile di essere accordata, ove ne ricorrano i presupposti fattuali – si porrebbe in contrasto con lo schema legale tipico previsto dalla legge per disciplinare la materia, posto che la domanda risarcitoria, alla medesima stregua delle altre domande che importano la contestazione della validità della procedura espropriativa, consta essenzialmente dell’accertamento di tale illegittimità e della scelta del conseguente rimedio tra quelli contemplati dalla legge.
Avv. Marco Bruno Fornaciari