In sede di impugnazione di strumenti urbanistici che non incidono direttamente su aree di proprietà della parte ricorrente è sempre necessario scrutinare la sussistenza dell’interesse-ad-agire, sub specie di lesione attuale e concreta o ragionevolmente certa, alla salute, all’ambiente, al valore dei terreni ecc. (Cons. Stato, Sez. IV, 10 febbraio 2020, n. 1011; in termini, Cons. Stato, Sez. IV, 7 febbraio 2020, n. 962).
Con la pronuncia dedotta in rassegna, il Collegio definisce il gravame proposto avverso la sentenza con la quale il T. A. R. Liguria, sede di Genova, aveva dichiarato la inammissibilità per carenza di interesse-ad-agire – oggetto delle eccezioni formulate dalla Amministrazione resistente e dalla società controinteressata – del ricorso proposto da undici cittadini, che – in ragione della propria mera qualità di residenti – avevano instato per l’annullamento degli atti di programmazione urbanistica finalizzati alla realizzazione di un “parco ludico-sportivo” in una zona del territorio comunale assoggettata a vincolo paesaggistico (T. A. R. Liguria – Genova, Sez. I, 17 dicembre 2018, n. 974).
Gli originari ricorrenti, in particolare, impugnavano la deliberazione con la quale la Giunta regionale – in esito ad una istanza presentata dalla società controinteressata per la realizzazione di un Piano Urbanistico Operativo (P. U. O) relativo ad un’area di sua proprietà – aveva approvato una variante al Piano urbanistico comunale (P. U. C.) e la collegata variante al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P. T. C. P.)., deducendo la illegittimità della realizzazione del progetto sotto il profilo urbanistico ed ambientale, successivamente censurata anche nel ricorso per motivi aggiunti, proposto contro il provvedimento comunale recante approvazione del P. U. O..
Il Giudice di prime cure, pertanto, rilevava il difetto di interesse-ad-agire degli originari ricorrenti, in ragione del mancato assolvimento dell’onere – incombente in loro capo, giusta il principio di cui all’art. 2697 c. c., mutuato nel processo amministrativo in virtù del rinvio esterno operato dall’art. 39, comma 1 c. p. a., – di dedurre e provare la proprietà degli immobili oggetto del proprio diritto reale – situati nel territorio comunale e distanti dal confine del P. U. O. in un compasso di chilometri approssimativo – ed attesa la omessa indicazione – sebbene le specifiche censure sollevate dalle controparti – del rapporto spaziale tra le proprie unità immobiliari e l’area oggetto degli atti impugnati, nonché, soprattutto, dei pregiudizi concreti eventualmente cagionati ai beni in questione.
Il Collegio precisa in primo luogo come la c. d. vicinitas – ovvero lo stabile collegamento del bene di proprietà con la zona oggetto delle prescrizioni recate dagli strumenti urbanistici, generali ed attuativi – integri certamente il fondamento della legitimatio ad causam per la impugnazione degli atti aventi finalità urbanistica, ma non sia ex se dirimente al fine del riconoscimento in capo al ricorrente dell’interesse-ad-agire (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 5908).
Tale presupposto processuale importa, invero, la necessaria dimostrazione del vulnus specifico – certo o altamente probabile – inferto dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica, quale il decremento del valore del bene ovvero la compromissione del diritto alla salute ed all’ambiente, la cui assenza conduce alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse-ad-agire (art. 35, comma 1, lett. b) c. p. a.)
La giurisprudenza, infatti, ha chiarito come l’azione di annullamento proposta davanti al G. A. sottenda tre condizioni fondamentali, quali il c. d. titolo o possibilità giuridica dell’azione – ovvero la posizione giuridica configurabile in astratto come interesse legittimo rispetto all’esercizio del potere amministrativo -, l’interesse-ad-agire ex art. 100 c. p. c. – applicabile nel processo amministrativo in virtù del già richiamato rinvio esterno al codice di procedura civile, ex art. 39, comma 1 c. p. c. – e la legitimatio ad causam, o legittimazione attiva, che consegue all’affermazione del ricorrente di essere titolare del rapporto controverso dal lato attivo (Cons. Stato, A. P., 25 febbraio 2014, n. 9; Cons. Stato, Sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5278; Cons. Stato, Sez. IV, 5 febbraio 2018, n. 707).
La Sezione, peraltro, rileva come l’impugnazione proposta avverso uno strumento urbanistico, generale ed attuativo importi uno scrutinio giudiziale in ordine alla sussistenza dell’interesse a ricorrere di segno diverso rispetto alle ipotesi di impugnativa di un titolo edilizio ovvero di un provvedimento che attende alla localizzazione di un’opera pubblica, reso possibile quante volte il provvedimento rechi prescrizioni che involgono direttamente i beni immobili nella proprietà del ricorrente ovvero comportino un significativo decremento del loro valore di mercato o della loro utilità (Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5674).
Il generico danno all’ordinato assetto del territorio, alla salubrità ambientale e ad altri valori la cui fruizione è suscettibile di rivendicazione da parte di ogni soggetto residente – anche non stabilmente – nella zona oggetto della pianificazione urbanistica, pertanto, non può integrare, tuttavia, – in guisa conforme alle direttrici che si ricavano dal codice civile (artt. 873 ss. c. c.) e dalle leggi speciali in punto di distanze nelle costruzioni – il concreto pregiudizio patito e patiendo dal ricorrente a cagione delle prescrizioni urbanistiche, la cui deduzione e prova è a fortiori necessaria nell’ipotesi di gravame proposto avverso strumenti, anche particolareggiati, di pianificazione territoriale o di loro varianti (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 15 dicembre 2017, n. 5908).
L’impugnativa, totale o parziale, di atti aventi finalità urbanistica, pertanto, può fungere anche quale strumento utile al perseguimento della tutela contro i danni all’ambiente, sebbene le censure formulate nel ricorso introduttivo del giudizio caducatorio debbano recare una istanza specifica di protezione degli interessi ambientali, che il ricorrente intende perseguire mediante la proposizione dell’azione di caducazione, totale ovvero parziale, degli atti di governo del territorio (Cons. Stato, Sez. IV, 30 settembre 2005, n. 5205).
Avv. Marco Bruno Fornaciari