(1) In tema di erogazione di agevolazioni relative ad un contratto-d’-area ed ai patti territoriali, la sospensione della produzione disposta per necessità aziendale a causa di un ciclo economico avverso, che ha determinato l’assenza di commesse, rappresenta un mero fermo della attività di impresa, che non esclude di per sè la possibile ripresa della stessa e non integra la fattispecie di revoca (totale o parziale) ex art. 12, comma 3, lett. b), del D. M. n. 320/2000 (T. A. R. Puglia – Bari, Sez. II, 20 febbraio 2020, n. 284).
La società ricorrente, beneficiaria di un contributo pubblico per l’esecuzione del contratto-d’-area concordato con l’Amministrazione comunale resistente, impugnava i provvedimenti con i quali il Responsabile unico del contratto-d’-area, nella persona del Commissario straordinario e legale rappresentante dell’Ente locale, aveva disposto la revoca parziale – previa rideterminazione dell’importo – del contributo pubblico erogato all’impresa assegnataria per la realizzazione di un programma di investimento, già inserito in un protocollo aggiuntivo dello strumento operativo.
Successivamente, l’Amministrazione, preso atto della modifica intervenuta nella denominazione della ditta, autorizzava, su richiesta della società beneficiaria, la riduzione in variante del programma di investimento inserito nel protocollo aggiuntivo del contratto-d’-area, con conseguente rideterminazione del contributo pubblico in conto capitale, in precedenza anticipato alla impresa assegnataria in quanto riconosciuto in via provvisoria dal Ministero dello Sviluppo Economico (MISE).
Intervenuta, con certificato rilasciato dall’Amministrazione comunale, la dichiarazione di ultimazione delle opere necessarie per la realizzazione dell’impianto oggetto del programma di investimento, la società incaricata dell’istruttoria tecnica, nella relazione tecnica sullo stato finale dei lavori trasmessa al MISE, proponeva la revoca totale delle agevolazioni al contratto-d’-area, atteso che la impresa beneficiaria – mediante la collocazione dei beni prodotti sul mercato e presso i propri committenti – avrebbe modificato l’indirizzo produttivo dell’impianto, in realtà preposto alla vendita degli stessi manufatti ad altre imprese del settore edilizio.
A seguito della pronuncia del T. A. R. Puglia, che accoglieva il ricorso con il quale l’impresa beneficiaria aveva impugnato il provvedimento di revoca totale del contributo pubblico per la esecuzione del contratto-d’-area espresso dal MISE – atteso l’accertamento della avvenuta realizzazione dello stabilimento oggetto del programma di investimento, nonché della assenza di una modifica al suo indirizzo produttivo -, la società ricorrente invitava le Amministrazioni competenti a dare corso alla conclusione della proceduramediante l’erogazione in proprio favore del saldo previsto, in esecuzione del decisum giudiziale.
Rinnovata l’istruttoria e recepita dalla società incaricata dell’istruttoria tecnica una relazione sullo stato dei lavori emendata dal vizio annullato dal T. A. R., il MISE nominava una Commissione ministeriale, alla quale veniva demandata la redazione del verbale di accertamento finale di spesa, che confermava gli importi rendicontati ritenuti ammissibili, quali individuati nell’ultimo elaborato tecnico, quantificati in un importo superiore alle spese complessivamente preventivate.
La Commissione ministeriale, inoltre, rimetteva agli uffici centrali del MISE la valutazione inerente al rispetto, da parte della società ricorrente, del termine minimo – pari a cinque anni dalla data di entrata in funzione dell’impianto – prescritto dall’art. 12, comma 3, lett. b), D. M. 31 luglio 2000, n. 320 per l’osservanza degli obblighi di impiego dei beni agevolati – quali immobilizzazioni materiali o immateriali, la cui realizzazione o acquisizione sia stata oggetto del contributo pubblico per la implementazione del contratto-d’-area – atteso che l’impresa beneficiaria aveva dichiarato e precisato, a mezzo di due distinte note trasmesse al MISE, la sopravvenuta inerzia della società, da intendersi quale sospensione del ciclo produttivo dell’impianto – in ragione di una graduale perdita di commesse e della crisi che aveva interessato le attività produttive – piuttosto che come inattività della società in quanto tale.
Il MISE, tuttavia, riteneva che la dedotta inerzia nelle attività dello stabilimento – intervenuta nel torno di tempo anteriore alla scadenza del termine minimo di cinque anni dalla data di entrata in funzione dell’impianto ex art. 12, comma 3, lett. b), D. M. n. 320/2000 – integrasse una causa di revoca totale o parziale del contributo pubblico concesso per la realizzazione del programma di investimento inserito nel contratto-d’-area.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), infatti, provvede alla revoca delle agevolazioni concesse alle imprese beneficiarie qualora le immobilizzazioni metariali o immateriali, la cui realizzazione o acquisizione è stata oggetto dell’agevolazione, vengano distolte dall’uso previsto prima della scadenza del termine minimo di cinque anni dalla data di entrata in funzione dell’impianto.
La revoca è parziale ed è effettuata in misura proporzionale alle spese ammesse alle agevolazioni afferenti – direttamente o indirettamente – l’immobilizzazione distratta ed al periodo di mancato utilizzo dell’immobilizzazione medesima con riferimento al prescritto quinquennio (art. 12, comma 3, lett. b), D. M. n. 320/2000).
L’Amministrazione comunale, pertanto, disponeva la revoca parziale del contributo pubblico concesso relativo al contratto-d’-area, previa ulteriore rideterminazione dell’importo, e la ripetizione dalla società beneficiaria della differenza tra le anticipazioni già erogate in suo favore e l’agevolazione concessa in via definitiva, oltre agli interessi ed agli oneri d’istruttoria di competenza della Commissione ministeriale.
Con l’atto introduttivo del giudizio definito con la pronuncia dedotta in rassegna, la società assegnataria censurava la illegittimità del provvedimento di revoca parziale delle agevolazioni riconosciute per la implementazione del contratto-d’-area e di ogni atto connesso e consequenziale, mediante l’articolazione di tre distinti motivi di ricorso, inerenti, segnatamente, alla asserita violazione, alla errata interpretazione ed alla falsa applicazione dell’art. 12, comma 3, lett. b), D. M. n. 320/2000, nonché alla violazione dell’art. 41 Cost.
Costituitosi in giudizio il MISE, quale organo amministrativo di vertice competente, la causa veniva introitata per la decisione nel merito, giusta l’art. 60 c. p. a..
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Il Collegio ritiene meritoria di positivo apprezzamento la censura con la quale la società ricorrente ha dedotto la illegittimità del provvedimento con i quale le Amministrazioni resistenti hanno disposto la revoca parziale in suo danno delle agevolazioni concesse per la realizzazione del programma di investimento dedotto nel contratto-d’-area concordato con l’Ente locale, nonché di ogni atto consequenziale e connesso, in ragione della violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 3, lett. b), D. M. n. 320/2000.
Nel caso di specie, la inattività della società – oggetto delle dichiarazioni rese dalla società beneficiaria nelle note trasmesse alla Commissione ministeriale – avrebbe integrato una mera sospensione della produzione industriale per carenza di ordinativi piuttosto che la cessazione definitiva dell’attività di impresa, assimilabile alla distrazione dall’uso previsto dei beni agevolati prima della scadenza del termine minimo di cinque anni – a decorrere dalla entrata in funzione dell’impianto – contemplata dall’art. 12, comma 3, lett. b), D. M. n. 320/2000 quale causa di revoca totale o parziale del contributo pubblico.
La Sezione, infatti, richiamato il dato letterale della disposizione de qua, precisa come soltanto la sottrazione ovvero l’utilizzo improprio per finalità diverse – piuttosto che la mera sospensione dell’attività di produzione per causa di forza maggiore, quale la impossibilità di reperire uno sbocco di mercato utile per i prodotti aziendali – integri la fattispecie contemplata dall’art. 12, comma 3, lett. b), D. M. n. 320/2000 in quanto causa della revoca, totale o parziale, del beneficio concesso per la realizzazione di un contratto-d’-area o di un patto territoriale, con conseguente necessità di attendere alla riduzione proporzionale del contributo ammissibile, in rapporto al torno di tempo in cui l’impresa beneficiaria abbia adempiuto al proprio obbligo di destinazione delle immobilizzazioni, materiali o immateriali, la cui realizzazione o acquisizione è stata oggetto dell’agevolazione finanziaria pubblica.
Tale ermeneusi dell’art. 12, comma 3, lett. b), D. M. n. 320/2000 risulta conforme, sul piano teleologico, con la ratio sottesa alla norma – ovvero la necessità di garantire che i beni agevolati permangano sottoposti al vincolo previsto per almeno cinque anni dalla data di entrata in funzione dell’impianto, in guisa da inibire la distrazione anticipata dall’uso previsto delle agevolazioni erogate -, a fortiori nelle ipotesi in cui i beni agevolati siano rimasti nella piena disponibilità del beneficiario e permanga impregiudicata la possibilità di riprendere la produzione al momento della ricezione di nuove commesse.
Avv. Marco Bruno Fornaciari