La responsabilità della Pubblica amministrazione da lesione di interesse legittimo derivante da esercizio dell’attività-amministrativa, ha natura sui generis, non essendo integralmente sussumibile né nelle ipotesi di “illecito aquiliano”, né in ipotesi di responsabilità contrattuale o da “contatto sociale”, ciascuna delle due fattispecie potendo venire in rilievo in via analogica a seconda della tipologia di interesse legittimo leso, se oppositivo o pretensivo (1).
In caso di illegittimo annullamento d’ufficio di un titolo edilizio emesso prima dell’entrata in vigore dell’art. 30 c. p. a., il dies a quo del termine quinquennale di prescrizione dell’azione risarcitoria, nel caso di tempestiva impugnazione del provvedimento lesivo, decorre in ogni caso dal passaggio in giudicato della decisione definitiva (2) (T. A. R. Liguria – Genova, Sez. I, 9 gennaio 2020, n. 6).
Con il ricorso introduttivo del giudizio, definito dalla pronuncia di cui agli estremi dedotti in epigrafe, parte ricorrente – nella qualità di fallimento della società che aveva realizzato un intervento di edilizia residenziale in ragione di un piano di lottizzazione approvato dal Consiglio comunale competente e, successivamente, annullato d’ufficio, giusta l’art. 21-nonies, L. n. 241/1990 – proponeva domanda di condanna del Comune al risarcimento dei danni subiti (art. 30 c. p. a.), a titolo di responsabilità contrattuale ex art. 1218 c. c. ovvero aquiliana (art. 2043 c. c.).
Il fallimento, in particolare, deduceva i danni subiti a cagione dell’ordinanza sindacale che, a seguito di un esposto ricevuto dalla Provincia e comunicato al Comune, aveva disposto l’annullamento d’ufficio integrale del piano di lottizzazione – già gravato in sede di impugnazione ed annullato per carenza di potere dal T. A. R. Liguria, 02 febbraio 1998, n. 24 -, nonché dei relativi permessi di costruire.
(1) Il Collegio rileva, in sede di premessa, come l’orientamento prevalente nella giurisprudenza configuri l’illegittimo esercizio dell’attività-amministrativa quale ipotesi di illecito extracontrattuale, che importa l’imputazione del danno all’Amministrazione a titolo di responsabilità aquiliana ex art. 2043 c. c. (ex pluribus, Cons. Stato, Sez. III, 10 luglio 2019, n. 4857).
D’altra parte, un distinto e minoritario indirizzo pretorio identifica una specifica relazione tra P. A. e cittadino – sussumibile nel paradigma della responsabilità da “contatto sociale qualificato” o di “responsabilità da contatto” -, la cui sussistenza sarebbe anteriore all’adozione del provvedimento amministrativo illegittimo – quale fatto o atto che integra il danno-evento di cui all’art. 2043 c. c. – e che risulterebbe sottesa alla domanda proposta dal privato ex art. 30, comma 2 c. p. a. per il risarcimento del danno arrecato alla propria posizione giuridica soggettiva.
L’istituto della responsabilità da contatto sociale qualificato, di matrice dottrinaria tedesca, infatti, identifica in capo al soggetto passivo del rapporto obbligatorio obblighi di protezione piuttosto che di prestazione, in ragione di una lettura estensiva della regola della correttezza enucleata nel disposto dell’art. 1175 c. c., traguardato nella prospettiva costituzionalmente adeguatrice del principio di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost.
La responsabilità della P. A. per danno da provvedimento illegittimo, pertanto, importerebbe la necessaria osservanza, nell’esercizio dell’attività-amministrativa, non soltanto dei canoni generali di diligenza, prudenza e perizia, ma anche e più specificatamente delle regole che presiedono al corretto sviluppo del procedimento amministrativo e consentono la legittima adozione del provvedimento finale (Cons. Stato, Sez. IV, 12 marzo 2010, n. 1467).
Secondo un’impostazione mediana e suffragata da sempre maggiori adesioni nella giurisprudenza, peraltro, la responsabilità della P. A. derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività-amministrativa recherebbe caratteristiche sui generis, irriducibili sic et simpliciter a ciascuno dei richiamati modelli della responsabilità civile.
L’obbligo che grava in capo alla P. A. di osservare, nell’adozione del provvedimento amministrativo, predefinite regole, procedimentali e sostanziali – che conformano le modalità di espletamento dell’attività-amministrativa, quale esercizio del potere autoritativo – e la natura difforme delle posizioni giuridiche soggettive coinvolte nell’applicazione dei distinti criteri di imputazione della responsabilità amministrativa – ovvero un dovere di prestazione o di protezione, da un lato, e l’interesse legittimo in rapporto al potere pubblico, dall’altro – contribuirebbero a coniare un precipuo paradigma della responsabilità della P. A. per illegittimo esercizio dell’attività-amministrativa.
La Sezione aderisce a tale impostazione ermeneutica e precisa come l’esercizio del potere autoritativo da parte della P. A., che involge le distinte posizioni giuridiche soggettive dei privati, debba essere informato all’osservanza di una puntuale disciplina sostanziale e procedimentale, approntata dall’ordinamento a tutela dell’interesse pubblico – individuato dal legislatore e perseguito nell’esercizio dell’attività-amministrativa -, nonché della posizione giuridica soggettiva del privato, in varia guisa attinto dagli effetti spiegati dall’attività-amministrativa illegittima.
Con riferimento alla responsabilità della P. A. per l’illegittimo esercizio dell’attività-amministrativa, tuttavia, tali obblighi procedimentali ostano alla collocazione della colpa dell’Amministrazione nell’alveo della responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c. c. – in ragione del rapporto “strumentale” che viene ad instaurarsi, in via autoritativa, con il privato coinvolto dall’attività provvedimentale della P. A.. – ed, al tempo stesso, impediscono ex se di coniare una ipotesi inedita di responsabilità da contatto sociale qualificato, atteso che la tutela viene accordata all’interesse legittimo sostanziale in luogo di quello meramente “procedimentale”.
Il Collegio, inoltre, rileva come la responsabilità dell’Amministrazione per l’esercizio dell’attività-amministrativa – e, segnatamente, per l’annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies, L. n. 241/1990 di un precedente provvedimento amministrativo già adottato – assuma configurazioni distinte in ragione della sussistenza di un interesse legittimo di natura pretensiva ovvero oppositiva, sotteso all’esperimento del potere autoritativo.
Nelle ipotesi nelle quali il privato azioni un interesse legittimo pretensivo – quali le fattispecie di procedimento ad istanza di parte – il perseguimento dell’interesse pubblico si colloca, infatti, “a valle” della iniziativa del privato, posto che l’esercizio dell’attività-amministrativa rinviene origine nell’esigenza di tutelare l’interesse del privato – di segno estensivo della sua sfera giuridica -, oggetto di bilanciamento con l’interesse pubblico perseguito dall’Amministrazione, per scrutinarne la mutua e reciproca compatibilità.
La previa identificazione – a latere civis ovvero in sede legislativa – dell’interesse perseguito dal privato mediante l’istanza di avvio del procedimento amministrativo, pertanto, importa l’instaurazione di una relazione con l’Amministrazione che assume rilievo all’interno dell’ordinamento giuridico ed integra un’ipotesi di responsabilità “paracontrattuale”, sussumibile tra le fonti innominate delle obbligazioni richiamate dall’art. 1173 c. c. e governata dal regime che presiede alla responsabilità contrattuale ex art. 1218 c. c.
Diversamente, nelle ipotesi di esercizio di un interesse legittimo oppositivo, l’interesse “positivo” del privato alla non adozione del provvedimento con il quale l’Amministrazione persegue l’interesse pubblico, ma che incide ab externo ed in senso deteriore nella sfera giuridica del cittadino, il secondo è ontologicamente irriducibile al primo.
In tali ipotesi, pertanto, la responsabilità della P. A. per l’esercizio illegittimo dell’attività-amministrativa integra una fattispecie di responsabilità extracontrattuale, giusta l’art. 2043 c. c., posto che gli obblighi procedimentali riconosciuti in capo all’Amministrazione assolvono ad una funzione esclusivamente e meramente strumentale rispetto all’esperimento dell’attività-amministrativa, lungi dal recare un mutamento al carattere sostanzialmente alieno del provvedimento rispetto all’interesse “positivo” alla sua non adozione, espresso dal soggetto privato.
La responsabilità della P. A. per illegittimo esercizio dell’attività-amministrativa, pertanto, risulterà soggetta al regime che presiede alla responsabilità contrattuale ex art. 1218 c. c. ovvero alla responsabilità extracontrattuale (art. 2043 c. c.) quante volte il petitum giudiziale involga un interesse legittimo pretensivo ovvero oppositivo, atteso che il richiamo espresso dell’art. 30 c. p. a. ad istituti mutuati dalla disciplina di diritto civile della responsabilità aquiliana rinviene ragione nella sola portata “analogica” e giammai esclusiva di tale criterio di imputazione.
(2) Il Tar chiarisce come l’istituto dell’annullamento d’ufficio di un provvedimento amministrativo illegittimo ex art. 21-nonies, L. n. 241/1990, integri la manifestazione di un potere pubblico di natura discrezionale – con il quale la P. A. attende ad esigenze di autotutela -, che nella giurisprudenza anteriore alla sentenza Cass. 22 luglio 1999, n. 500, postulava la sussistenza dei c. d. “diritti fievoli ab origine”.
Il provvedimento di natura ampliativa, intervenuto in un primo tempo nella sfera giuridica del privato, viene sostituito da un successivo atto amministrativo di secondo grado e di segno antagonista al primo, ma del pari incisivo della posizione giuridica soggettiva già riconosciuta al cittadino.
Il Collegio, infatti, rileva come l’interesse del privato alla caducazione del provvedimento con il quale l’Amministrazione abbia disposto l’annullamento ex art. 21-nonies, L. n. 241/1990, del precorso atto amministrativo favorevole qualifichi una posizione soggettiva di interesse legittimo oppositivo.
In tali fattispecie, quindi, la responsabilità dell’Amministrazione per l’illegittimo annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies, L. n. 241/1990 di un precedente provvedimento favorevole per il privato, quale esercizio dell’attività-amministrativa, dovrebbe importare l’applicazione “analogica” del regime che presiede alla disciplina della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c. c., per come richiamata dall’art. 30 c. p. a. e quante volte ricorrano tutti gli elementi utili per la configurazione dell’illecito aquiliano della P. A.. (cfr. Cons. Stato, Sez. II, 20 maggio 2019, n. 3217; Cons. Stato, Sez. VI, 19 marzo 2019, n. 1815; Cons. Stato, Sez. V, 30 giugno 2009, n. 4237).
L’azione di risarcimento del danno proposta dal privato attinto dagli effetti negativi spiegati dal provvedimento che dispone l’annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies, L. n. 241/1990 – successivamente risultato illegittimo – di un titolo edilizio rilasciato prima dell’entrata in vigore dell’art. 30 c. p. a., pertanto, soggiace all’ordinario termine di prescrizione di cinque anni di cui all’art. 2947, comma 1 c. c., computato, in ogni caso, a partire dal passaggio in giudicato della decisione definitiva, qualora l’atto amministrativo lesivo sia stato oggetto di tempestiva impugnazione.
Avv. Marco Bruno Fornaciari