E’ rimessa alla Corte di Giustizia UE la questione se l’art. 63 della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, relativo all’istituto dell’avvalimento, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), osti all’applicazione della normativa nazionale italiana in materia di avvalimento e di esclusione dalle procedure di affidamento, contenuta nell’art. 89, comma 1, quarto periodo, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 secondo la quale nel caso di dichiarazioni non veritiere rese dall’impresa ausiliaria riguardanti la sussistenza di condanne penali passate in giudicato, potenzialmente idonee a dimostrare la commissione di un grave illecito professionale, la stazione appaltante deve sempre escludere l’operatore economico concorrente in gara, senza imporgli o consentirgli di indicare un’altra impresa ausiliaria idonea, in sostituzione della prima, come stabilito, invece, nelle altre ipotesi in cui i soggetti della cui capacità l’operatore economico intende avvalersi non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione (1) (Cons. Stato, Sez. III, 20 marzo 2020, n. 2005).
Il Giudice di prima istanza accoglieva il ricorso originario ed i motivi aggiunti ex art. 43 c. p. a. proposti da un operatore economico avverso i provvedimenti con i quali la stazione appaltante aveva disposto la propria esclusione postuma dalla gara a procedura aperta indetta dall’Amministrazione resistente per l’affidamento di un appalto pubblico di lavori selezione e la consequenziale aggiudicazione della commessa pubblica all’R. T. I. in ragione dello scorrimento progressivo della graduatoria, nella quale l’aggiudicatario era inizialmente collocato in posizione deteriore rispetto a parte ricorrente (T. A. R. Toscana – Firenze,Sez. III, 26 giugno 2019).
La stazione appaltante, infatti, provvedeva alla estromissione della società ricorrente, capogruppo mandataria del costituendo R. T. I offerente, in ragione della omessa dichiarazione nel documento di gara unico europeo (DGUE) di cui all’art. 85, D.Lgs. n. 50/2016, da parte dell’impresa ausiliaria di cui all’art. 89 dello stesso Codice dei contratti pubblici, della sentenza irrevocabile di applicazione della pena su richiesta delle parti (c. d. patteggiamento) (art. 444 c. p. p.) disposta in danno del titolare e legale rappresentante del sodalizio per il reato di lesioni colpose, commesso con violazione delle norme in materia della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (art. 590, comma 3 c. p. ed art. 148, commi 1 e 2 del Testo Unico di cui al D. Lgs. 9 aprile 2008, n. 81).
(1) L’art. 85, comma 1, lett. a), D.Lgs. n. 50/2016, infatti, statuisce che, al momento della presentazione delle domande di partecipazione o delle offerte, le stazioni appaltanti accettano il DGUE, redatto in conformita’ al modello di formulario approvato con regolamento dalla Commissione europea ed attualmente fornito esclusivamente in forma elettronica, che consiste in un’autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare, in cui si conferma, tra l’altro, che l’operatore economico non si trova in una delle situazioni contemplate dall’art. 80 dello stesso Codice dei contratti pubblici quali cause di esclusione obbligatoria dalla procedura di affidamento dell’appalto.
L’art. 89, comma 3, D.Lgs. n. 50/2016, del resto, in tema di avvalimento, rimette alla competenza della stazione appaltante l’espletamento della verifica, in conformità agli artt. 85, 86 (“Mezzi di prova”) e 87 (“Registro on line dei certificati (e – Certis)”), se i soggetti della cui capacità l’operatore economico intende avvalersi soddisfano i pertinenti criteri di selezione o se sussistono motivi di esclusione ai sensi dell’art. 80.
L’art. 80, comma 5, lett. f-bis), D.Lgs. n. 50/2016, annovera tra i motivi di esclusione obbligatoria di un operatore economico dalla procedura ad evidenza pubblica, anche qualora ascrivibile ad uno tra i subappaltatori che il concorrente abbia designato nella terna indicata in sede di offerta ex art. 105, comma 6 dello stesso Codice dei contratti pubblici, la presentazione nella procedura in corso e negli affidamenti di subappalti di documentazione o dichiarazioni non veritiere.
La giurisprudenza consolidata, pertanto, dal combinato disposto degli artt. 89, comma 1, quarto periodo, richiamato in epigrafe, e 80, comma 5, lett. f-bis, D.Lgs. n. 50/2016 ha ricavato la regola per la quale, in caso di avvalimento, la dichiarazione mendace presentata dall’impresa ausiliaria importa l’estromissione dalla procedura di affidamento dell’appalto dell’operatore economico che si sia avvalso della sua capacità al fine di integrare per relationem i prescritti requisiti di partecipazione alla selezione (Cons. Stato, Sez. V, 3 gennaio 2019, n. 69; Cons. Stato, Sez. V, 19 novembre 2018, n. 6529; Delibera ANAC 10 aprile 2019, n. 337).
La dichiarazione decettiva, pertanto, anche qualora riferibile all’impresa ausiliaria, costituirebbe un’autonoma fattispecie di esclusione del soggetto offerente ausiliato dalla procedura ad evidenza pubblica, rilevante in quanto tale ed in disparte il possesso o meno dei requisiti di carattere generale, perché incidente sul rapporto fiduciario quale circostanza che rileva nella prospettiva dell’affidabilità del futuro contraente, a prescindere da considerazioni sulla fondatezza, sulla gravità e sulla pertinenza degli episodi non dichiarati (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 11 luglio 2016, n. 3070) .
La sanzione della estromissione obbligatoria dell’operatore economico dalla procedura selettiva, comminata dall’art. 80, comma 5, lett. f-bis), D.Lgs. n. 50/2016 nell’ipotesi di dichiarazioni non veritiere, anche qualora ascrivibili ad uno tra i subappaltatori annoverati nella terna di cui all’art. 105, comma 6 dello stesso Codice dei contratti pubblici, invero, assolve alla funzione di assicurare l’osservanza del principio di correttezza, che presiede all’affidamento ed all’esecuzione degli appalti e delle concessioni, giusta l’art. 30, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016.
I contratti ad oggetto pubblico, infatti, nella fase di implementazione soggiacciono al rispetto delle regole di lealtà e di affidabilità enucleate negli artt. 1175 e 1375 c. c., in ragione della posizione paritetica con l’operatore economico assunta dall’Amministrazione nella fase di svolgimento del rapporto contrattuale, nella quale il potere amministrativo viene esercitato mediante l’adozione di atti iure gestionis.
Il provvedimento giurisdizionale di condanna che abbia attinto l’operatore economico, peraltro, rileva – ex se ed anche per fattispecie di reato diverse, quale l’art. 590 c. p., da quelle “ostative” contemplate dall’art. 80, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016 – anche quale “grave illecito professionale”, integrante una distinta causa di estromissione obbligatoria dalla procedura di affidamento dell’appalto, giusta l’art. 80, comma 5, lett. c) del medesimo Codice, in quanto condotta collegata all’esercizio dell’attività professionale del medesimo concorrente, contraria ad un dovere posto da una norma giuridica e tale da renderne dubbia l’integrità o l’affidabilità (Cons. Stato, Sez. V, 19 novembre 2018, n. 6529; Cons. Stato, Sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192; Delibera ANAC 11 ottobre 2017, n. 1008, Linee Guida n. 6, par. II, 2.1 – 2.2).
Il Giudice di appello, pertanto, accoglieva il gravame interposto dall’R. T. I. appellante – risultato aggiudicatario per effetto dello scorrimento progressivo della graduatoria di gara – per la riforma della statuizione del Giudice di prime cure, atteso che il delitto ascritto all’impresa ausiliaria dell’R. T. I. appellato – estraneo al novero delle fattispecie di cui all’art, 80, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016 e, comunque, rilevante anche sub specie di grave illecito professionale ex art. 80, comma 5, lett. c) del medesimo Codice dei contratti pubblici – avrebbe importato la configurazione in capo agli organi sociali del sodalizio dell’obbligo dichiarativo sanzionato dall’art. 89, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016 con l’esclusione obbligatoria dalla procedura ad evidenza pubblica del concorrente ausiliato, in disparte il termine prescritto dall’art. 57 della Direttiva 2014/24/UE e dall’art. 80, comma 10 del Codice dei contratti pubblici quale periodo massimo di esclusione dalle procedure ad evidenza pubblica, in assenza di disposizioni pertinenti nel dictum giurisdizionale (Cons. Stato, Sez. III, 5 marzo 2020, n. 1633).
L’art. 89, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016, peraltro, nella parte in cui prescrive l’esclusione obbligatoria dalla procedura ad evidenza pubblica del concorrente ausiliato, senza imporgli o consentirgli di indicare un’altra impresa ausiliaria idonea in luogo della prima risultata non idonea, configura una fattispecie speciale rispetto al meccanismo correttivo generalizzato divisato nell’art. 89, comma 3 dello stesso Codice dei contratti pubblici (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19 novembre 2018, n. 6529; Cons. Stato, Sez. V, 3 gennaio 2019, n. 69; Delibera ANAC 10 aprile 2019, n. 337).
La disposizione da ultimo richiamata, in attuazione dell’art. 63 della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, infatti, stabilisce che la stazione appaltante impone all’operatore economico di sostituire i soggetti che non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione. Nel bando di gara, inoltre, possono essere indicati i casi in cui l’operatore economico deve sostituire un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione, purché si tratti di requisiti tecnici.
L’art. 63, par. 1, II parte della Direttiva 2014/24/UE, invero, prevede che l’Amministrazione aggiudicatrice impone che l’operatore economico sostituisca un soggetto che non soddisfa un pertinente criterio di selezione o per il quale sussistono motivi obbligatori di esclusione; e può imporre, inoltre, o essere obbligata dallo Stato membro ad imporre che l’operatore economico sostituisca un soggetto per il quale sussistono motivi non obbligatori di esclusione.
La richiamata regola in tema di avvalimento di cui al combinato disposto dell’art. 80, comma 5, lett. c) ed f-bis e dell’art. 89, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016, pertanto, collide con il carattere innovativo della disciplina recata dalla Direttiva 2014/24/UE e recepita nel disposto dell’art. 89, comma 3, D.Lgs. n. 50/2016, quale portato dei principi concorrenziali enucleati negli artt. 49 e 56 TFUE in tema di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi nello spazio giuridico europeo.
La normativa europea persegue il contemperamento dell’esigenza di consentire la più ampia partecipazione degli operatori economici privi dei prescritti requisiti alle procedure di affidamento degli appalti pubblici – mediante il ricorso all’avvalimento quale forma di collaborazione con altre imprese ausiliarie – e della necessità di assicurare la sussistenza effettiva, in capo ai soggetti affidatari delle commesse pubbliche, dei titoli di adeguata capacità e moralità necessari per l’esecuzione delle prestazioni dedotte come oggetto del contratto pubblico.
In tale guisa, quindi, la stazione appaltante assurge a tutrice del buon andamento e dell’efficienza della procedura ad evidenza pubblica (art. 97, comma 2 Cost.), in quanto garante del favor partecipationis, che – mediante la comminazione all’operatore economico della sanzione della mera sostituzione dell’impresa ausiliaria alla quale riferire una causa di esclusione obbligatoria, quali le fattispecie contemplate dagli artt. 80 e 89, D.Lgs. n. 50/2016, ovvero facoltativa – si attiva per garantire la celere conclusione del contratto e la sua esecuzione.
L’armonizzazione tra le opposte istanze che informano la disciplina dell’avvalimento nell’ordinamento giuridico europeo, del resto, non è estranea anche alla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, che ha elaborato l’istituto e che è intervenuta specialmente in punto di effettiva disponibilità per il concorrente ausiliato dei requisiti minimi di capacità, dimostrati per relationem mediante il concorso di terzi soggetti ausiliari.
La Corte internazionale, infatti, ha contrastato prassi interpretative e disposizioni normative che potessero ostacolare l’impiego della figura negoziale, posto che eventuali limiti all’esercizio del diritto di avvalimento devono essere riguardati con rigore in omaggio ai principi di parità di trattamento, (art. 157 TFUE ed art. 23 CDFUE) e di non discriminazione (artt. 10 e 19 TFUE ed art. 21 CDFUE) (cfr. CGUE, 7 aprile 2016, C-324/14, Prtner Apelski Dariusz; CGUE, 10 ottobre 2013, C 94/12, SWM Costruzioni; CGUE, 23 dicembre 2009, C-305/08, Conisma; Cons. Stato, A. P., 4 novembre 2016, n. 4).
La difformità della disciplina nazionale – che riferisce all’operatore economico offerente la sanzione deteriore della estromissione dalla gara nell’ipotesi di dichiarazioni decettive rese dall’impresa ausiliaria ex art. 89, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016 – dalle richiamate coordinate della normativa europea non rinviene ragione, peraltro, nella asserita necessità di perseguire una maggiore responsabilizzazione dell’operatore economico in ordine alla genuinità delle attestazioni compiute dal soggetto della cui organizzazione e dei cui requisiti questi si avvale ex art. 89, D. Lgs. n. 50/2016 per partecipare alla procedura ad evidenza pubblica, atteso il carattere perentorio del disposto di cui all’art. 63 della Direttiva 2014/24/UE, che non reca alcuna distinzione di disciplina.
L’assenza in capo al concorrente ausiliato, quale parte del contratto di avvalimento, di speciali poteri di verifica in ordine alla attendibilità delle credenziali enunciate nella documentazione di gara dall’impresa ausiliaria, che lo rendano motivatamente corresponsabile della dichiarazione decettiva effettuata da quest’ultima in ragione di un’asserita capacità di prevenzione e di controllo dei requisiti attestati, infatti, rende inesigibile dall’operatore economico offerente una diligenza maggiore di quella richiesta ad un comune operatore negoziale, per il quale residua la sola opzione dell’affidamento alle dichiarazioni ed alla documentazione fornite dal soggetto di cui si avvale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 03 gennaio 2019, n. 69).
E’ quanto avvenuto nella fattispecie oggetto del giudizio a quo, atteso che il provvedimento giurisdizionale di condanna ex art. 444 c. p. p. emesso in danno del titolare e l. r. p. dell’impresa ausiliaria, quale applicazione del c. d. patteggiamento allargato, risultava assistito dal beneficio della “non menzione” della relativa iscrizione nel certificato del casellario giudiziale che può essere richiesto dalle parti private diverse dal diretto interessato (art. 31, comma 2, D. P. R. 14 novembre 2002, Testo Unico delle disposizioni in materia di casellario giudiziale).
L’avvalimento, pertanto, “istituto del tutto innovativo” introiettato dalla normativa europea nell’ordinamento nazionale dei singoli Stati membri, esige la coerente declinazione dei suoi elementi costitutivi e dei pertinenti presupposti di applicabilità (cfr. CGUE, causa C-223/2016, Castellana costruzioni s. r. l.; Cons. Stato, Sez. III, 25 novembre 2015, n. 5359).
La figura negoziale, invero, nella configurazione assunta nella disciplina di cui all’art. 89 del D.Lgs. n. 50/2016 ed in aderenza alla impostazione pro-concorrenziale dei principi e criteri direttivi determinati dal Parlamento ex art. 76 Cost. per l’attuazione delle Direttive del 2014, giusta l’art. 9, L. 4 febbraio 2005, n. 11 (c. d. Legge Buttiglione) , ammette la modificazione soggettiva dell’offerta – mediante la sostituzione dell’impresa ausiliaria nelle ipotesi considerate nel comma 3 della disposizione de qua – anche nell’ambito del rapporto tra imprese scaturito dalla stipulazione del contratto di avvalimento ed anche nella fase anteriore alla esecuzione del contratto ad oggetto pubblico, in guisa difforme dal previgente Codice.
L’art. 37, comma 19, D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, infatti, contemplava la modificazione soggettiva dell’offerta esclusivamente nel caso di R. T. I., per i soli motivi ivi previsti e soltanto nella fase di esecuzione del contratto ad oggetto pubblico (Cons. Stato, Sez. V, 20 gennaio 2015, n. 169).
La fungibilità del profilo soggettivo dell’offerta ammesso (rectius, imposto) dal disposto dell’art. 89, comma 3, D.Lgs. n. 50/2016, piuttosto, risponde all’esigenza, ritenuta poziore, di evitare l’estromissione dalla procedura ad evidenza pubblica dell’operatore economico offerente per ragioni non direttamente ascrivibili a questi, in guisa da incentivare il ricorso all’avvalimento mediante la mera sostituzione dell’impresa ausiliaria, quante volte questa risulti carente dei prescritti requisiti ( Cons. Stato, Sez.V, 3 gennaio 2019, n. 69; Cons. Stato, Sez. V, 26 aprile 2018, n. 2527; Cons. Stato, Sez. V, 12 febbraio 2018, n. 1101; T. A. R. Lazio – Roma, Sez. III, 27 ottobre 2017, n. 10763).
La Sezione remittente, pertanto, opera il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia UE sulla questione richiamata in epigrafe, la cui risoluzione viene considerata dirimente per la definizione del giudizio a quo, atteso che il carattere restrittivo della disciplina dell’avvalimento recata dal combinato disposto degli artt. 89, comma 1 e 80, comma 5, lett. c) ed f-bis), D.Lgs. n. 50/2016 collide con il favor partecipationis degli operatori economici al mercato degli appalti pubblici, assunto quale ratio sottesa alla disciplina dell’istituto approntata nell’ordinamento giuridico europeo e, segnatamente, nella Direttiva 2014/24/UE, in uno all’ampia configurazione assunta nella richiamata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE.
Avv. Marco Bruno Fornaciari