E’ rimessa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione relativa alla consistenza, alla perimetrazione e agli effetti degli obblighi-dichiarativi gravanti sugli operatori economici in sede di partecipazione alla procedura evidenziale, con particolare riguardo ai presupposti per l’imputazione della falsità dichiarativa, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) e c-bis), D. Lgs. n. 50 del 2016 (1) (Cons. Stato, Sez. V, ord. 9 aprile 2020, n. 2332).
Con l’ordinanza di cui agli estremi dedotti in epigrafe, la Sezione remittente deferisce al Collegio in composizione nomofilattica la richiamata questione di diritto in tema di obblighi-dichiarativi che gravano sugli operatori economici che partecipino ad una procedura ad evidenza pubblica, in ragione dei difformi indirizzi di giurisprudenza registrati in sede di cognizione del mezzo di gravame interposto dall’odierna appellante per la riforma della sentenza del Giudice di prima istanza, che aveva respinto il ricorso originario (T. A. R. Puglia – Lecce, Sez. I, 22 maggio 2019, n. 846).
La società ricorrente, già risultata aggiudicataria della procedura aperta per l’affidamento di un appalto di lavori indetta dalla stazione appaltante resistente, insorgeva, infatti, avverso il provvedimento con il quale l’Amministrazione aveva disposto l’annullamento della delibera di aggiudicazione e l’estromissione della concorrente dalla procedura ad evidenza pubblica, atteso che l’espletamento delle verifiche prescritte dall’art. 89, comma 3 del D. Lgs. n. 50/2016 aveva consentito di accertare il carattere non veritiero della dichiarazione resa dall’ausiliario a mente dell’art. 89, comma 1 del medesimo Codice dei contratti pubblici, che prevede obblighi-dichiarativi in capo alle parti del contratto di avvalimento.
La società indicata dal Consorzio ausiliario ai fini del raggiungimento della cifra di affari in lavori nel torno di tempo di tre anni anteriore alla pubblicazione del bando – contemplato dalla legge di gara quale requisito di partecipazione alla procedura selettiva ed oggetto del contratto di avvalimento – era risultata priva dell’attestazione SOA in corso di validità alla data della propria indicazione quale soggetto ausiliario da parte dell’aggiudicataria (art. 89, comma 1, D. Lgs. n. 50/2016).
L’ausiliario, pertanto, in quanto edotto della perdita dell’attestazione della propria consorziata già nel torno di tempo anteriore alla sottoscrizione della dichiarazione di possesso dei requisiti e del contratto di avvalimento di cui all’art. 89, comma 1 del D. Lgs. n. 50/2016, avrebbe reso una dichiarazione falsa, contemplata dall’art. 80, comma 5, lett. f-bis) dello stesso Codice dei contratti pubblici quale specifico, legittimo ed autonomo motivo di esclusione dell’operatore economico interessato dalla procedura evidenziale, anche qualora la violazione degli obblighi-dichiarativi sia ascrivibile ad un ausiliario (art. 89, comma 1, D. Lgs. n. 50/2016).
La procedura di affidamento del contratto di appalto, pertanto, veniva aggiudicata all’operatore economico utilmente collocato al terzo posto nella graduatoria di gara, in ragione della rimodulazione della stessa da parte della stazione appaltante successivamente all’estromissione dalla selezione della seconda graduata.
Il Giudice di prime cure, pertanto, con la richiamata sentenza respingeva il ricorso principale e dichiarava improcedibile per difetto di interesse il ricorso incidentale proposto dall’operatore economico risultato infine affidatario del contratto di appalto, atteso che la ratio sottesa all’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del D. Lgs. n. 50/2016 dovrebbe essere rinvenuta nella sanzione delle dichiarazioni obiettivamente non veritiere relative ai requisiti soggettivi di partecipazione, quale resa dal Consorzio ausiliario dell’originaria aggiudicataria in violazione degli obblighi-dichiarativi prescritti dall’art. 89, comma 1 dello stesso Codice dei contratti pubblici.
L’esigenza di assicurare certezza ed affidabilità nei reciproci rapporti tra gli operatori economici che partecipino ad una procedura evidenziale e la stazione appaltante, infatti, avrebbe reso necessario che l’Amministrazione potesse fare affidamento non soltanto sul possesso dei requisiti allegati – in disparte il loro concreto rilievo – ma, più in generale, sulla conformità al vero delle complessive circostanze oggetto dell’autodichiarazione resa dai concorrenti con riferimento agli stessi e nell’osservanza di puntuali obblighi-dichiarativi, peraltro integrante un’autonoma fattispecie di esclusione anche in ragione del disposto di cui all’art. 75 del D. P. R. 28 dicembre 2000, n. 445.
La giurisprudenza richiamata dal Giudice del primo grado di giudizio, infatti, ha affermato come la dichiarazione non veritiera resa da un operatore economico in violazione degli obblighi-dichiarativi che gravano sui partecipanti ad una procedura ad evidenza pubblica riceva sanzione dalla norma di cui all’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del D. Lgs. n. 50/2016 in linea generale, in quanto circostanza rilevante nella prospettiva dell’affidabilità del futuro contraente.
La sanzione dell’esclusione dell’operatore economico dalla procedura evidenziale, che assiste la reticenza quale violazione degli obblighi-dichiarativi prescritti dal Codice dei contratti pubblici, pertanto, sarebbe funzionale all’affermazione dei principi di lealtà e di affidabilità, ovvero della correttezza dell’operatore economico che aspiri a divenire parte contrattuale della P. A., che informa la procedura di formazione dei contratti pubblici ed i rapporti con la stazione appaltante, nell’osservanza del principio di correttezza enucleato nell’art. 30, comma 1 del D. Lgs. n. 50/2016 (Cons. Stato, Sez. V, 19 novembre 2019, n. 6529).
Il Collegio, inoltre, rilevava come la stazione appaltante non avrebbe disposto di alcun margine di valutazione in ordine al carattere irregolare delle dichiarazioni rese dall’ausiliario in violazione degli obblighi-dichiarativi ed ascrivibili all’originaria aggiudicataria – quale dato obiettivo e privo di qualsiasi profilo di equivocità ovvero di opinabilità – a mente dell’art. 89, comma 1 del D. Lgs. n. 50/2016, che contempla le dichiarazioni mendaci quale causa automatica di esclusione dal confronto competitivo.
La logica di concreta inoffensività del c. d. falso innocuo, inoltre, non opererebbe nelle procedure ad evidenza pubblica in considerazione dell’attitudine dell’incompletezza dichiarativa ad inficiare ex se la possibilità di una celere ed affidabile decisione in ordine all’ammissione alla procedura selettiva dell’operatore economico offerente.
La società soccombente, pertanto, interponeva ricorso in appello per la riforma della statuizione del Giudice di prime cure, atteso che la società consorziata non avrebbe concorso in alcun modo a formare il requisito della cifra di affari in lavori del Consorzio – oggetto del contratto di avvalimento e per altra via già ampiamente posseduto dallo stesso ausiliario – e che la dichiarazione resa da quest’ultimo in violazione degli obblighi-dichiarativi su di esso gravanti non avrebbe integrato in alcun modo un mendacio, in quanto riferita ad una valutazione del fatto – irriducibile ad una valutazione in termini di verità ovvero di falsità – piuttosto che ad un fatto.
La irregolarità documentale ascritta al Consorzio, invero, involgeva la ritenuta attitudine della società consorziata – risultata priva dell’attestazione SOA prescritta dall’art. 89, comma 1 del D. Lgs. n. 50/2016 e, peraltro, mai estromessa dalla compagine consortile – ai fini della considerazione del requisito finanziario riveniente dalla maturazione di un determinato fatturato storico piuttosto che sull’obiettivo ammontare delle cifre di affari, pacificamente corrette e corrispondenti ai bilanci delle società considerate.
La società controinteressata, costituita in resistenza, ribadiva la sussistenza di ragioni autonomamente ostative all’ammissione alla procedura selettiva dell’originaria aggiudicataria, nonché parte appellante principale, riferibili, segnatamente ed in diversa guisa, alla violazione degli obblighi-dichiarativi ed informativi prescritti dagli artt. 80 ed 89 del D. Lgs. n. 50/2016.
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La Sezione remittente rileva come le irregolarità di carattere dichiarativo siano annoverate tra le situazioni che configurano gravi illeciti professionali, idonei a rendere dubbia l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico responsabile che partecipi ad una procedura ad evidenza pubblica (art. 80, comma 5, lett. c), D. Lgs. n. 50/2016).
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Nella formulazione previgente della richiamata disposizione del Codice dei contratti pubblici – anteriore alla novella recata dal D. L. n. 135/2018, convertito nella L. n. 12/2019, ed applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto di giudizio – le distinte fattispecie di violazione di obblighi-dichiarativi, peraltro, erano compendiate unitariamente nel disposto della medesima lettera c).
La previsione delle informazioni false o fuorvianti – suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, sulla selezione ovvero sull’aggiudicazione – ovvero dell’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione quali ipotesi di specifico, legittimo ed autonomo motivo di esclusione ex art. 80, comma 5, lett. c-bis), D. Lgs. n. 50/2016 – come introdotto dalla richiamata novella normativa – attesta, peraltro, l’attitudine di tali fattispecie ad integrare ex se una forma di grave illecito professionale.
La partecipazione ad una procedura ad evidenza pubblica, infatti, importa la sussistenza, in capo ad ogni singolo operatore economico che vi partecipi, dell’obbligo di assolvere, nei confronti della stazione appaltante, al generale e reciproco dovere di chiarezza e di completezza informativa, riveniente, nella logica relazionale del contatto sociale qualificato, dalla regola di condotta di matrice privatistica mutuata dagli artt. 1337 e 1338 c. c. ed integrante, nella specifica sede evidenziale, una manifestazione del principio di correttezza che presiede alla materia dei contratti pubblici, vieppiù qualificata dalla professionalità richiesta ai concorrenti (art. 30, comma 1, D. Lgs. n. 50/2016).
Tale onere, che conferisce speciale ed autonomo rilievo all’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto esperimento della procedura di selezione (art. 80, comma 5, lett. c-bis), D. Lgs. n. 50/2016) quale violazione di puntuali obblighi-dichiarativi, risulta essenzialmente strumentale, e giammai fine a se stesso, in quanto teso esclusivamente a fornire alla stazione appaltante ogni circostanza rilevante per l’apprezzamento dei requisiti di moralità e di meritevolezza soggettiva.
La mancata osservanza di tali obblighi-dichiarativi, peraltro, configura una forma di grave illecito professionale – contemplata dall’art. 80, comma 5, lett. c-bis), D. Lgs. n. 50/2016, nella formulazione successiva al D. L. n. 135/2018, quale specifico, legittimo ed autonomo motivo di esclusione, rilevante ex se – ed importa la collocazione del necessario nesso di strumentalità rispetto alle valutazioni rimesse alla stazione appaltante sul piano astratto di una illiceità meramente formale e presunta, operativa de jure, piuttosto che sul piano del concreto apprezzamento delle circostanze di fatto, oggetto della mediazione valutativa della stazione appaltante.
L’esigenza della sicura estromissione dalla procedura selettiva dell’operatore economico che non soddisfi i criteri di selezione di cui all’art. 83, comma 1 del D. Lgs. n. 50/2016 e quella di assicurare il favor partecipationis al confronto competitivo – senza compromettere la necessaria certezza sulle regole di condotta imposte agli operatori economici ed assistite dalla sanzione espulsiva -, in quanto opposti e rilevanti interessi che convergono nella prescrizione degli obblighi-dichiarativi ed informativi di cui all’art. 80 del medesimo Codice per ciascun concorrente, rendono necessaria una puntuale perimetrazione della portata e dei limiti di tali oneri.
Il contemperamento tra le istanze opposte deve essere assicurato mediante l’applicazione del principio di tipicità dei motivi di esclusione, enucleato nell’art. 83, comma 8 del D. Lgs. n. 50/2016 e declinato in termini sostanziali quale sufficiente tipizzazione – sub specie di tassatività, determinatezza e ragionevole prevedibilità delle regole operative e degli obblighi-dichiarativi – piuttosto che quale mera preclusione all’introduzione nella documentazione di gara di fattispecie estranee ad un numerus clausus normativamente prefigurato.
Tale ermeneusi è resa vieppiù necessaria nelle ipotesi di omissioni dichiarative di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-bis) del D. Lgs. n. 50/2016, che rendono necessario tracciare il discrimen tra il mero nihil dicere – che integra, al più, un indice della commissione, da parte di un operatore economico offerente, dei gravi illeciti professionali di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del medesimo Codice dei contratti pubblici, diversi dalla carenza dichiarativa – ed il non dicere quod debetur, che postula la violazione di un dovere giuridico di clare loqui e che, quale autonoma fattispecie di illecito professionale, importa l’adozione in chiave sanzionatoria di un provvedimento di estromissione dalla procedura evidenziale dell’operatore economico al quale risulti contestata la irregolarità.
La giurisprudenza, peraltro, ha precisato come l’individuazione in sede legislativa dei gravi illeciti professionali rechi un carattere meramente esemplificativo e giammai esaustivo, in disparte la necessità di definire l’elemento normativo delle irregolarità informative di cui all’art. 80, comma 5, lett. c-bis) del D. Lgs. n. 50/2016, onde consentire la precisa individuazione delle condizioni che rendano giuridicamente dovuta l’informazione alla stregua del disposto della norma richiamata.
La stazione appaltante, infatti, può ricavare le singole fattispecie di grave illecito da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale espletata dall’operatore economico ritenuto responsabile ed accertata quale violazione di un dovere posto da una norma civile, penale ovvero amministrativa, idonea a porre in dubbio l’integrità morale e l’affidabilità professionale dello stesso soggetto offerente (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 24 gennaio 2019, n. 586; Cons. Stato, Sez. V, 25 gennaio 2019, n. 591; Cons. Stato, Sez. V, 3 gennaio 2019, n. 72; Cons. Stato, Sez. III, 27 dicembre 2018, n. 7231).
La validità di siffatta opzione esegetica permane valida anche successivamente alla intervenuta novella della disposizione codicistica, che, mediante l’introduzione dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis) del D. Lgs. n. 50/2016, ha realizzato la generalizzazione degli obblighi-dichiarativi ed informativi precontrattuali, quale portato della clausola generale di correttezza professionale enucleata nell’art. 30, comma 1 del medesimo Codice dei contratti pubblici.
In tale prospettiva, pertanto, gli obblighi-informativi si affrancano dalla logica della mera strumentalità ed assurgono ad obblighi finali, assistiti da autonoma rilevanza, in quanto indice di apprezzamento della lealtà, dell’affidabilità e della credibilità dell’operatore professionale, la cui mancata osservanza – sotto specie di omissione, reticenza ovvero incompletezza delle informazioni dovute – integrano ex se, in uno alle più gravi decettività e falsità, forme sintomatiche di grave illecito professionale.
La giurisprudenza, peraltro non univoca, ha precisato come l’inciso dell’ultimo alinea dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016 – che contempla i gravi illeciti professionali ascrivibili ad un operatore economico quale motivo di esclusione dello stesso concorrente da una procedura ad evidenza pubblica, in quanto tali da renderne dubbia l’integrità o l’affidabilità – configuri una norma di chiusura del sistema, che rende necessaria l’enunciazione in sede di gara da parte del concorrente di ogni informazione relativa alla propria vicenda professionale, sebbene non tipizzata quale causa di esclusione (Cons. Stato, Sez. V, 11 giugno 2018, n. 3592; Cons. Stato, Sez. V, 25 luglio 2018, n. 4532; Cons. Stato, Sez. V, 19 novembre 2018, n. 6530; Cons. Stato, Sez. III, 29 novembre 2018, n. 6787).
La recente giurisprudenza, invero, ha individuato un limite temporale di operatività di tali obblighi-dichiarativi, in ragione della postulata irrilevanza degli illeciti commessi dopo il termine di tre anni anteriori all’adozione degli atti indittivi della procedura selettiva – quale si desume dall’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, peraltro ritenuta self-executing nell’ordinamento nazionale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 marzo 2020, n. 1605; Cons. Stato, Commissione speciale, parere 26 ottobre 2016, n. 2286; ANAC, delibera 16 novembre 2016, n. 1293 – Linee guida n. 6).
L’onere di attendere, a beneficio della stazione appaltante, ad una ricognizione che, in assenza di un generale limite di operatività, involgerebbe ogni profilo professionale ampiamente datato o, comunque, del tutto irrilevante nello svolgimento della vicenda di un’impresa, infatti, risulterebbe oltremodo oneroso per gli operatori economici (Cons. Stato, Sez. V, 22 luglio 2019, n. 5171; Cons. Stato, Sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142).
Secondo una differente prospettiva affermata in sede pretoria, d’altra parte, l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto espletamento della procedura ad evidenza pubblica – nel cui novero dovrebbe essere sussunta, altresì, la reticenza, ovvero l’incompletezza dei dati forniti – importerebbe la facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa quale parametro di apprezzamento dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico in luogo dell’automatica esclusione dalla selezione che consegue alla violazione degli obblighi-dichiarativi, sub specie di falsità delle dichiarazioni rese (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142).
In tali ultime fattispecie, invero, la presentazione nella procedura selettiva in corso di svolgimento di dichiarazioni non veritiere e rappresentative di una circostanza difforme dal vero attesterebbe in termini non equivoci come il profilo dell’operatore economico non soddisfi i criteri dell’affidabilità professionale e dell’integrità morale richiamati nell’art. 80, comma 5, lett. c) del D. Lgs. n. 50/2016 (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407).
La ricognizione dell’ordito normativo, in particolare, quale conformato dai molteplici interventi correttivi, integrativi ovvero diairetici che si sono succeduti nel tempo in sede legislativa, restituisce, quale dato positivo, la distinzione tra informazioni dovute e, tuttavia, omesse – che rilevano in quanto abbiano inciso in concreto sulla correttezza del procedimento decisionale – ovvero informazioni fuorvianti, recanti – diversamente dalla reticenza – un’attitudine decettiva in positivo, quale indebita influenza sul processo decisionale in ordine all’esito della fase di ammissione.
Le informazioni, le dichiarazioni e la documentazione propriamente false (art. 80, commi 5 lett. c-bis), f-bis), f-ter) e g) e 12), invece, rilevano ex se e risultano distinte in quanto rivenienti da condotte, attive ovvero omissive, poste in essere prima ovvero nel corso della procedura, in disparte il rilievo attribuito alla non veridicità ovvero ai profili di concreta rilevanza o di gravità ovvero ai profili soggettivi di imputabilità.
La falsità informativa, dichiarativa ovvero documentale, pertanto, reca un’attitudine espulsiva automatica, nonché potenzialmente e temporaneamente ultrattiva, atteso che tali fattispecie importano la sussistenza in capo alla stazione appaltante dell’obbligo di segnalazione della irregolarità all’ANAC, in uno all’iscrizione dell’operatore economico responsabile nel casellario informatico, efficace anche nelle successive procedure evidenziali e nel torno di tempo del biennio successivo, quante volte risulti accertato un comportamento doloso o gravemente colposo che venga ritenuto rilevante (art. 80, comma 12, D. Lgs. n. 50/2016).
Sotto distinto profilo, peraltro, la falsità, quale predicato opposto rispetto alla verità, risulta integrata – diversamente dalla dichiarazione mancante, che non può essere valutata in quanto tale – dal mero apprezzamento di un dato della realtà, ovvero di una situazione fattuale che ponga l’alternativa logica tra vero e falso, suscettibile di accertamento automatico anche in sede giudiziale in ragione dell’ampio sindacato sulla fattispecie di giudizio riconosciuto al G. A. (art. 64 c. p. a.).
Avv. Marco Bruno Fornaciari