E’ incostituzionale l’art. 2 della L. R. della Puglia n. 59 del 2018 – recante “Norma interpretativa del comma 1 dell’articolo 4 della l. r. 14/2009“, legge di attuazione del c. d. Piano-casa – per contrasto con gli artt. 3 e 117, comma 3 Cost., in relazione agli artt. 36 e 37 del D. P. R. n. 380 del 2001 (T. U. Ed.) ed all’art. 5, comma 10 del D. L. n. 70 del 2011 (c. d. Decreto sviluppo) (1).
E’ incostituzionale, a partire dalla data del 19 aprile 2019, l’art. 7 della L. R. della Regione Puglia n. 5 del 2019, per contrasto con gli artt. 3 e 117, comma 3 Cost., in relazione all’art. 5, comma 1, lett. b) del D. L. n. 32 del 2019, convertito, con modificazioni, nella L. n. 55/2019 (2).
La questione di legittimità costituzionale dell’art. 7 della L. R. della Puglia n. 5 del 2019, nell’arco temporale antecedente all’entrata in vigore dell’art. 5, comma 1, lettera b) del D. L. n. 32 del 2019, convertito, con modificazioni, nella L. n. 55 del 2019, promossa dal Presidente del Consiglio dei Ministri in riferimento agli artt. 3, 97, 117, comma 3 Cost., è improcedibile per cessazione della materia del contendere (3).
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 della L. R. della Puglia n. 5 del 2019, promossa dal Presidente del Consiglio dei Ministri in riferimento agli artt. 3, 97 e 117, comma 3 Cost., anche in relazione agli artt. 36 e 37 del D. P. R. n. 380 del 2001, all’art. 5, comma 10 del D. L. n. 70 del 2011 (c. d. Decreto sviluppo), convertito, con modificazioni, nella L. n. 106 del 2011, ed all’art. 5, comma 1, lett. b) del D. L. n. 32 del 2019, convertito, con modificazioni, nella L. n. 55 del 2019 (4) (Corte cost., 24 aprile 2020, n. 70).
La sentenza dedotta in rassegna definisce le questioni di legittimità costituzionale (breviter, q. l. c.) delle disposizioni di cui all’art. 2 della L. R. della Puglia 17 dicembre 2018, n. 59 – rubricato “Norma interpretativa del comma 1 dell’articolo 4 della l. r. 14/2019“, recante attuazione del c. d. Piano-casa adottato con l’art. 11 del D. L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella L. 6 agosto 2008, n. 133 – e di cui all’art. 7 della L. R. della Puglia 28 marzo 2019, n. 5, sollevate con distinti ed autonomi ricorsi proposti in via principale dal Presidente del Consiglio dei Ministri, giusta l’art. 127, comma 2 Cost.
La disposizione da ultimo richiamata ha innovato l’ordinamento regionale mediante l’introduzione nel testo della L. R. n. 14/2009 dell’inedito comma 5-ter, che ha innestato nel testo dell’art. 4 della stessa Legge di attuazione del c. d. Piano-casa una norma omologa, sebbene in pianta stabile e con efficacia pro futuro, al disposto del già richiamato art. 2 della L. R. n. 59/2018, abrogato dall’art. 8 della medesima L. R. n. 5/2019, del pari oggetto di distinte q. l. c., dichiarate infondate, peraltro, in ragione della ritenuta natura meramente abrogativa della norma censurata.
L’art. 4, commi 1 e 3 della L. R. n. 14/2009, invero, condiziona l’incremento volumetrico che consegua ad interventi di demolizione e di ricostruzione (scilicet, c. d. ristrutturazione ricostruttiva) di edifici residenziali e non residenziali ovvero misti al rispetto delle altezze e delle distanze prescritte dagli strumenti urbanistici vigenti ovvero, nell’ipotesi di loro mancata previsione, dall’art. 9 del Decreto del Ministero per i Lavori Pubblici del 2 aprile 1968, n. 1444 o, comunque, all’osservanza della sagoma dell’edificio preesistente rispetto ai distacchi, agli allineamenti ed agli arretramenti.
L’art. 11, comma 5, lett. b) del D. L. n. 112/2008, infatti, aveva previsto che il c. d. Piano-casa, quale misura straordinaria di rilancio del mercato edilizio approntata dal Legislatore statale, potesse essere implementato anche mediante possibili incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di servizi, di spazi pubblici e di miglioramento della qualità urbana, nel rispetto delle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al richiamato D. M. n. 1444/1968.
La ricognizione della legislazione regionale intervenuta successivamente all’approvazione del c. d. Piano-casa con il D. L. n. 112/2008, poi convertito nella L. 133/2008, consente di coglierne l’integrazione, con speciale riferimento alla c. d. ristrutturazione ricostruttiva, di un’autentica disciplina derogatoria in punto di incrementi delle volumetrie esistenti, non perfettamente coerente con il quadro normativo statale, che si sviluppa sul crinale della distinzione tra interventi di demolizione e ricostruzione con premio volumetrico e realizzazione di una nuova “costruzione” (art. 3, comma 1, lett. e), D. P. R. 6 giugno 2001, n. 380, T. U. Ed.) quale modalità di esecuzione affatto diversa e soggetta ad un distinto regime giuridico, in quanto oggetto, d’altronde, di apposito permesso di costruire piuttosto che di una mera SCIA (artt. 10 e 22, D. P. R. n. 380/2001).
Il Legislatore statale, infatti, prima dell’attuale formulazione dell’art. 3, comma 1, lett. d) del D. P. R. n. 380/2001 – come modificato, da ultimo, dall’art. 30, comma 1, lett. a) del D. L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, nella L. 9 agosto 2013, n. 98 -, aveva identificato gli interventi di c. d. ristrutturazione ricostruttiva con la “fedele ricostruzione di un fabbricato identico“, che importasse, dunque, identità di sagoma, di volume, di area di sedime e di caratteristiche dei materiali (cfr. Allegato A, recante “Quadro delle definizioni uniformi” dello Schema di regolamento edilizio tipo, adottato a seguito di intesa in sede di Conferenza unificata Stato – Regioni – Città ed Autonomie locali, 20 ottobre 2016).
La tendenza al progressivo ampliamento del novero degli interventi di c. d. ristrutturazione edilizia – proseguita con il D. Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301, che aveva espunto dalla definizione normativa il riferimento all’area di sedime ed alle caratteristiche dei materiali, nonché al concetto di “fedele ricostruzione” – ha conosciuto, peraltro, un arresto con l’art. 5, comma 1, lett. b) del D. L. 18 aprile 2019, n. 32 ( c. d. Decreto Sblocca cantieri), convertito, con modificazioni, nella L. 14 giugno 2019, n. 55, che in siffatte ipotesi ha imposto l’osservanza del generalizzato limite volumetrico e del vincolo dell’area di sedime mediante l’introduzione del comma 1-ter nell’art. 2-bis del D. P. R. n. 380/2001.
La disposizione del T. U. Ed. da ultimo richiamata – che, peraltro, secondo la prospettazione della difesa regionale sarebbe riferita a fattispecie affatto diverse dalla c. d. ristrutturazione ricostruttiva – statuisce, invero, che, in ogni caso di intervento di demolizione e di ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo.
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- Disattesa in via preliminare la duplice eccezione di inammissibilità sollevata dalla Regione Puglia con riferimento a ciascuno degli autonomi e distinti ricorsi proposti in via principale dall’organo costituzionale – recanti le q. l. c. delle disposizioni regionali censurate in termini sufficientemente chiari, omogenei ed esaustivi, sì da evidenziarne i profili di dedotta illegittimità – la Corte costituzionale rileva in primo luogo l’illegittimità dell’art. 2 della L. R. Puglia n. 59/2018, norma interpretativa dell’art. 4, comma 1 della L. R. n. 14/2009 di attuazione del c. d. Piano-casa, in punto di mancata osservanza del principio di ragionevolezza, quale enucleato nell’art. 3 Cost.
La palese erroneità dell’auto-qualificazione normativa di cui alla rubrica della disposizione impugnata, quale norma di interpretazione autentica di una disposizione della legge regionale di attuazione del c. d. Piano-casa – assistita ex se da efficacia retroattiva, in disparte una diversa volontà in tal senso resa esplicita dal Legislatore – piuttosto che quale norma innovativa con efficacia retroattiva, invero, conferisce rilievo a tale discrimen quale indice, sia pure non dirimente, del carattere irragionevole della disposizione censurata, altrimenti sostanzialmente indifferente in sede di scrutinio di legittimità costituzionale (cfr., ex multis, Corte cost. 12 aprile 2017, n. 73; Corte cost. 9 maggio 2019, n. 108; Corte cost., 29 maggio 2013, n. 103; Corte cost., 9 febbraio 2011, n. 41).
Nella giurisprudenza costituzionale il principio di ragionevolezza funge da limite generale all’efficacia retroattiva delle leggi, che si invera nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento, in uno alla tutela del legittimo affidamento quale principio immanente allo Stato di diritto, alla coerenza ed alla certezza dell’ordinamento giuridico ed al rispetto delle prerogative costituzionali riservate al potere giudiziario (cfr., ex multis, Corte cost., 12 luglio 2019; Corte cost. 9 maggio 2019, n. 108; Corte cost. 12 aprile 2017, n. 73).
L’efficacia retroattiva, che assimila le norme di interpretazione autentica e le norme innovative, il cui potere di emanazione non è precluso al Legislatore, anche regionale, deve rinvenire, infatti, adeguata giustificazione, in punto di ragionevolezza, mediante il puntuale contemperamento delle ragioni sottese alla previsione legislativa con i valori, di rango costituzionale, potenzialmente lesi dall’efficacia a ritroso della norma adottata (cfr. Corte cost. 12 aprile 2017, n. 73).
La specificazione recata dall’art. 2 della L. R. n. 59/2018, lungi da una migliore esplicitazione del significato ascrivibile alla disposizione preesistente di cui all’art. 4, comma 1 della L. R. n. 14/2009 di attuazione del c. d. Piano-casa ovvero dall’esclusione o dall’enunciazione di un significato tra quelli resi ragionevolmente possibili in via ermeneutica dalla norma censurata, sì da renderne vincolante l’adesione in sede di applicazione quale possibile variante di senso del testo legislativo originario, conferisce alla disposizione oggetto di q. l. c. una portata innovativa, giammai meramente interpretativa.
La diversa sistemazione plano-volumetrica ovvero le diverse dislocazioni del volume massimo consentito all’interno dell’area di pertinenza che possono conseguire agli interventi di c. d. ristrutturazione ricostruttiva, invero, integrano una nuova deroga agli strumenti urbanistici vigenti mediante l’estensione in via retroattiva dell’oggetto della disposizione originaria di cui all’art. 4, comma 1 della L. R. n. 14/2009 di attuazione del c. d. Piano-casa, che rende possibile la realizzazione di nuove e distinte costruzioni rispetto all’organismo edilizio originario, aventi collocazione diversa dalla precedente, sebbene entro la medesima area di pertinenza.
L’art. 2 della L. R. n. 59/2018, infatti, reca una portata distinta e più ampia rispetto alla disciplina di cui all’art. 5, comma 9, lett. b) del D. L. n. 70/2011 (c. d. Decreto sviluppo), che prevede interventi di demolizione e di ricostruzione anche con delocalizzazione delle relative volumetrie in area ovvero in aree diverse, ma nelle ipotesi affatto diverse del c. d. decollo, ovvero del possibile trasferimento, nel contesto delle scelte di pianificazione dell’Ente locale, dei volumi da una determinata area del territorio ad altra zona che ammetta l’edificabilità.
La “dislocazione” dei volumi di cui alla disposizione regionale censurata, pertanto, non sarebbe sussumibile nella “delocalizzazione” contemplata dal Legislatore statale con il c. d. Decreto sviluppo – preclusa, peraltro, per gli edifici abusivi ovvero ubicati nei centri storici o in aree ad inedificabilità assoluta (art. 5, comma 10, D. L. n. 70/2011) – anche in ragione della impropria retroazione di una possibilità introdotta dal Legislatore statale soltanto con il D. L. n. 70/2011 al tempo di approvazione del c. d. Piano-casa di cui alla L. R. n. 14/2009.
D’altra parte, il necessario rispetto della sagoma dell’edificio preesistente (art. 3, comma 1, lett. d), D. P. R. n. 380/2001) – oggetto di prescrizione costante nel T. U. Ed. ed attenuato soltanto con il richiamato art. 30, comma 1, lett. a) del D. L. n. 69/2013 – osta alla configurazione di una diversa sistemazione plano-volumetrica e delle conseguenti modifiche al contorno dell’edificio oggetto di c. d. ristrutturazione ricostruttiva oltre le ipotesi ammesse dalla disciplina statale, quale fattispecie contemplata ab origine dall’art. 4, comma 1 della L. R. n. 14/2009 di attuazione del c. d. Piano-casa.
Risultano disattese, pertanto, le argomentazioni della difesa regionale in punto di qualificazione degli interventi di demolizione e di ricostruzione con premio volumetrico sino al 35% di cui all’art. 4, comma 1 della L. R. n. 14/2009 quale autonoma modalità di esecuzione riconosciuta ex se ed ab origine dalla legislazione statale e regionale sul c. d. Piano-casa ed assimilabile ad una nuova costruzione (art. 3, comma 1, lett. e), D. P. R. n. 380/2001) piuttosto che ad una ristrutturazione (art. 3, comma 1, lett. d), D. P. R. n. 380/2001), in guisa da non soggiacere ai limiti che presiedono alla realizzazione di tali ultime opere.
Il carattere irragionevole della disposizione di cui all’art. 2 della L. R. n. 14/2009 di attuazione del c. d. Piano-casa, d’altronde, quale surrettizia ipotesi di sanatoria che, in ragione della sua portata retroattiva, recupera nell’alveo della legalità condotte non considerate legittime al momento della loro realizzazione – in quanto non conformi agli strumenti urbanistici vigenti – e rese tali per effetto del successivo intervento del Legislatore, non esaurisce i profili di illegittimità costituzionale della norma de qua, che impinge, altresì, nella violazione dell’art. 117, comma 3 Cost. – in relazione agli artt. 36 e 37 del D. P. R. n. 380/2001 ed all’art. 5, comma 10 del D. L. n. 70/2011, quali parametri costituzionali interposti – ed assorbe la censura relativa alla dedotta violazione dell’art. 97 Cost.
Come in più occasioni precisato nella giurisprudenza costituzionale in tema di condono edilizio “straordinario”, le scelte di principio sul versante della sanatoria amministrativa – quali implicate dal criterio della c. d. doppia conformità di cui alle richiamate disposizioni del T. U. Ed. in quanto sede della legislazione di cornice in materia edilizia, sussumibile nella materia di competenza legislativa concorrente del governo del territorio (art. 117, comma 3 Cost.) – competono alla legislazione statale, con speciale riferimento all’an, al quando ed al quantum, oltre che ai profili penalistici (Corte cost., 10 febbraio 2006, n. 49; Corte cost., 11 febbraio 2005, n. 70; Corte cost., 28 giugno 2004, n. 196).
L’ampliamento dei limiti applicativi della sanatoria e dell’area del condono edilizio rispetto a quanto stabilito dalla legge dello Stato ovvero il potere di disporre in via autonoma una sanatoria straordinaria per il solo territorio regionale, quali in effetti configurati nell’ordinamento della Regione Puglia per effetto della norma censurata di cui all’art. 2 della L. R. n. 59/2018, non possono costituire oggetto della potestà legislativa concorrente delle Regioni (cfr., Corte cost., 26 luglio 2019, n. 208; Corte cost., 5 aprile 2018, n. 68; Corte cost., 12 aprile 2017, n. 73; Corte cost., 19 novembre 2015, n. 233; Corte cost., 25 giugno 2015, n. 117; Corte cost., 6 novembre 2009, n. 290).
(2) (3) (4) Le disposizioni assunte quali parametri costituzionali ed interposti nella q. l. c. dell’art. 2 della L. R. n. 59/2018, sollevata in via principale dal Presidente del Consiglio dei Ministri informano, altresì, il giudizio di legittimità che involge gli artt. 7 e 8 della L. R. n. 5/2019, censurati anche con riferimento all’art. 2-bis, comma 1-ter del D. P. R. n. 380/2001, come introdotto dall’art. 5, comma 1 del D. L. n. 32/2019, convertito nella L. n. 55/2019.
Il continuum normativo realizzato dall’art. 7 della L. R. n. 5/2019, mediante l’inserimento nell’art. 4 della L. R. n. 14/2009, di attuazione del c. d. Piano-casa, del comma 5-ter, recante in pianta stabile e con efficacia pro futuro una norma omologa a quella di cui all’art. 2 della L. R. n. 59/2018, abrogato con l’art. 8 della stessa L. R. n. 5/2019, si pone in evidente antinomia con il tenore normativo della inedita disposizione del D. P. R. n. 380/2001 richiamata retro.
La configurazione del T. U. Ed. quale sede della legislazione di cornice nella materia dell’edilizia – declinazione della materia governo del territorio, attribuita alla competenza legislativa concorrente (art. 117, comma 3 Cost.) – integra, invero, un indice significativo della qualificazione della inedita disposizione di legge statale quale principio fondamentale, in disparte il dato testuale dell’art. 1, comma 1 dello stesso D. P. R. n. 380/2001, che individua l’oggetto della raccolta normativa nei princìpi fondamentali e nelle disposizioni per la disciplina dell’attività edilizia.
La giurisprudenza costituzionale, infatti, ha precisato come le disposizioni del T. U. Ed. integrino norme dalla diversa estensione, che sottendono rationes distinte ed infungibili, sebbene informate alla comune finalità di assicurare una protezione unitaria sull’intero territorio nazionale a beni non frazionabili (cfr. Corte cost., 26 maggio 2017, n. 125).
La norma di cui all’art. 2-bis, comma 1-ter del D. P. R. n. 380/2001, pertanto, integra un principio fondamentale in materia edilizia, analogamente a quanto riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale in molteplici disposizioni del T. U. Ed., atteso che la disposizione introdotta con il c. d. Decreto Sblocca cantieri detta, evidentemente, una regola unitaria, vigente sull’intero territorio nazionale, in guisa da contemperare le esigenze sottese alla rigenerazione urbana con il rispetto dell’assetto urbanistico, senza ricorrere ad ulteriore consumo di suolo (D. D. L. di conversione del D. L. n. 32 del 2019, A. C. n. 1898 del 2019) (cfr. Corte cost. 26 maggio 2017, n. 125; 21 dicembre 2016, n. 282; Corte cost. 16 dicembre 2016, n. 272; Corte cost., 20 novembre 2014, n. 259).
Lo stesso art. 2-bis del D. P. R. n. 380/2001, peraltro, è stato qualificato quale principio fondamentale nella materia de qua in punto di vincolatività dei limiti di distanza tra i fabbricati prescritti dal D. M. n. 1444/1968 – derogabili soltanto nelle ipotesi di eccezioni contemplate dagli strumenti urbanistici, onde conseguire la conformazione di un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio – salvo il disposto dell’art. 5, comma 1, lett. b-bis) del D. L. n. 32/2019, che riferisce quelle distanze legali esclusivamente alle zone di espansione (Zone C), di cui all’art. 9, comma 1, n. 3 dello stesso D. M. n. 1444/1968 (Corte cost., 15 aprile 2019, n. 86).
L’incremento volumetrico e le “diverse dislocazioni dei volumi” contemplati dall’art. 4, comma 5-ter della L. R. n. 14/2009 di attuazione del c. d. Piano-casa, come introdotto dall’art. 7 della L. R. n. 5/2019, rendono evidente, pertanto, nelle ipotesi di c. d. ristrutturazione ricostruttiva, l’antinomia della disposizione di legge regionale censurata con la norma di cui all’art. 2-bis, comma 1-ter del D. P. R. n. 380/2001, come introdotto dall’art. 5, comma 1, lett. b) del D. L. n. 32/2019, che ammette interventi di ricostruzione edilizia alle condizioni ivi enunciate ed entro la medesima area di pertinenza degli organismi edilizi già oggetto di demolizione.
La dedotta illegittimità costituzionale dell’art. 7 della L. R. n. 5/2019, in ragione della violazione dei richiamati parametri costituzionali ed interposti, rinviene conferma, peraltro, nella ratio univoca espressa dall’art. 2-bis, comma 1-ter del D. P. R. n. 380/2001, come introdotto dal D. L. n. 32/2019, idoneo ad incidere la legislazione regionale attuativa del c. d. Piano-casa – recata dalla L. R. n. 14/2009, come modificata dalla L. R. n. 59/2018 e dalla L. R. n. 5/2019 – in quanto normativa statale cogente “in ogni caso” di c. d. ristrutturazione ricostruttiva, onde superare ogni diversa disposizione in materia di SCIA non conforme ai nuovi vincoli prescritti per l’attività edilizia.
La difesa regionale, infatti, aveva argomentato – analogamente a quanto assunto in controdeduzione rispetto alle censure formulate dal ricorrente nella q. l. c. dell’art. 2 della L. R. n. 59/2018 – in ordine all’asserito carattere radicalmente incompatibile della premialità prevista dall’art. 7 della L. R. n. 5/2019 con le prescrizioni statali di cui all’inedito art. 2-bis, comma 1-ter del D. P. R. n. 380/2001.
Secondo tale prospettazione, l’inedita disposizione del T. U. Ed., quale norma di carattere generale, avrebbe avuto per oggetto l’attività edilizia ordinaria, sebbene entro le deroghe e le finalità di cui alla stessa norma, quante volte si fosse reso necessario preservare le distanze legittimamente preesistenti che fossero risultate inferiori ovvero in contrasto con le distanze legali prescritte dal D. M. n. 1444/1968 ovvero dalla strumentazione urbanistica vigente nelle ipotesi di c. d. ristrutturazione ricostruttiva, tra le quali non sarebbe stata sussumibile la fattispecie contemplata dalla norma regionale censurata, in quanto meglio ascrivibile alla categoria della nuova costruzione (art. 3, comma 1, lett. 2, D. P. R. n. 380/2001).
Il ridotto intervallo di tempo intercorso tra l’entrata in vigore dell’art. 7 della L. R. n. 5/2019 e dell’art. 2-bis, comma 1-ter del D. P. R. n. 380/2001, come introdotto dall’art. 5, comma 1, lett. b) del D. L. n. 32/2019, d’altra parte, importa la dichiarazione della cessazione della materia del contendere nella q. l. c., relativa alla disposizione di legge regionale censurata, nel torno di tempo anteriore all’entrata in vigore della nuova disposizione del T. U. Ed..
Un sì residuale torno di tempo, invero, esclude il consolidamento di un titolo abilitativo edilizio – sebbene nel termine dimidiato che, nelle ipotesi di SCIA edilizia, l’art. 19, comma 6-bis della L. n. 241/1990 prescrive per l’esercizio dei poteri amministrativi inibitori e di ripristino di cui al comma 3 della stessa disposizione della Legge sul procedimento amministrativo – in ragione di un’asserita applicazione della disposizione di legge regionale impugnata.
La natura meramente abrogativa della norma di cui all’art. 8 della L. R. n. 5/2019, da ultimo, importa la dichiarazione di non fondatezza delle q. l. c. sollevate in via principale dall’organo costituzionale con riferimento alla disposizione di legge regionale de qua.
Avv. Marco Bruno Fornaciari