E’ rimessa alla Corte di Giustizia UE la questione se gli artt. 63 e 71 della Direttiva 2014/24 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, unitamente ai princìpi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli artt. 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), ostino ad una interpretazione della normativa nazionale italiana in materia di subappalto necessario secondo la quale il concorrente sprovvisto della qualificazione obbligatoria in una o più categorie scorporabili non può integrare il requisito mancante facendo ricorso a più imprese subappaltatrici, ovvero cumulando gli importi per i quali queste ultime risultano qualificate (1) (Cons. Stato, Sez. III, ord. 10 giugno 2020, n. 3702).
Con l’ordinanza di cui agli estremi dedotti in epigrafe, il Collegio deferisce alla Corte di Giustizia UE la richiamata questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE in tema di subappalto, attesa la necessità di una pronuncia sul punto onde definire il giudizio di trattazione congiunta dei distinti ricorsi in appello proposti dagli operatori economici partecipanti ad una procedura di affidamento di lavori, nonché dalla centrale unica di committenza per la Regione (CUC), per la riforma della sentenza del Giudice del primo grado di giudizio (T. A. R. Puglia – Lecce, Sez. II, 2 dicembre 2019, n. 1915).
Il Raggruppamento secondo classificato in graduatoria, invero, aveva impugnato con ricorso per annullamento il provvedimento recante l’aggiudicazione definitiva della pubblica commessa secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, attesa l’asserita anomalia – sotto molteplici profili, quali la congruità del costo della manodopera ovvero il ribasso temporale – dell’offerta risultata aggiudicataria all’esito della procedura evidenziale, sebbene l’esito positivo della verifica ex art. 97, comma 6 del D. Lgs. n. 50/2016, espletata dal RUP, con il supporto della Commissione di gara.
La Relazione della Commissione giudicatrice, invero, rilevava come il costo della manodopera indicato dalla prima classificata, sebbene attestato nella fascia bassa del range di variabilità, computato alla stregua delle offerte presentate dagli altri partecipanti alla procedura evidenziale, non rendesse evidenti, in prima istanza, incongruenze di valutazione, quantomeno con riferimento ai dati di riferimento ricavati dal mercato nell’espletamento della procedura evidenziale.
L’organo collegiale riteneva complessivamente condivisibile la metodologia di calcolo proposta dal raggruppamento aggiudicatario, atteso che lo scostamento rilevato, in quanto singolarmente considerato, non avrebbe importato, in ragione della giurisprudenza in materia e degli importi dell’appalto, un impatto significativo sull’affidabilità e sull’attendibilità dell’offerta, atteso che le incongruenze rilevate sarebbero state sostanzialmente connesse alla riduzione dei margini operativi, economici e temporali sottesa all’offerta dell’operatore economico (OE) rispetto alle previsioni a base d’asta.
Il documento precisava, altresì, come l’aggiudicatario avesse prodotto una valutazione analitica degli elementi – quali i regimi agevolativi per l’impiego nel Mezzogiorno ovvero i dati statistici positivi relativi all’assenteismo del personale dell’OE – idonei a determinare una riduzione costo effettivo della manodopera gravante in suo capo, in guisa da fungere quale bacino economico per l’assorbimento di eventuali variazioni in corso d’opera rispetto alle stime formulate nei giustificativi dell’offerta, elaborati senza la considerazione di tali potenziali economie di scala.
La Relazione della Commissione giudicatrice, inoltre, rilevava, con riferimento al ribasso temporale offerto dall’aggiudicatario, come la fattibilità delle tempistiche previste dallo stesso OE, pari a circa un terzo del termine individuato dal disciplinare di gara, assumesse quale giustificazione l’adozione di tre distinti turni di lavorazione, di eguale durata ciascuno, sebbene permanesse invariato il c. d. tempo-uomo necessario per l’esecuzione delle singole lavorazioni secondo il progetto posto a base di gara, peraltro non esente da talune perplessità sollevate dall’organo collegiale.
I rilievi della Commissione giudicatrice involgevano, segnatamente, la stima di sostenibilità della maggiorazione del costo della manodopera, che la utilizzazione – quale prevista nell’offerta formulata dall’impresa aggiudicataria – delle giornate di sabato e domenica – con un incremento di 114 giorni delle giornate lavorate – quante volte si verificassero ritardi nell’esecuzione dei lavori avrebbe reso necessaria nella complessiva prospettiva valutativa cautelativa adottata dallo stesso OE.
Il Raggruppamento secondo graduato all’esito del confronto competitivo, peraltro, ritenuti ugualmente non superati taluni profili di anomalia dell’offerta dell’aggiudicatario – sebbene la Relazione della commissione giudicatrice, nonché il Giudizio tecnico di congruità dei giustificativi di offerta, del pari acquisito dal RUP – instava per l’accesso integrale alla documentazione di gara e del subprocedimento di verifica.
Lo stesso OE, pertanto, con il ricorso per annullamento ex art. 29 c. p. a., definito con la pronuncia del Giudice di prime cure richiamata retro, proponeva, altresì, domanda di accertamento ex art. 116 c. p. a., attesa l’ostensione soltanto parziale della documentazione di gara disposta dalla stazione appaltante (SA), che denegava l’esercizio del diritto di accesso dell’OE con riferimento alla Relazione delle giustificazioni, alla Relazione giustificativa dell’offerta – Integrazioni, agli allegati alla Relazione del RUP, nonché alle relazioni della Commissione giudicatrice e del Gruppo di supporto tecnico.
Censurata la illegittimità del diniego di accesso soltanto parziale in ragione della dedotta violazione dell’art. 53 del D. Lgs. n. 50/2016, l’OE secondo graduato articolava distinti motivi di gravame avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva al Raggruppamento primo classificato, del provvedimento che ne aveva disposto l’ammissione alla procedura selettiva, dei verbali di gara, nonché del subprocedimento di verifica di congruità dell’offerta.
I profili di illegittimità censurati dal ricorrente impingevano in primo luogo nella violazione e falsa applicazione dell’art. 95, comma 10 del D. Lgs. n. 50/2016, nonché della legge speciale di gara e della par condicio tra gli OE concorrenti, atteso che i costi inerenti alle migliorie risultavano integralmente ricompresi tra le spese generali, senza lo scorporo di quelli relativi alla manodopera, in quanto oggetto della voce ad essi specificamente dedicata.
Con distinto motivo di ricorso, rubricato nella violazione e falsa applicazione dello stesso art. 95, comma 10 del D. Lgs. n. 50/2016 e dell’art. 97 del Codice dei contratti pubblici, il ricorrente deduceva, inoltre, l’anomalia dell’offerta dell’aggiudicatario, atteso che, secondo la comune esperienza, la contrazione dei tempi di realizzazione dell’opera avrebbe dovuto importare un incremento dei costi della manodopera piuttosto che la loro riduzione; e che l’offerta del primo classificato non indicava quanto precisato dallo stesso OE in sede di chiarimenti, in punto di ricorso al lavoro notturno e straordinario.
Sotto la medesima rubrica, parte ricorrente contestava, altresì, l’incidenza delle spese generali, posto che una parte di quelle indicate afferivano ai costi del personale per le migliorie, e deduceva come, nell’ipotesi di reimputazione dei costi ex art. 32, comma 4 del D. P. R. n. 207/2010, l’offerta risultata aggiudicataria sarebbe risultata in perdita in ragione delle spese generali, che non avrebbero rinvenuto giustificazione in quanto prive di capienza per un importo pari all’1% dell’utile di impresa.
L’OE, pertanto, deduceva la violazione del principio di immodificabilità dell’offerta e l’eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto da parte della prima graduata, la violazione della normativa in materia di inquinamento acustico (art. 17 L. R. n. 3/2002) in uno alla legge speciale di gara, nonché, da ultimo, la violazione e falsa applicazione della lex specialis di gara e la carenza dei requisiti di partecipazione e di idoneità tecnica ad eseguire le opere, in ragione della carenza, in capo all’aggiudicatario, di varie certificazioni relative ai gas medicali.
La CUC, costituita in resistenza e depositata in giudizio l’intera documentazione richiesta dal ricorrente in sede di istanza di accesso agli atti ex art. 53 del D. Lgs. n. 50/2016, concludeva per la declaratoria di improcedibilità del ricorso sull’accesso, analogamente alla territoriale Azienda Sanitaria Locale, che, in quanto mai resa destinataria di istanze pretensive da parte del Raggruppamento ricorrente, eccepiva, altresì, l’inammissibilità della proposizione dell’azione di accertamento ex art. 116 c. p. a. nei propri confronti.
Costituiti in giudizio anche la Regione, che eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, ed il Raggruppamento aggiudicatario controinteressato, lo stesso OE primo graduato proponeva ricorso incidentale, mediante il quale chiedeva l’annullamento degli atti della procedura ad evidenza pubblica, atteso che il mancato possesso, in capo al ricorrente principale, della V qualifica nella categoria di lavori OS 18-B, avrebbe reso necessaria l’esclusione dello stesso OE dalla procedura selettiva.
La certificazione SOA, invero, avrebbe integrato un requisito richiesto dal disciplinare di gara, peraltro non acquisito dal ricorrente principale, sebbene il ricorso al subappalto ex art. 105 del D. Lgs. n. 50/2016, reso possibile dalla legge speciale di gara, atteso che la suddetta qualifica non risultava posseduta da alcuno tra gli OE che il Raggruppamento secondo graduato aveva designato nella terna dei subappaltatori indicata in sede di offerta.
Con successivi motivi aggiunti, il ricorrente principale, dato atto del carattere esaustivo della documentazione già depositata dalla CUC, articolava ulteriormente le censure di annullamento già formulate in sede di ricorso introduttivo, in ragione della dedotta non congruità dell’offerta aggiudicataria e della violazione e falsa applicazione degli artt. 30 e 97 del D. Lgs. n. 50/2016, dell’eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e di diritto e dello sviamento, con riferimento all’esiguo compenso mensile previsto per le cinquanta unità di giovani professionisti oggetto di previsione di impiego nell’offerta dell’aggiudicatario.
Successivamente alla rinuncia, da parte del ricorrente principale, della domanda cautelare proposta in via incidentale al ricorso introduttivo – nonché, ancora più tardi, dell’analoga istanza proposta con i motivi aggiunti -, il ricorrente incidentale depositava ricorso ex art. 43 c. p. a., con il quale deduceva la mancata estromissione dalla procedura evidenziale di parte ricorrente ex art. 80, comma 5, lett. c) ed f-bis) del D. Lgs. n. 50/2016, quale ulteriore profilo di illegittimità parziale del provvedimento di aggiudicazione definitiva della procedura selettiva in ragione della dichiarazione nel DGUE del secondo classificato del possesso della V classifica richiesta dal disciplinare di gara, sebbene effettivamente non sussistente in capo allo stesso OE.
In sede preliminare, peraltro, la ricorrente principale eccepiva la tardività, con riferimento al rito ex art. 120, comma 2-bis c. p. a., del ricorso incidentale, nonché dei motivi aggiunti articolati dall’aggiudicatario e sottolineava come l’impugnativa incidentale non potesse comunque importare un effetto paralizzante del ricorso principale e dei relativi motivi aggiunti.
Il Collegio, sulla scorta della precedente giurisprudenza, riteneva fondato il difetto di legittimazione passiva eccepito dalla Regione Puglia, atteso che alcuna legittimazione passiva ad causam poteva essere riconosciuta all’Amministrazione dell’Ente territoriale, attesa l’imputabilità di ogni atto della procedura evidenziale esclusivamente alla CUC, nonché l’assenza di fasi del procedimento demandate alla gestione ovvero alla partecipazione della stessa Amministrazione regionale, che veniva estromessa dal giudizio analogamente alla territoriale Azienda Sanitaria Locale (artt. 39, comma 1 c. p. a.; art. 81 c. p. c.).
La recenziore giurisprudenza del Giudice di appello in composizione nomofilattica, invero, aderisce all’indirizzo pretorio che, nelle ipotesi di procedure di aggiudicazione in forma aggregata, nelle quali il confronto competitivo viene gestito da una CUC, ritiene sufficiente la notificazione del ricorso introduttivo del giudizio alla sola P. A. capofila – che ha curato la procedura concorsuale mediante l’emanazione del bando, la costituzione della Commissione giudicatrice, l’adozione degli atti di gara e del provvedimento di aggiudicazione – piuttosto che ad ogni soggetto che abbia preso parte alla procedura di aggiudicazione in forma aggregata (Cons. Stato, A. P., 18 maggio 2018, n. 8).
L’art. 41, comma 2 c. p. a., quale regola generale, individua, invero, nella sola Amministrazione che abbia adottato l’atto successivamente impugnato mediante l’esercizio dell’azione di annullamento ex art. 29 c. p. a. il necessario destinatario della notificazione del ricorso introduttivo del giudizio, il cui compimento risulta sufficiente ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio processuale ed esclude dal novero dei soggetti destinatari della notificazione altre Amministrazioni ovvero Enti che abbiano partecipato al procedimento amministrativo a diverso titolo e privi di os ad loquendum (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 13 settembre 2013, n. 4541; Cons. Stato, Sez. V, 6 luglio 2012, n. 3966; Sez. V, 15 marzo 2010, n. 1500).
Dichiarata la improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse a ricorrere ex art. 35, comma 1, lett. c) c. p. a., dell’azione ex art. 116 c. p. a. proposta dal ricorrente principale, atteso che ogni documento oggetto dell’istanza ostensiva già formulata dal Raggruppamento secondo classificato era stato prodotto in giudizio dalla CUC, il Collegio, per ragioni di ordine logico, valutava nel merito ed in via prioritaria il ricorso incidentale proposto dall’aggiudicatario.
La Sezione, pertanto, respingeva l’eccezione di irricevibilità del ricorso incidentale, quale formulata dal ricorrente principale, atteso che il dies a quo di trenta giorni per la proposizione del ricorso ex art. 120, comma 2-bis c. p. a. – applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto di giudizio, sebbene l’intervenuta abrogazione della norma processuale (art. 1, commi 4 e 5 del D. L. n. 34/2019, conv., con modificazioni, nella L. n. 55/2019) – avrebbe dovuto essere comunque individuato nell’acquisizione, da parte del ricorrente incidentale, della piena ed effettiva conoscenza del provvedimento recante l’ammissione dell’OE concorrente e delle sottese ragioni (cfr. T. A. R. Puglia – Lecce, Sez. I, 10 ottobre 2019, n. 1546).
Soltanto la concreta ed effettiva disponibilità degli atti di gara oggetto delle pubblicazioni e degli avvisi, che l’art. 29, comma 1 del D. Lgs. n. 50/2016 prescrive entro i due giorni successivi alla pubblicazione dei provvedimenti sulle esclusioni e sulle ammissioni ex art. 120, comma 2-bis c. p. a., piuttosto che – come nel caso di specie – la mera enumerazione dei soggetti ammessi al confronto competitivo, sarebbe stata idonea ad avviare, invero, il decorso del termine prescritto dalla stessa abrogata disposizione processuale, in ragione compiuta conoscibilità dei detti provvedimenti da parte del ricorrente incidentale escludente, nel contemperamento dell’esigenza di effettività, riveniente dalla Direttiva 89/665/CEE, con il principio della certezza del diritto.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, infatti, ha precisato come la Direttiva 89/665/CEE, come modificata dalla Direttiva 2014/23/UE, ed in particolare i suoi artt. 1 e 2-quater, letti alla luce dell’art. 47 CDFUE, non osti ad una normativa nazionale, quale recata dall’abrogato art. 120, comma 2-bis c. p. a., che precluda ai soggetti interessati la facoltà di eccepire, nell’ambito di ricorsi diretti contro gli atti successivi ai provvedimenti delle Amministrazioni aggiudicatrici recanti l’ammissione degli offerenti alla gara – quali le decisioni di aggiudicazione -, l’illegittimità dei provvedimenti anteriori, quante volte l’impugnazione non sia stata proposta entro un termine di decadenza di trenta giorni dalla loro comunicazione; e purché tale decadenza sia opponibile ai suddetti interessati soltanto a condizione della effettiva conoscenza o conoscibilità, tramite detta comunicazione, dell’illegittimità dagli stessi lamentata (CGUE, Sez. IV, ord. 14 febbraio 2019, C-54/18, Cooperativa Animazione Valdocco Soc. Coop. Soc. Impresa Sociale Onlus).
Il Collegio, pertanto, ritenuto tempestivo e ricevibile il ricorso incidentale, dichiarava fondato il primo motivo di censura articolato in sede di ricorso incidentale, atteso che la documentazione di gara aveva reso evidente l’insussistenza, in capo ad ogni singola impresa componente il Raggruppamento secondo graduato all’esito del confronto competitivo, nonché ad ogni singolo subappaltatore annoverato nella terna indicata dallo stesso OE in sede di formulazione dell’offerta, della SOA per i lavori appartenenti alla categoria OS 18-B nella classifica V, prescritta dal Disciplinare di gara quale requisito di partecipazione alla procedura di affidamento.
La frazionabilità dell’appalto, nel limite del 30% delle opere che possono formare oggetto di subappalto e della divisibilità dello stesso, che l’art. 105, comma 5 del D. Lgs. n. 50/2016 prescrive per le opere contemplate dall’art. 89, comma 11 dello stesso Codice dei contratti pubblici, non importa, invero, la divisibilità, tra i subappaltatori designati nella terna, dei requisiti di qualificazione, che – nelle more dell’adozione della nuova disciplina in materia, prevista dall’art. 83, comma 2 del D. Lgs. n. 50/2016 – permane un profilo disciplinato dalla normativa di cui alla Parte II, Titolo III, Capi I, II e III del D. P. R. n. 207/2010, medio tempore applicabile (art. 216, comma 4, D. Lgs. n. 50/2016).
L’atto regolamentare da ultimo richiamato, infatti, contempla un sistema di qualificazione distinto per importi, che deve essere applicato singolarmente a ciascuna impresa, sì da escludere che la mera sommatoria degli importi per i quali risultano qualificati i soggetti annoverati nella terna di subappaltatori, indicata dall’OE in sede di formulazione dell’offerta, possa coprire il requisito di qualificazione richiesto dalla SA, quale riveniente dall’importo dei lavori oggetto di affidamento in appalto (art. 61, D. P. R. n. 207/2010) (c. d. subappalto frazionato).
Risultava disattesa, pertanto, la ricostruzione ermeneutica prospettata dal ricorrente principale, che aveva dedotto come lo stesso Raggruppamento offerente sarebbe risultato comunque nella disponibilità della SOA per la categoria OS 18-B in V classifica, atteso che l’addizione, mediante il ricorso al c. d. subappalto frazionato, degli importi delle qualifiche (I e III bis) nel possesso dei membri della terna indicata in sede di offerta avrebbe consentito di superare l’importo previsto per la V classifica richiesta dalla legge speciale di gara, sebbene l’assenza del prescritto requisito di qualificazione in capo all’OE.
Il Collegio, inoltre, dichiarava assorbiti, per ragioni di ordine logico, gli ulteriori motivi di impugnazione articolati nel ricorso incidentale, comunque ritenuti infondati nel merito, attesa la necessaria prevalenza del cronoprogramma sulla relazione, ai fini del computo della tempistica per l’assegnazione del punteggio all’offerta cronologica, ed il carattere inconferente della censura inerente alla insufficienza del costo della manodopera quale dichiarato nell’offerta del secondo classificato.
D’altra parte, l’allegazione al DGUE, presentato dal Raggruppamento secondo graduato, della SOA, dalla quale risultava evidente la carenza del requisito in capo alla stessa società, infatti, avrebbe privato di ogni rilevanza la dichiarazione contraria resa nel documento unico di partecipazione alla gara, sì da non integrare una documentazione ovvero una dichiarazione non veritiera contemplata dall’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del D. Lgs. n. 50/2016 quale motivo di esclusione dalla procedura ad evidenza pubblica, come invece dedotto dal ricorrente incidentale con la proposizione di motivi aggiunti, del pari dichiarati assorbiti.
Del pari infondata risultava la censura del provvedimento di ammissione alla procedura selettiva del Raggruppamento secondo graduato in ragione dell’asserita violazione del richiamato art. 80, comma 5, lett. c) dello stesso Codice dei contratti pubblici, posto che la discrasia tra le informazioni recate dal DGUE presentato dall’OE e quanto attestato dalla SOA prodotta dallo stesso concorrente sarebbe risultata facilmente risolubile in favore di tale ultimo documento, sì da escludere la sussistenza di dichiarazioni false, fuorvianti ovvero di inadempimenti professionali di sorta.
Il Collegio, pertanto, esaminata l’eccezione di inammissibilità per tardività dei motivi aggiunti al ricorso principale, formulata dalla ricorrente incidentale e ritenuta infondata in ragione dell’assenza – nel sistema normativo recato dagli artt. 32 e 53 del D. Lgs. n. 50/2016 – della preclusione temporale contemplata dall’art. 79, comma 5-quater del previgente D. Lgs. n. 163/2006, disattendeva il primo motivo di censura articolato dall’OE ricorrente principale (Cons. Stato, Sez. III, 6 marzo 2019, n. 1540).
L’esplicitazione del costo del personale per le migliorie offerte in sede di Relazione integrativa di chiarimenti non avrebbe configurato, invero, una variazione dell’offerta, in quanto mera evidenziazione di detti importi, già esposti dal Raggruppamento aggiudicatario sin dall’inizio della procedura selettiva, lungi da una iniziale omissione e successivo inserimento ovvero che integrassero una modificazione dell’equilibrio economico dell’offerta.
La legittimità del provvedimento di aggiudicazione, d’altronde, sarebbe risultata confermata dalle conclusioni di affidabilità dell’offerta dell’OE affidatario, alle quali sarebbe pervenuto – in termini pienamente logici ed esaustivamente motivati – il RUP, con l’ausilio della Commissione e del Gruppo di progettazione, in sede di espletamento del sub procedimento valutativo da parte della P. A., che l’art. 95, comma 10 del D. Lgs. n. 50/2010 prescrive – in luogo della previsione di un motivo di esclusione del concorrente al quale sia imputabile la difformità dei dati – nelle ipotesi di eventuale incongruità nel costo della manodopera.
Il Collegio, pertanto, disattendeva gli ulteriori motivi di impugnazione articolati dal Raggruppamento secondo graduato e dichiarava la infondatezza del ricorso principale, soltanto parzialmente accolto con riferimento alla censura del provvedimento di aggiudicazione in punto di palese irragionevolezza dell’esito positivo della verifica di anomalia dell’offerta formulata dal Raggruppamento vincitore, con riferimento alla incompatibilità della stessa con la disciplina recata dalla L. R. n. 3/2002 in tema di contenimento e di riduzione dell’inquinamento acustico.
La CUC ed i Raggruppamenti temporanei interponevano distinti ricorsi in appello per la riforma della statuizione del Giudice di prime cure, oggetto di successiva riunione a mente degli artt. 70 e 96 c. p. a., in quanto connessi sotto il duplice profilo soggettivo ed oggettivo.
Ritenuta l’infondatezza del mezzo di impugnazione proposto dal ricorrente principale nel primo grado di giudizio e confermata la declaratoria di ricevibilità, in quanto tempestivo, del ricorso incidentale proposto dal Raggruppamento vincitore, la Sezione, con separata ordinanza di cui agli estremi dedotti in epigrafe, deferiva alla Corte di Giustizia UE la richiamata questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE.
Il rinvio pregiudiziale assume per oggetto la conformità al diritto comunitario dell’applicazione di una normativa nazionale ovvero di una sua interpretazione che precludano ai concorrenti in gara il ricorso al c. d. subappalto frazionato, onde acquisire il possesso dei prescritti requisiti di qualificazione di cui gli OE risultino carenti.
Secondo la prospettazione della CUC e dell’OE ricorrente principale nel primo grado di giudizio, la normativa nazionale, con precipuo riferimento all’art. 105, comma 5 del D. Lgs. n. 50/2016 ed all’art. 61 del D. P. R. n. 207/2010 e sulla scorta della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, non recherebbe alcuna limitazione al ricorso al c. d. subappalto frazionato, peraltro assente nel disciplinare di gara.
La giurisprudenza comunitaria, invero, ha precisato come, ai sensi dell’art. 44, comma 1 della Direttiva 2004/18/CE, una Amministrazione aggiudicatrice, nel richiedere ai candidati o offerenti di soddisfare livelli minimi di capacità economica e finanziaria, nonché di capacità tecniche e professionali, conformemente agli artt. 47 e 48 della stessa richiamata Direttiva, debba tenere conto del diritto che le stesse disposizioni – non contraddette dalla successiva Direttiva 2014/24/UE – riconoscono ad ogni OE in punto di affidamento – per un determinato importo e mediante il ricorso al subappalto – sulle capacità di altri soggetti, in disparte la natura dei legami con questi ultimi e purché dimostrino all’Amministrazione aggiudicatrice la disponibilità dei mezzi necessari per eseguire l’appalto (CGUE, Sez. V, 10 ottobre 2013, C-94/12; Id., Sez. I, 14 gennaio 2016, C-234/14; Id., Sez. III, 14 luglio 2016, C-406/14).
La disciplina recata dalla Direttiva, quale interpretata nella richiamata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, sviluppa i princìpi concorrenziali del diritto di stabilimento e della libera prestazione di servizi nel territorio degli Stati membri, enucleati negli artt. 49 e 56 TFUE, mediante il perseguimento, nei termini più ampi possibili, del favor partecipationis delle piccole e medie imprese al mercato degli appalti pubblici, che integra un obiettivo rafforzato, peraltro, dalla nuova disciplina del subappalto di cui agli artt. 63 e 71 della Direttiva 2014/24/UE (cfr. considerando 1, 41, 78, 100, e 105, Direttiva 2014/24/UE).
La riaffermazione di tali princìpi nella giurisprudenza della Corte internazionale, che involge non soltanto il subappalto, ma anche l’avvalimento, conferma l’assimilazione dei due istituti nella comune connotazione quali moduli organizzativi idonei, in chiave alternativa, a garantire l’ampliamento della possibilità di partecipazione alle procedure di affidamento anche a soggetti inizialmente privi dei requisiti di qualificazione, sebbene le pur obiettive differenze strutturali che intercorrono tra le due figure contrattuali (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. IV, 26 maggio 2014, n. 2675; Id., 13 marzo 2014, n. 1224; CGUE, Sez. V, 5 aprile 2017, n. 298).
(1) Il Collegio rileva, in via preliminare, come la fattispecie oggetto di giudizio involga una ipotesi di c. d. subappalto frazionato necessario ovvero qualificante, atteso che i lavori oggetto di affidamento in appalto, per i quali il disciplinare di gara prescriveva la certificazione SOA quale requisito di qualificazione per la partecipazione al confronto competitivo, integrano una determinata tipologia di opere specialistiche, sebbene risultino sussumibili in una categoria scorporabile di lavori, quale la categoria OS 18-B nella classifica V.
La peculiare tipologia delle opere alle quali si riferisce la certificazione SOA richiesta dal disciplinare di gara, pertanto, rendeva necessaria la c. d. qualificazione obbligatoria per gli OE che avessero preso parte al confronto competitivo, ovvero ne avrebbe precluso l’esecuzione diretta da parte dell’aggiudicatario quante volte questi risultasse privo della relativa qualificazione, in guisa da dover subappaltare la realizzazione dei lavori ad un altro soggetto che risultasse abilitato rispetto agli stessi lavori (cfr. art. 12, comma 2, lett. b), D. L. n. 47/2014, convertito nella L. n. 80/2014.
La sussunzione dei lavori oggetto di affidamento in appalto nella categoria delle opere specialistiche, dunque, importava una deroga al doppio e connesso binario, come divisato nel sistema normativo nazionale, secondo il quale vengono puntualmente definiti, dalla normativa di riferimento, i requisiti di partecipazione nel comparto dei lavori e che contempla la qualificazione rilasciata agli OE, nonché la concreta definizione – ad opera delle SA – dei requisiti prescritti ai fini della partecipazione alla procedura selettiva, in ragione delle caratteristiche del singolo affidamento e della necessaria indicazione della categoria di lavori prevalente ovvero scorporabile.
La categoria di lavori prevalente risulta integrata dalle opere che caratterizzano l’intervento da realizzare e che presentano un importo più elevato tra le varie categorie che ad esso concorrono, diversamente dai lavori non appartenenti alla categoria prevalente e, comunque, di importo superiore al 10% dell’importo complessivo dell’opera o del lavoro, ovvero di importo superiore ad € 150.000,00, che configurano la categoria di lavori scorporabili (art. 3, comma 1, lett. oo-bis) e oo-ter), D. Lgs. n. 50/2016).
Il principio generale, in ragione del quale – ai fini della partecipazione alla gara e dell’esecuzione dei relativi lavori – è sufficiente che il concorrente risulti qualificato nella categoria prevalente, in una classifica corrispondente all’importo totale dei lavori, sì che lo stesso OE possa eseguire lavorazioni anche relative alle categorie scorporabili – ancorché privo delle relative qualificazioni – ed il ricorso al subappalto assuma carattere meramente eventuale e facoltativo, alla stregua delle scelte operate dalla impresa concorrente, conosce una deroga, quindi, nelle ipotesi di categorie di lavori specialistiche.
Il Collegio, peraltro, precisa come il c. d. subappalto necessario, già contemplato dall’art. 118 del previgente D. Lgs. n. 163/2006, sebbene privo di corrispondenza in espresse disposizioni regolative nel nuovo Codice dei contratti pubblici, risulti configurato, nella giurisprudenza recenziore, quale istituto compatibile con l’attuale quadro normativo, nel quale permane vigente l’art. 12 del D. L. n. 47/2014.
Il richiamo del Giudice di appello è, segnatamente, ai commi 1 e 2 della disposizione, inerenti alle opere speciali, suscettibili di integrare l’oggetto di un c. d. subappalto necessario in favore di imprese nella disponibilità delle relative qualificazioni (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 agosto 2019, n. 5745; T. A. R. Lazio – Roma, Sez. II-bis, 6 marzo 2019, n. 3023; T. A. R. Piemonte – Torino, Sez. II, 17 gennaio 2018, n. 94; T. A. R. Campania – Napoli, Sez. I, 1 marzo 2018, n. 1336).
La giurisprudenza nazionale, d’altra parte, non reca spunti normativi ed interpretativi in tema di c. d. subappalto necessario frazionato ed ha chiarito come – in disparte le ipotesi di cui all’art. 105, comma 6 del D. Lgs. n. 50/2016, quale modificato dal D. L. n. 32/2019, convertito, con modificazioni, nella L. n. 55/2019 -, in sede di presentazione dell’offerta ed anche nelle ipotesi di c. d. subappalto necessario, ovvero allorché il concorrente non abbia il possesso della qualificazione nelle categorie scorporabili, non risulti necessaria l’indicazione nominativa dell’impresa subappaltatrice (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 20 agosto 2019, n. 5745; Cons. Stato, A. P., 2 novembre 2015, n. 9).
La Sezione ritiene che la normativa nazionale in tema di subappalto, nonché di categorie e di classifiche delle imprese, quale riveniente dall’art. 105 del D. Lgs. n. 50/2016 e dall’art. 61 del D. P. R. n. 207/2010, non rechino alcuna implicita limitazione all’appalto qualificante e frazionato.
Il comma 5 della richiamata disposizione del Codice dei contratti pubblici, mediante l’introduzione di un espresso divieto di suddivisione del subappalto – peraltro suscettibile di deroga quante volte sussistano “ragioni obiettive” – per le sole opere c. d. superspecialistiche (o SIOS) di importo superiore al 10% dell’intero appalto, integra una norma di carattere speciale, non applicabile, sulla base dell’interpretazione a contrario del dato testuale normativo, alle opere non sussumibili nella categoria SIOS ovvero di importo non superiore alla soglia prevista ex lege, come nella fattispecie oggetto di giudizio.
Il principio della acquisizione individuale, da parte di ciascuna impresa, della propria qualificazione SOA, enucleato nell’art. 61 del D. P. R. n. 207/2010, inoltre, non risulta incompatibile con la facoltà di un’impresa di fare affidamento sulle capacità altrui per la partecipazione ad una procedura evidenziale mediante il ricorso al subappalto, né risulta configurabile un divieto di soddisfare il requisito di qualificazione per una determinata categoria di opere mediante il ricorso al c. d. subappalto frazionato, ovvero attraverso la sommatoria dei requisiti di molteplici operatori economici.
Il Collegio precisa come le opzioni restrittive inserite nel D. Lgs. n. 50/2016 in tema di ricorso al subappalto – peraltro censurate, di recente, dalla Corte di Giustizia UE sotto diversi profili – rinvengano corrispondenza in molteplici limiti disfunzionali dell’istituto, quali già segnalati dallo stesso Giudice di appello nei pareri resi, rispettivamente, sul progetto di nuovo Codice dei contratti pubblici e sul decreto legislativo recante uno dei correttivi al Codice dei contratti pubblici (cfr. Cons. Stato, A. C. S., parere 1 aprile 2016, n. 855; Id, parere 30 marzo 2017, n. 782) (cfr. CGUE, Sez. V, 26 settembre 2019, C-63/18; Id., 27 novembre 2019, Sez. V, C-402/18).
L’identificazione del perimetro di applicazione del subappalto con la sola fase di esecuzione del contratto di appalto, piuttosto che con la fase di implementazione dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento – nella quale rileva il distinto istituto dell’avvalimento – sottrae il contratto ai controlli amministrativi che hanno luogo in sede di espletamento del confronto competitivo e rende possibile una sostanziale elusione dei princìpi dell’aggiudicazione mediante gara e della incedibilità del contratto, che, tuttavia, non esaurisce i profili di criticità della figura contrattuale.
L’assenza di verifiche preliminari sulla identità dei subappaltatori proposti nella terna indicata in sede di formulazione dell’offerta, nonché sui requisiti di qualificazione generale e speciale ex artt. 80 e 83 del D. Lgs. n. 50/2016, invero, configura il subappalto quale strumento di possibile permeazione del mercato delle commesse pubbliche da parte delle consorterie criminali, in disparte una prassi applicativa talora problematica dell’istituto.
I riflessi negativi in punto di corretta esecuzione del contratto, di qualità delle prestazioni rese e di rispetto della normativa che presiede agli interessi pubblici in materia ambientale, sociale e del lavoro, rivenienti dalla tendenza dell’appaltatore a realizzare il maggior lucro sulla parte del contratto affidata in subappalto, integrano, infatti, ulteriori rischi ai quali il ricorso all’istituto espone il mercato dei contratti pubblici.
Tale esposizione, peraltro, è ancora maggiore a causa della reiterata impostazione normativa che onera il concorrente in gara della indicazione generalizzata, sin dalla formulazione dell’offerta, dei lavori o delle parti di opere che lo stesso OE intende affidare in subappalto, sebbene circoscriva a più limitate ipotesi il necessario adempimento dell’obbligo di indicazione, già nella stessa offerta, del nominativo delle imprese subappaltatrici (art. 105, commi 4 e 6, D. Lgs. n. 50/2016).
Le richiamate ragioni di cautela risultano viepiù marcate nelle ipotesi di c. d. subappalto necessario, mediante il quale l’appaltatore è obbligato a subappaltare la realizzazione di una o più prestazioni contratto pubblico ad un’impresa che dispone dei requisiti necessari per l’esecuzione della pubblica commessa piuttosto che scegliere, come nell’ipotesi ordinaria del subappalto facoltativo, di subappaltare soltanto talune prestazioni ad un altro OE, in ragione della disponibilità in proprio di tutti i requisiti necessari per l’esecuzione del contratto pubblico, nonché di una valutazione discrezionale e di mera opportunità economica.
Il discrimen tra il subappalto e l’istituto dell’avvalimento, pertanto, deve essere identificato, altresì, nella esecuzione in proprio, da parte del subappaltatore, delle opere affidategli, sì da risponderne esclusivamente nei confronti della impresa subappaltante, quale sola responsabile nei confronti della SA, in luogo della responsabilità nei confronti della stessa SA che l’ausiliario – nelle applicazioni dell’istituto di cui all’art. 89 del Codice dei contratti pubblici e lungi dalla esecuzione dell’opera – assume unitamente al concorrente principale, che in tale guisa può integrare i requisiti necessari per la partecipazione al confronto competitivo di cui risulta carente (cfr. art. 80, commi 8 e 5, D. Lgs. n. 50/2016).
Le significative divergenze riscontrate nella disamina degli istituti in punto di regime di responsabilità dell’impresa ausiliaria e del suo ruolo nell’esecuzione dell’appalto, si attenuano, peraltro, nelle fattispecie di c. d. subappalto necessario, la cui applicazione configura un c. d. avvalimento sostanziale, in quanto assistito dall’obbligo della contestuale indicazione, in sede di gara, delle attività per le quali si ricorre al subappalto, nonché del nominativo dei subappaltatori e dei relativi requisiti (art. 105, comma 6, D. Lgs. n. 50/2016).
L’indicazione, già in sede di formulazione dell’offerta, della terna dei subappaltatori designati, che l’art. 105, comma 6 del D. Lgs. n. 50/2016 prescrive per gli OE che partecipino alle procedure di affidamento di contratti di appalto di importo pari o superiore alle soglie comunitarie ex art. 35 del D. Lgs. n. 50/2016, invero, rende possibile per le SA l’esperimento, in fase di gara, dei necessari controlli in ordine al possesso delle capacità tecnico-professionali ed alla assenza di motivi di esclusione (artt. 80 e 83, D. Lgs. n. 50/2016).
Le residuali differenze che permangono tra i due istituti anche nelle ipotesi di contratti di appalto di importo pari o superiore alle soglie comunitarie ex art. 35 del D. Lgs. n. 50/2016, rendono necessario indagare, peraltro, se le divergenze dei distinti regimi normativi impingano anche nella possibilità di frazionamento dei requisiti tra più imprese ausiliarie, quale facoltà che – non espressamente contemplata dalla disciplina in tema di subappalto – è prevista, in linea con gli indirizzi espressi dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, dal disposto dell’art. 89, comma 6 del vigente Codice dei contratti pubblici, che ammette il ricorso all”avvalimento di più imprese ausiliarie.
La giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, invero, ha riconosciuto in capo agli offerenti la facoltà di ricorrere al subappalto per l’esecuzione di un appalto quale possibilità in linea di principio illimitata, sebbene il diritto dell’Amministrazione aggiudicatrice di vietare, in conformità all’art. 25, comma 1 della Direttiva 2004/18/CE e per quanto riguarda l’esecuzione di parti essenziali dell’appalto, il ricorso all’istituto quante volte la valutazione delle offerte e la selezione dell’aggiudicatario non abbia reso possibile verificare le capacità dei subappaltatori (CGUE, Sez. V, 14 luglio 2016, C-406/14, Wroclawl).
Ogni diversa impostazione, che importi previsioni vetitorie, in termini generali ed indifferenziati, del ricorso al subappalto da parte dei concorrenti in gara, pertanto, non può essere condivisa, attesa la necessità che le limitazioni in materia di subappalto sottendano proporzionalmente considerazioni specifiche riferite al settore economico interessato dall’appalto, alla natura dei lavori oggetto di affidamento, nonché alle qualifiche dei subappaltatori (CGUE, Sez. V, 5 aprile 2017, C-298/15).
La normativa comunitaria richiamata retro, quale riveniente dalla Direttiva 2004/18/CE, non prescrive limitazioni aprioristiche ed astratte al ricorso al subappalto, che assolve ad una funzione positiva quale applicazione dei richiamati princìpi di parità di trattamento e di non discriminazione nei confronti degli OE, oltre che dei princìpi di libertà di stabilimento, di libera circolazione delle merci e dei capitali, di concorrenza e di proporzionalità.
La successiva Direttiva 2014/24/UE ha integrato tale impostazione – soltanto in parte recepita nell’ordinamento interno mediante l’art. 105, commi 6 e 13 del D. Lgs. n. 50/2016 – mediante l’introduzione di indicazioni di maggiore dettaglio, che riconoscono ai singoli Stati membri la possibilità di attribuire alle SA più ampi poteri di verifica e di controllo sui requisiti dei subappaltatori e di rendere questi direttamente responsabili nei confronti delle stesse SA in uno al diritto dell’OE alla retribuzione diretta da parte per le prestazioni rese in subappalto (cfr. art. 71, parr. III, VI, lett. a), Direttiva 2014/24/UE).
Il carattere innovativo delle richiamate disposizioni, che perseguono le finalità di una maggiore trasparenza e della tutela giuslavoristica – in precedenza appannaggio specifico della normativa recata dall’ordinamento interno – deve essere individuato nella configurazione delle prestazioni dedotte nel contratto di appalto quale oggetto – in termini tendenziali, completi ed incondizionati – di subappalto, oltre che nel pieno diritto, riconosciuto all’OE privo di determinati requisiti di qualificazione, di ricorrere alle capacità di terzi soggetti mediante il subappalto, in disparte la speculare esigenza della SA di valutarne la competenza, l’efficienza e l’affidabilità.
La Sezione, pertanto, rileva come le richiamate pronunce della Corte di Giustizia UE rechino una latitudine precettiva ed apparentemente estensibile ad ogni tipologia di rapporto ausiliario, assimilate nella funzione di rendere possibile, per l’OE concorrente in gara, l’affidamento sulle capacità di soggetti terzi, senza che assuma rilevanza la natura dei suoi legami con questi ultimi, anche nella forma del frazionamento ovvero del c. d. cumulo di capacità.
La Corte internazionale, d’altra parte, ha precisato come la previsione di limitazioni al ricorso al subappalto, ulteriori rispetto a quelle contemplate dall’ordinamento comunitario, non risultino coerenti ovvero proporzionate agli obiettivi perseguiti dalle Direttive comunitarie quante volte l’aggiudicatore possa verificare, come nelle fattispecie di c. d. appalto necessario, l’identità e l’idoneità dei subappaltatori interessati, in guisa da impedire l’intervento nella esecuzione dell’appalto di operatori economici terzi che integri i già richiamati profili di rischio per il mercato delle pubbliche commesse (CGUE, Sez. V, 26 settembre 2019, C-63/18; Id., 27 novembre 2019, C-402/18).
L’applicazione delle indicazioni ermeneutiche che si ricavano dalla giurisprudenza europea – in punto di ammissibilità di limitazioni proporzionate ed occasionali ad istituti espansivi della concorrenza, quali l’avvalimento ed il subappalto, in luogo di preclusioni generali ed astratte – anche nelle ipotesi di c. d. subappalto necessario, implicante l’obbligo di indicazione delle prestazioni da subappaltare e del nominativo dei subappaltatori, importa l’affermazione di un principio generale di frazionabilità dei requisiti qualificanti.
Soltanto la necessaria individuazione dei casi e dei limiti ostativi, oltre i quali la sicurezza e la qualità dell’opera pubblica potrebbero risultare compromesse in ragione dell’applicazione del meccanismo del frazionamento dei requisiti di qualificazione, quale rilevata dalla SA, potrebbe importare – in guisa analoga alle fattispecie nelle quali la legge speciale di gara richiede alle imprese ausiliarie ex art. 89 del D. Lgs. n. 50/2016 i c. d. requisiti di punta – una motivata deroga al richiamato principio generale, mediante la imposizione nella lex specialis della integrazione del livello minimo della capacità in questione da parte di un unico OE ovvero per il tramite di un numero limitato di operatori economici (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 2018, n. 678).
La Sezione, pertanto, dispone la sospensione del giudizio di appello in ragione del carattere dirimente, per la definizione del gravame, della questione pregiudiziale ex art. 267 TFUE deferita alla Corte di Giustizia UE e richiamata in epigrafe.
Avv. Marco Bruno Fornaciari