L’atto di acquisizione-sanante, generatore dell’obbligazione (e, quindi,del debito), è attratto nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione, e non rientra quindi nella gestione ordinaria, sia sotto il profilo contabile sia sotto il profilo della competenza amministrativa, se detto provvedimento ex art. 42-bis T. U. Espropriazione è pronunciato entro il termine di approvazione del rendiconto della Gestione Liquidatoria e si riferisce a fatti di occupazione illegittima anteriori al 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato (1) (Cons. Stato, A. P., 5 agosto 2020, n. 15).
Con la sentenza dedotta in rassegna il Collegio in composizione nomofilattica definisce la questione deferita dalla Sezione remittente in ragione dei difformi indirizzi registrati nella giurisprudenza con riferimento all’attribuzione del provvedimento di acquisizione-sanante ex art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001 (T. U. Espr.) alla competenza della gestione ordinaria dell’Ente locale ovvero dell’organo straordinario di liquidazione (breviter, OSL) (Cons. Stato, Sez. IV., ord. 20 marzo 2020, n. 1994) (cfr. Configurazione dell’indennizzo liquidato con il provvedimento di acquisizione sanante quale posta passiva del bilancio straordinario di liquidazione dell’Ente locale in dissesto finanziario).
Nella fattispecie oggetto di giudizio gli odierni appellati proponevano ricorso avverso il provvedimento di contenuto soprassessorio con il quale l’Amministrazione comunale aveva riscontrato l’istanza formulata dagli stessi ricorrenti, onde pervenire all’emanazione di un provvedimento che disponesse l’acquisizione-sanante ex art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001 delle aree di loro proprietà e già illecitamente occupate e trasformate.
I ricorrenti, pertanto, instavano contestualmente per la condanna del Comune alla cessazione immediata dell’illecito perpetrato, in guisa da rendere possibile la valutazione e la decisione dell’Amministrazione in ordine all’acquisizione-sanante non retroattiva o meno al patrimonio indisponibile dell’Ente dei terreni attinti dall’occupazione sine titulo, mediante l’adozione del provvedimento di cui all’art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001.
Costituitasi in resistenza l’Amministrazione comunale, il Giudice di prima istanza disattendeva, in via preliminare, l’eccezione di usucapione ex art. 1158 c. c., nonché dell’intervenuta prescrizione quinquennale di cui all’art. 2947 c. c. formulata dallo stesso Ente locale, atteso che il dies a quo nel computo del termine della prescrizione, che l’art. 2935 c. c. individua nel giorno a partire dal quale il diritto può essere fatto valere, sarebbe risultato integrato dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale del previgente art. 43 del D. P. R. n. 327/2001 (cfr. Corte cost., 8 ottobre 2010, n. 293).
Il Collegio, pertanto, con il conforto della giurisprudenza ivi richiamata, accoglieva nel merito la domanda impugnatoria e statuiva l’obbligo dell’Amministrazione comunale di attendere, entro il termine di 120 giorni dalla comunicazione telematica della sentenza, alla conclusione del procedimento avviato con l’istanza ex art. 42-bis, D. P. R. 327/2001, posto che il richiamato contenuto soprassessorio del provvedimento gravato avrebbe leso l’interesse pretensivo dei ricorrenti (T. A. R. Basilicata – Potenza, Sez. I, 19 maggio 2018, n. 340).
Gli originari ricorrenti, dunque, proponevano ricorso ex art. 117, comma 3 c. p. a., onde conseguire la nomina di un Commissario ad acta, posto che la mera comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’emanazione del provvedimento di acquisizione-sanante ex art. 42-bis T. U. Espr., adottata dall’Amministrazione comunale intimata successivamente alla pronuncia resa dal T. A. R. Basilicata con la sentenza n. 340/2018, lungi dall’adempimento al decisum giurisdizionale, avrebbe configurato l’inerzia dello stesso Ente locale.
L’Amministrazione comunale, peraltro, instava per il rigetto del ricorso, atteso che la documentazione integrale sarebbe stata trasmessa all’OSL, nominato in seguito al dissesto finanziario del Comune, già dichiarato con Delibera C. C., al fine dell’emissione del “provvedimento conferente“.
L’art. 252, comma 4 T. U. E. L., invero, statuisce che la nomina dell’OSL è disposta con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell’Interno. L’insediamento presso l’ente avviene entro cinque giorni dalla notifica del provvedimento di nomina.
Il Giudice dell’ottemperanza richiamava in via preliminare la giurisprudenza del Collegio, non priva di corrispondenza nelle pronunce del Consiglio di Stato, in ragione della quale i debiti ai quali si riferisce l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato di cui all’art. 259, D. Lgs. 267/2000 (T. U. E. L.) e la procedura di dissesto e riequilibrio finanziario sono integrati da quelli rilevati contabilmente nell’ambito degli esercizi finanziari precedenti all’anno in cui è intervenuta la dichiarazione del dissesto.
L’art. 254, comma 3 T. U. E. L., infatti, dispone che nel piano di rilevazione della massa passiva sono inclusi i debiti di bilancio e fuori bilancio di cui all’art. 194, verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, i debiti derivanti dalle procedure esecutive estinte, giusta l’art. 248, comma 2 dello stesso D. P. R. 327/2001, nonché i debiti derivanti da transazioni compiute dall’organo straordinario di liquidazione ai sensi del comma 7.
La disposizione da ultimo richiamata autorizza l’OSL a transigere vertenze giudiziali e stragiudiziali, relative a debiti sussumibili nelle fattispecie di cui al comma 3 dello stesso art. 254 T. U. E. L., mediante l’inserimento del debito riveniente dall’atto di transazione nel piano di rilevazione.
L’art. 5, comma 2 del D. L. 80/2004, convertito nella L. 140/2004 precisa, peraltro, come si intendono ricompresi nelle fattispecie contemplate dalle dal T. U. E. L. tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, sebbene accertati, in tesi con provvedimento giurisdizionale, nel torno di tempo successivo a tale data, ma, comunque, non oltre quella di approvazione del rendiconto della gestione di cui all’art. 256, comma 11 T. U. E. L.
Entro il termine di sessanta giorni dall’ultimazione delle operazioni di pagamento, invero, l’OSL è competente ad approvare il rendiconto della gestione ed a trasmetterlo all’organo regionale di controllo, nonché all’organo di revisione contabile dell’ente, al quale viene attribuito il riscontro della liquidazione e la verifica della rispondenza tra il piano di estinzione e l’effettiva liquidazione.
Il Collegio, pertanto, riteneva che la competenza all’adozione del provvedimento di acquisizione-sanante, assistito dall’indennizzo riconosciuto al proprietario dall’art. 42-bis, comma 1 T. U. Espr. e fonte di un’obbligazione in capo all’Amministrazione, dovesse essere attribuita alla gestione ordinaria dell’Ente locale in luogo dell’OSL.
La ricognizione del dato testuale dell’art. 252, comma 4 T. U. E. L., segnatamente il riferimento a “fatti ed atti di gestione“, invero, avrebbe dovuto essere inteso, in termini contabili, quale riferito al momento in cui il debito del Comune è divenuto certo, liquido ed esigibile piuttosto che alla data dell’evento-danno, ovvero alla data del compimento della fattispecie illecita.
Nel caso di specie, infatti, il titolo esecutivo integrato dal provvedimento di acquisizione-sanante di cui all’art. 42-bis T. U. Espr. invocato dai ricorrenti non sarebbe intervenuto nel torno di tempo successivo alla data contemplata dallo stesso art. 252, comma 4 T. U. E. L., in guisa da rendere necessaria la nomina di un Commissario ad acta nella persona del Prefetto territorialmente competente ovvero di un funzionario dallo stesso delegato (T. A. R. Basilicata – Potenza, Sez. I, 1 giugno 2019, n. 467).
Il Collegio, inoltre, autorizzava il Commissario ad acta ad attingere integralmente alle risorse disponibili, in disparte il procedimento di dissesto finanziario, relative all’anno in corso ovvero ai due anni successivi, nonché ad apportare al bilancio le modifiche in tesi necessarie mediante il ricorso ai poteri attribuiti al Consiglio Comunale ovvero a predisporre, con esclusivo riferimento alla provvista economica necessaria per l’attuazione della statuizione giurisdizionale, del piano di rateizzazione triennale contemplato dall’art. 194, comma 2 D. Lgs. 267/2000, munito dell’attestazione della copertura finanziaria di cui all’art. 151, comma 4 dello stesso T. U. E. L., mediante l’individuazione di somme diverse da quelle che non possono costituire oggetto di esecuzione forzata a mente dell’art. 159, comma 2 T. U. E. L.
L’art. 194 (“Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio“), comma 2 T. U. E. L., invero, statuisce che, per il pagamento, l’Ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso quello in corso, convenuto con i creditori.
L’Amministrazione comunale soccombente, pertanto, interponeva appello per la riforma della sentenza resa tra le parti dal Giudice dell’ottemperanza, atteso che la statuizione giurisdizionale, nella parte in cui dispone che il Commissario ad acta imputi al bilancio ordinario le somme necessarie a riconoscere il debito riveniente dall’adozione del provvedimento di acquisizione-sanante ex art. 42-bis T. U. Espr., avrebbe integrato un’illegittima imposizione alla P. A. di scelte amministrative.
Il richiamato profilo di censura, peraltro, non esauriva i motivi di gravame articolati da parte appellante, che deduceva, altresì, come la previsione della fonte di finanziamento per soddisfare il credito ex art. 42-bis, comma 1 T. U. Espr. dei proprietari delle aree oggetto di occupazione sine titulo, non risultasse necessaria in ragione della sentenza resa dal Giudice di prime cure, che aveva disposto il solo obbligo dell’Amministrazione di attendere alla definizione del procedimento avviato con l’istanza dei ricorrenti entro il termine di 120 giorni dalla comunicazione dello stesso provvedimento giurisdizionale.
L’occupazione illecita, sottesa all’istanza di adozione del provvedimento di acquisizione-sanante ex art. 42-bis T. U. Espr., inoltre, in quanto posta in essere prima della dichiarazione di dissesto intervenuta con la richiamata Delibera C. C., avrebbe dovuto essere sussunta, in ragione del disposto del richiamato art. 5, comma 2 del D. L. 80/204, nella competenza dell’OSL, quale fatto di gestione antecedente il 31 Dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, senza che potesse rilevare la mancata emissione del titolo esecutivo alla data della dichiarazione del dissesto ex artt. 246 ss. T. U. E. L.
La prospettazione di parte appellante, pertanto, postulava l’esegesi di precipuo carattere sostanziale assunta, anche sulla scorta delle osservazioni compiute dalla Corte costituzionale nella sentenza del 21 giugno 2013, n. 154, da un orientamento registrato nella giurisprudenza amministrativa, sebbene riferito a fattispecie nelle quali era intervenuta la previa emanazione di pronunce giurisdizionali amministrative passate in giudicato, quali l’annullamento degli atti di una procedura espropriativa ovvero l’accertamento di un’occupazione sine titulo, assistite dalla condanna alla restituzione del cespite, in disparte la facoltà di emanazione del provvedimento di acquisizione-sanante.
Il combinato disposto dell’art. 252, comma 4 T. U. E. L. e dell’art. 5, comma 2, D. L. 80/2004 importerebbe l’attribuzione alla competenza dell’OSL non soltanto delle poste passive pecuniarie già contabilizzate alla data della dichiarazione di dissesto ex artt. 246 ss. dello stesso D. Lgs. n. 267/2000, ma anche di tutte le svariate obbligazioni che, sebbene stricto iure intervenute successivamente, integrino, comunque, la conseguenza diretta ed immediata di “atti e fatti di gestione” pregressi alla dichiarazione di dissesto, già dichiarati illegittimi in sede giurisdizionale (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 8 luglio 2019, nn. 4737 – 4741, 4760 e 4776).
La Corte costituzionale, nella sentenza n. 154/2013 richiamata retro ha precisato, invero, come una norma che ancori ad una certa data il fatto o l’atto genetico dell’obbligazione è logica e coerente in funzione della tutela dell’eguaglianza dei creditori, senza che l’accertamento del credito intervenuto successivamente integri un discrimen ai fini dell’imputazione della posta pecuniaria passiva alla gestione ordinaria dell’Ente ovvero all’OSL, aliunde governata dalla mera casualità del momento in cui si forma il titolo esecutivo.
Il criterio di imputazione di una posta passiva pecuniaria alla gestione ordinaria piuttosto che all’OSL, pertanto, dovrebbe essere individuato nel nesso causale e funzionale che avvince l’attuale obbligazione all’illegittimo “atto o fatto di gestione” pregresso di cui all’art. 252, comma 4 T. U. E. L. ed all’art. 5, comma 2, D. L. 80/2004, in luogo del momento in cui si è strutturalmente realizzata la fattispecie costitutiva dell’obbligazione.
In tale guisa, un’obbligazione civilisticamente sorta ex novo successivamente alla intervenuta dichiarazione di dissesto ex artt. 246 ss. T. U. E. L., purché prima della gestione ordinaria mediante l’approvazione del rendiconto di gestione di cui all’art. 256, comma 11 dello stesso D. Lgs. 267/2000, dovrebbe risultare del pari attribuita alla competenza dell’OSL, in quanto comunque direttamente riveniente da un illegittimo “atto o fatto di gestione” antecedente al dissesto, del quale, nei termini dell’analisi economica del diritto, rappresenti il solo ed attuale riflesso pecuniario.
La Sezione remittente, inoltre, rileva come il dato testuale dell’art. 5, comma 2 del D. L. n. 80/2004 conforti un’esegesi delle disposizioni in commento che conferisca carattere integrale, generale ed omnicomprensivo alla competenza dell’OSL, quale riferita ad ogni proiezione debitoria attuale, tra le quali annoverare anche quelle sopravvenute ex novo, di “atti e fatti di gestione” antecedenti al dissesto, sì da concentrare in capo all’OSL, senza eccezione alcuna, ogni posta debitoria comunale comunque causalmente e funzionalmente derivante da opzioni e condotte gestionali anteriori al dissesto.
Secondo la richiamata impostazione ermeneutica, non priva di conforto nella ricognizione del dato testuale dell’art. 5, comma 2, D. L. 80/2004 che conferisce rilievo alla “correlazione” tra i debito e l’atto o il fatto di gestione anteriore al dissesto, non rilevano la qualificazione giuridica delle poste debitorie comunali, l’eventuale sopravvenienza al dissesto, nonché l’intervenuta emanazione, in proposito, di pronunce giurisdizionali.
La procedura di dissesto ex artt. 246 ss. T. U. E. L., peraltro, rinviene la propria ratio nell’esigenza di ricondurre l’Ente locale in bonis, mediante l’esclusione dal relativo bilancio di ogni posta debitoria comunque connessa alla condotta amministrativa pregressa, le cui attuali conseguenze negative, in termini patrimoniali e finanziari, impedirebbero altrimenti l’ordinata ripresa delle funzioni istituzionali dell’Ente.
D’altra parte, la molteplicità dei fini perseguiti ed i distinti blocchi normativi di riferimento rendono possibile che l’ordinamento giuridico ascriva al medesimo fatto della vita – quale, nel caso di specie, il provvedimento di acquisizione-sanante ex art. 42-bis T. U. Espr. – conseguenze giuridiche difformi; ovvero la configurazione quale atto autonomo della pregressa occupazione, dotato di efficacia ex nunc, con riferimento alle norme di relazione inerenti all’esercizio della potestà espropriativa, in luogo della qualificazione quale provvedimento funzionalmente “correlato ad un atto o fatto di gestione” pregresso, con riguardo alla disciplina contabile dell’Ente comunale dissestato.
Parte appellata, d’altra parte, deduceva come il provvedimento di acquisizione-sanante ex art. 42-bis T. U. Espr. avrebbe determinato una inedita posizione debitoria in capo al Comune, estranea alla competenza dell’OSL, atteso che la pregressa occupazione illecita delle aree di interesse avrebbe configurato, in realtà, un mero antefatto e presupposto del nuovo titolo acquisitivo, intervenuto all’esito di un procedimento espropriativo del tutto autonomo rispetto all’attività illecita già posta in essere dalla stessa Amministrazione.
La considerazione prioritaria del dato formale – in uno a considerazioni ancillari, quali l’effetto traslativo ex nunc e l’efficacia pro futuro che assistono il provvedimento di cui all’art. 42-bis, D. P. R. 327/2001 – importerebbe, pertanto, la configurazione del provvedimento di acquisizione-sanante di cui al T. U. Espr. quale costitutivo di una posta passiva prima inesistente, determinata ex novo e quantificata nell’importo, piuttosto che ricognitivo di un debito preesistente (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, ord. 22 luglio 2019, n. 5139; C. g. a., 31 luglio 2017, n. 367).
La Sezione remittente, peraltro, rilevava come, in termini sistematici, l’impostazione ermeneutica da ultimo richiamata recasse un palese effetto disincentivante, avverso all’interpretazione della connessa normativa “funzionalmente conforme” all’esigenza, che informa il T. U. Espr., di concentrare nell’istituto di cui all’art. 42-bis del D. P. R. 327/2001, le possibilità provvedimentali di recupero nell’alveo della legalità delle situazioni di occupazione illecita di fondi da parte della P. A.
I Comuni già attinti da una procedura di dissesto, invero, come tali connotati da condizioni finanziarie precarie, risulterebbero privi di ogni oggettivo interesse ad emanare un provvedimento idoneo a determinare una inedita situazione di stress finanziario (cfr. Cons. Stato, A. P. , 20 gennaio 2020, nn. 2, 3 e 4).
(1) Il Collegio in composizione nomofilattica aderisce al primo tra gli indirizzi di giurisprudenza già richiamati, atteso che la competenza dell’OSL risulta estesa non soltanto alle poste passive pecuniarie già contabilizzate alla data della dichiarazione di dissesto, ma anche ad ogni obbligazione che, sebbene stricto jure sorta in seguito, costituisca comunque la conseguenza diretta ed immediata degli “atti e fatti di gestione” richiamati dall’art. 252, comma 4 T. U. E. L. e dall’art. 5, comma 2, D. L. 80/2004.
La richiamata natura costitutiva dell’istituto dell’acquisizione-sanante, quale confermata dall’Adunanza Plenaria con la sentenza 20 gennaio 2020, n. 2, che ha escluso la rilevanza del risarcimento del danno ai fini dell’occupazione acquisitiva, non esclude, infatti, che il provvedimento di acquisizione-sanante ex art. 42-bis, D. P. R. 327/2001 rinvenga il proprio presupposto, a mente del comma 1 della stessa disposizione del T. U. Espr., nell’utilizzazione “di un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità“.
Il provvedimento di acquisizione-sanante di cui all’art. 42-bis T. U. Espr. – che deve recare, altresì, l’indicazione delle circostanze che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell’area e, se possibile, la data dalla quale essa ha avuto inizio (comma 4) – risulta certamente avvinto, pertanto, ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento giurisdizionale, nel torno di tempo successivo a tale data, giusta l’integrazione di cui all’art. 5, comma 2, D. L. 80/2004.
L’adozione del provvedimento di acquisizione-sanante ex art. 42-bis T. U. Espr., pertanto, postula, in chiave di interpretazione letterale, il positivo accertamento, quale presupposto di legittimità, delle “circostanze“, ovvero dei fatti, che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell’area, nonché dell’utilizzazione “di un bene immobile per scopi di interesse pubblico“, quali fatti necessariamente correlati al successivo atto amministrativo.
La competenza amministrativa all’adozione del provvedimento di acquisizione-sanante, invero, dovrà essere attribuita all’OSL in uno alla imputazione al Bilancio della Gestione Liquidatoria, sotto il profilo amministrativo-contabile, del titolo di spesa riveniente dallo stesso atto amministrativo, quante volte questo risulti emanato prima dell’approvazione del rendiconto della gestione ex art. 256, comma 11 T. U. E. L. (art. 5, comma 2, D. L. 80/2004).
Il Collegio, richiamata la giurisprudenza costituzionale, rileva come, anche sotto il profilo teleologico, la procedura di risanamento divisata dalle norme inerenti al dissesto recate dal Titolo VIII, Capi II-IV T. U. E. L. risulti informata all’esigenza di assicurare il ripristino degli equilibri di bilancio degli Enti locali in crisi, in guisa da impedire che debiti sostanzialmente imputabili alle precedenti gestioni amministrative confluiscano nella gestione corrente, onde assicurare, per il futuro, la sostenibilità finanziaria del bilancio (cfr. Corte cost., 21 giugno 2013, n. 154).
La ricognizione delle norme recate dal T. U. E. L., pertanto, rende evidente come, in disparte le modifiche apportate nel tempo con riguardo a singoli profili della procedura di risanamento, la creazione di una massa separata affidata alla gestione di un organo straordinario, distinto dagli organi istituzionali dell’Ente locale, permanga un principio generale della normativa, quale asse portante dell’intera disciplina che governa il dissesto.
In tale guisa, le poste passive riferibili a circostanze anteriori al riequilibrio del bilancio dell’Ente locale risultano attratte alla gestione dell’OSL, sebbene il relativo accertamento – in sede giurisdizionale ovvero amministrativa – sia intervenuto successivamente, ma comunque prima dell’approvazione del rendiconto della gestione di cui all’art. 256, comma 11 T. U. E. L.
Avv. Marco Bruno Fornaciari