Con la sentenza n. 543 del 24/03/2023, in accoglimento delle tesi della difesa del Comune (Prof. Aldo
Loiodice con l’Avv. Pasquale Procacci), il TAR Puglia Bari ha affermato i seguenti principi in materia di titoli
abilitativi e poteri di controllo ed inibitori degli enti locali relativamente alla installazione di canne fumarie.
“L’istante, non essendo proprietaria esclusiva del bene interessato dall’intervento non potrebbe mai, in
assenza di consenso degli altri titolari di diritti dominicali o di godimento compressi dall’opera, ottenere un
titolo edilizio autorizzatorio”.
“La canna fumaria preesistente risulta rimossa da numerosi anni, sicchè la sua realizzazione non può
considerarsi intervento di integrazione o mantenimento in efficienza, bensì di installazione ex novo;
la realizzazione del manufatto non può definirsi attività manutentiva ordinaria (art. 3 DPR 380/2001:
"interventi di manutenzione ordinaria", gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione,
rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in
efficienza gli impianti tecnologici esistenti;)”.
“Non è condivisibile l’assunto secondo cui l’amministrazione non disporrebbe del potere di ordinare la
rimozione di un manufatto di dimensioni non modeste, comportanti anche un apprezzabile impatto visivo
che incide sul decoro architettonico (la canna fumaria è lunga circa 5,50 mt) realizzato senza la dovuta CILA,
nel caso in cui esso risulti in contrasto con la disciplina urbanistico-edilizia vigente (come nel caso di specie,
atteso che l’art. 32 reg. com. tendenzialmente esclude la possibilità che siano esterne alle murature o
tamponature e richiede che siano prolungate per almeno un metro oltre il tetto o terrazza).
L’art. 6-bis, infatti, nel far salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della
disciplina urbanistico-edilizia vigente, non esclude l’assoggettabilità dell’intervento al generale potere di
vigilanza posto in capo al Comune dall’art. 27 DPR n.380/2001 (2. Il dirigente o il responsabile, quando
accerti l’inizio o l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o
da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi
pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e
successive modificazioni ed integrazioni, nonché in tutti i casi di difformità dalle norme urbanistiche e alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi),
mentre la sanzione pecuniaria è prevista solo nel caso in cui l’unica violazione riscontrata sia la mancata
comunicazione di inizio lavori (per opere che non siano in contrasto con le prescrizioni comunali).
La CILA, infatti, è un istituto di semplificazione che – a differenza di quanto si prevede per la SCIA e il
permesso di costruire – esclude l’assoggettamento degli interventi che ne costituiscono oggetto al controllo
sistematico da parte dell’amministrazione, ma non deroga al potere-dovere del Comune di vigilare sul
rispetto della normativa urbanistico-edilizia e di inibirne le violazioni.
Di seguito l’allegato alla sentenza –
TAR Puglia Bari – sentenza n. 543 del 24.03.2023