E’ rimessa all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione se, ai sensi dell’art. 5, comma 2, D. L. n. 80 del 2004, anche un atto di liquidazione di una somma, spettante a seguito della realizzazione di un’opera pubblica su un fondo altrui ed oggetto di un provvedimento di acquisizione-sanante, in un’epoca anteriore al dissesto dell’ente (recte, dopo il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, purché prima della chiusura della gestione straordinaria) rientri nella competenza dell’organo di liquidazione, perché direttamente correlata ad un illegittimo “atto di gestione” antecedente al dissesto (Cons. Stato, Sez. IV, ord. 20 marzo 2020, n. 1994).
Gli originari ricorrenti, proprietari di aree oggetto di occupazione e trasformazione da parte dell’Amministrazione comunale in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio artt. 8 ss. D. P. R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo Unico Espropriazioni) ovvero dichiarativo della pubblica utilità dei beni immobili ex art. 8, lett. b) dello stesso T. U. Espr., instavano per l’adozione di un provvedimento di acquisizione-sanante al patrimonio indisponibile del Comune dei fondi attinti dall’illecito permanente perpetrato dall’Amministrazione, giusta l’art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001.
Il Giudice di prima istanza, invero, adito dai proprietari per l’annullamento ex art. 29 c. p. a. del provvedimento di contenuto soprassessorio con il quale l’Amministrazione aveva riscontrato la istanza predetta, accoglieva il ricorso e, per l’effetto, statuiva l’obbligo del Comune soccombente di provvedere entro centoventi giorni, nell’osservanza dell’obbligo di conclusione del procedimento amministrativo, enucleato negli artt. 2, ss., L. 7 agosto 1990, n. 241 (T. A. R. Basilicata, Sez. I, 19 maggio 2018, n. 340).
Nella permanenza dell’inerzia dell’Amministrazione, quindi, gli originari ricorrenti adivano nuovamente il Giudice di prime cure in sede di impugnazione dell’inadempimento del Comune e di contestuale domanda della nomina di un commissario ad acta ex art. 117, comma 3 c. p. a.
L’Amministrazione comunale, costituita in resistenza, deduceva di aver già inviato all’organo straordinario di liquidazione, competente sotto il profilo della determinazione dell’indennizzo di cui all’art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001, tutta la documentazione necessaria per emettere il provvedimento conferente e concludeva per il rigetto del ricorso.
Nelle ipotesi di dissesto finanziario dei Comuni, come definito nell’art. 244, comma 1, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, recante il Testo Unico sugli Enti Locali (T. U. El.), infatti, l’organo straordinario di liquidazione, quale soggetto della procedura di risanamento ai sensi dell’art. 245, comma 1 dello stesso T. U. El., provvede, mediante l’applicazione dei rimedi contemplati dall’ordinamento, al ripiano dell’indebitamento pregresso dell’Ente locale (art. 245, comma 2, D.Lgs. n. 267/2000).
L’art. 252, comma 4 T. U. El., inoltre, assegna all’organo straordinario di liquidazione la competenza relativamente ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato di cui agli artt. 259 ss., D.Lgs. n. 267/2000, nonché relativamente alla rilevazione della massa passiva, alla acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risarcimento – anche mediante alienazione dei beni patrimoniali – ed alla liquidazione della stessa massa passiva.
L’art. 254, comma 3, D.Lgs. n. 267/2000, inoltre, precisa che nel piano di rilevazione della massa passiva sono inclusi, tra l’altro, i debiti di bilancio o fuori bilancio di cui all’art. 194 dello stesso T. U. El. – tra cui quelli derivanti da procedure espropriative, quale il procedimento di acquisizione-sanante ex art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001 oggetto della fattispecie di giudizio, o di occupazione d’urgenza – verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente quello dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato di cui agli artt. 259 ss., D.Lgs. n. 267/2000 (art. 254, comma 3, lett. a)).
Il piano di rilevazione della massa passiva annovera, altresì, i debiti derivanti dalle procedure esecutive estinte ai sensi dell’art. 248, comma 2, T. U. El. A seguito della dichiarazione di dissesto e fino alla emanazione del decreto con il quale il Ministro dell’Interno approva l’ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato (art. 261, comma 3), i termini per la deliberazione del bilancio sono sospesi (art. 254, comma 3, lett. b)).
La dichiarazione di dissesto, inoltre, funge quale dies a quo per la determinazione del torno di tempo nel quale, fino all’approvazione del rendiconto della gestione straordinaria di cui all’art. 256, comma 11 T. U. El., risulta precluso l’avvio ovvero il proseguimento di azioni esecutive nei confronti dell’Ente locale in dissesto per i debiti sussumibili nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione (art. 248, comma 2, D.Lgs. n. 267/2000).
Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione del dissesto, nelle quali siano scaduti i termini per l’opposizione giudiziale da parte del Comune, pertanto, sono dichiarate estinte dal Giudice (art. 630 c. p. c.), con inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese (art. 248, comma 2, ultimo periodo, D.Lgs. n. 267/2000).
Il Tar, pertanto, in senso conforme alla precorsa giurisprudenza del Collegio, accoglieva il ricorso e nominava il Commissario ad acta di cui all’art. 117, comma 3 c. p. a. nella persona del Prefetto territorialmente competente (T. A. R. Basilicata – Potenza, Sez. I, 1 giugno 2019, n. 467).
Il Collegio, invero, riteneva che non sussistesse la competenza dell’organo di gestione straordinaria del Comune anche con riferimento agli oneri economici e finanziari – quale l’indennizzo previsto dall’art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001 – rivenienti in capo all’Amministrazione dal provvedimento di acquisizione alla mano pubblica delle aree già oggetto di occupazione e di trasformazione irreversibile sine titulo.
In punto di fatto, il provvedimento di apprensione coattiva – quale titolo esecutivo agognato dai ricorrenti ai fini della liquidazione dell’indennizzo dovuto dall’Amministrazione per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale che l’invocato provvedimento ablatorio avrebbe potuto determinare (art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001) – non averebbe potuto essere considerato come venuto ad esistenza, in quanto attualmente non ancora adottato dal Comune resistente.
Il Giudice del silenzio, infatti, osservava come, ai sensi del combinato disposto dell’art. 5, comma 2, D. L. 29 marzo 2004, n. 80, convertito nella L. 28 maggio 2004, n. 140, e degli artt. 252, comma 4 e 254, comma 3, lett. a) T. U. El., i debiti, ai quali si riferisce l’ipotesi di bilancio riequilibrato e la procedura di dissesto e di riequilibrio finanziario, dovrebbero essere quelli rilevati contabilmente nell’anno in cui è stato dichiarato il dissesto (Cons. Stato, Sez. V, 11 ottobre 2016, n. 4183; T. A. R. Basilicata – Potenza, Sez. I, 19 febbraio 2018, n. 138; T. A. R. Basilicata – Potenza, Sez. I, 12 dicembre 2016, n. 1137; T. A. R. Basilicata – Potenza, Sez. I, 10 marzo 2016 n. 212).
La dizione “fatti ed atti di gestione” recata dal richiamato art. 252, comma 4, D.Lgs. n. 267/2000, invero, dovrebbe essere interpretata sotto il profilo contabile, senza potere essere riferita alla data di verificazione del danno-evento ex art. 2043 c. c., ovvero alla data del compimento della fattispecie illecita, piuttosto che al momento in cui il debito del Comune è divenuto certo, liquido ed esigibile.
L’art. 5, comma 2, D. L. n. 80/2004, infatti, precisa come, ai fini dell’applicazione degli artt. 252, comma 4 e 254, comma 3, D.Lgs. n. 267/2000, si intendano compresi nelle fattispecie ivi contemplate tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati – anche con provvedimento giurisdizionale – successivamente a tale data, ma comunque non oltre quella dell’approvazione del rendiconto della gestione straordinaria di cui al già richiamato art. 256, comma 11, D.Lgs. n. 267/2000.
Il Comune, quindi, interponeva ricorso in appello per la riforma del decisum del Giudice del silenzio, atteso che l’occupazione illecita dei beni immobili dei privati perpetrata dall’Amministrazione non sarebbe stata sussumibile nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione dell’Ente locale, in quanto posta in essere molti anni prima della dichiarazione di dissesto ex artt. 244 ss. T. U. El., tale da integrare un fatto di gestione antecedente il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato ex artt. 259 ss, D.Lgs. n. 267/2000.
Parte appellata, invero, costituita in giudizio, deduceva che il provvedimento di acquisizione-sanante di cui all’art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001 avrebbe configurato piuttosto una posizione debitoria inedita in capo al Comune appellante, estranea alla competenza dell’organo straordinario di gestione, in quanto la pregressa occupazione sine titulo, quale illecito perpetrato dall’Amministrazione, avrebbe integrato un mero antefatto e presupposto del nuovo titolo acquisitivo, emesso all’esito di un procedimento ablatorio del tutto autonomo.
(1) Secondo un primo indirizzo registrato nella giurisprudenza, il provvedimento di acquisizione-sanante di cui all’art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001 non potrebbe integrare un atto o fatto di gestione, che – se verificatosi entro il 31 dicembre dell’anno precedente quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato ex artt. 259 ss. T. U. El. – possa essere inserito nel piano di rilevazione della massa passiva di cui all’art. 254, comma 4 dello stesso Testo Unico sugli Enti locali, di competenza dell’organo straordinario di liquidazione, giusta l’art. 252, comma 4, lett. a), D.Lgs. n. 267/2000.
La necessaria considerazione prioritaria del dato letterale dell’art. 254, comma 3, lett. a) T. U. El., infatti, dovrebbe importare che soltanto il provvedimento di acquisizione-sanante – in quanto rimedio contemplato dall’ordinamento per porre rimedio all’illecito permanente perpetrato dall’Amministrazione – potrebbe rendere dovuto l’indennizzo di cui all’art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001, quale posizione debitoria del Comune, intesa come posta passiva di carattere pecuniario, che, in tal modo, diverrebbe certa, liquida ed esigibile (art. 474 c. p. c.).
Gli oneri associati alla adozione di un provvedimento di acquisizione-sanante ex art. 42-bis, T. U. Espr. successivamente alla dichiarazione di dissesto finanziario, ovvero dopo il termine previsto dall’art. 254, comma 3, lett. a) T. U. El., pertanto, quale atto costitutivo di una posta passiva prima inesistente piuttosto che atto ricognitivo di una sofferenza preesistente, non potrebbero che gravare sul bilancio ordinario dell’Ente locale.
Tale ermeneusi troverebbe conferma nell’effetto traslativo ex nunc del provvedimento di acquisizione-sanante al patrimonio indisponibile del Comune dei beni immobili del privato già illecitamente occupati dall’Amministrazione – peraltro sospensivamente condizionato alla prestazione dell’indennizzo, come determinato nell’art. 42-bis, comma 3, D. P. R. n. 327/2001 – e nella sua configurazione quale uno actu perficitur, che dispone pro futuro, giammai quale sanatoria del pregresso (cfr. C. G. A., 31 luglio 2017, n. 367; Cons. Stato, Sez. IV, 22 luglio 2019, n. 5139).
Un distinto orientamento pretorio, d’altra parte, attribuisce rilievo dirimente, al fine della compiuta definizione delle competenze attribuite all’organo straordinario di liquidazione, al nesso eziologico che avvince comunque l’obbligazione che gravi attualmente sull’Ente locale in dissesto – quale l’indennizzo ex art. 42-bis D. P. R. n. 327/2001 – all’illegittimo atto o fatto di gestione pregresso ascrivibile all’Amministrazione, come l’illecita occupazione e trasformazione irreversibile del bene immobile del privato, di cui la posta contabile passiva, nella prospettiva della Economic analysis of law (breviter, EAL), rappresenta un riflesso pecuniario.
La competenza dell’organo straordinario di liquidazione, pertanto, sarebbe estesa, in virtù della regola ricavata dal combinato disposto degli artt. 252, comma 4, lett. a) e 254, comma 3, lett. a), D. Lgs. n. 267/2000 e dell’art. 5, comma 2, D. L. n. 80/2004, oltre il perimetro tracciato dalla sole sofferenze già contabilizzate alla data della dichiarazione del dissesto, in quanto associate ad obbligazioni necessariamente già realizzate nei profili strutturali della relativa fattispecie costitutiva (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 aprile 2018, n. 2141; C. G. A., 5 novembre 2018, n. 700).
Tale esegesi, del resto, rinviene conferma decisiva nella giurisprudenza costituzionale, che ha affermato il carattere logico e coerente di una norma, quale quella recata dal richiamato combinato disposto, che – in una procedura concorsuale, tipica di uno stato di dissesto – ancòri ad una data certa il fatto o l’atto genetico dell’obbligazione civilistica, in quanto funge da presidio all’osservanza del principio di eguaglianza tra i creditori e come criterio necessario per la individuazione dei crediti imputabili alla gestione commissariale ovvero a quella ordinaria, aliunde affidata alla mera casualità del momento in cui si forma il titolo esecutivo, anche all’esito di una procedura giudiziaria di durata non prevedibile. D’altra parte, la determinazione di una data per distinguere le due gestioni avrebbe un valore soltanto relativo, né risulterebbe perseguito in modo efficace l’obiettivo di tenere indenne la gestione ordinaria dagli effetti deteriori del debito pregresso (Corte cost., 21 giugno 2013, n. 154).
La Sezione remittente, pertanto, deferisce al Collegio in composizione nomofilattica, ai sensi dell’art. 99, comma 1 c. p. a., la questione ermeneutica relativa all’art. 5, comma 2, D. L. n. 80/2004 richiamata in epigrafe, atteso il contrasto di giurisprudenza cui il punto di diritto ha dato luogo.
Il Giudice a quo, peraltro, precisa come risulti preferibile l’adesione alla esegesi di carattere spiccatamente sostanziale propugnata dall’ultimo tra gli indirizzi giurisprudenziali evocati, atteso che il significato generico e, comunque, non precipuamente tecnico-giuridico della dizione impiegata dall’art. 5, comma 2, D. L. n. 80/2004 attesta la più ampia estensione della competenza dell’organo straordinario di liquidazione, assunta quale ratio legis della norma de qua.
Il riferimento alla “correlazione” che deve avvincere i debiti agli atti e fatti di gestione anteriori alla dichiarazione di dissesto affinchè tali passività siano sussumibili, comunque, quali poste passive pecuniarie nel bilancio straordinario di liquidazione a mente degli artt. 252, comma 4 e 253, comma 4, lett. a), D. Lgs. n. 267/2000, infatti, dovrebbe importare il carattere integrale, generale ed omnicomprensivo delle attribuzioni dell’organo straordinario di liquidazione, estese a tutti i riflessi debitori attuali – in tesi, anche sopravvenuti ex novo – di atti e fatti di gestione anteriori al dissesto.
L’organo straordinario di liquidazione dell’Ente locale in dissesto finanziario ex artt. 244 ss. D.Lgs. n. 267/2000, dunque, concentrerebbe in proprio capo ogni posta debitoria comunale comunque eziologicamente e funzionalmente riveniente da opzioni e condotte gestionali anteriori al dissesto, in disparte la relativa qualificazione giuridica, l’eventuale sopravvenienza al dissesto e l’intervenuta emanazione di pronunce giurisdizionali.
La proposta ricostruzione ermeneutica risulta suffragata, sul piano teleologico, dalla finalità, sottesa alla procedura di dissesto finanziario, di riportare l’Ente locale in bonis, in guisa da consentirne il corretto ripristino nell’esercizio delle funzioni istituzionali, mediante la obliterazione delle attuali conseguenze deteriori, in termini patrimoniali e finanziari, degli atti e fatti di gestione anteriori alla dichiarazione di dissesto.
Il provvedimento di acquisizione-sanante al patrimonio indisponibile del Comune del bene già oggetto di occupazione e trasformazione sine titulo ex art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001, pertanto, assumerebbe la configurazione di atto autonomo dal pregresso illecito permanente perpetrato dall’Amministrazione, assistito da efficacia ex nunc con riguardo alle norme di relazione che presiedono all’esercizio della potestà espropriativa; e di provvedimento funzionalmente correlato ad un atto o fatto di gestione pregresso con riferimento alla disciplina contabile dell’Ente locale in dissesto, come risulta dal combinato disposto degli artt. 252, comma 4, lett. a) e 254, comma 3, lett. a), D.Lgs. n. 267/2000, nonché dell’art. 5, comma 2, D. L. n. 80/2004.
L’ordinamento giuridico, infatti, può attribuire al medesimo fatto della vita distinte conseguenze giuridiche, in ragione della configurazione difforme che il mutamento dei fini perseguiti e del blocco normativo di riferimento conferisce ad ogni singola fattispecie.
La Sezione remittente, oltretutto, rileva come, sul piano precipuamente sistematico, la finalità costitutiva immanente all’istituto dell’acquisizione-sanante ex art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001 – la sola figura che compendia la gamma delle opzioni provvedimentali ammesse dall’ordinamento giuridico per recuperare nell’alveo della legalità le situazioni di occupazione sine titulo da parte della P. A. – ne importa una interpretazione funzionalmente conforme, ovvero tale da non renderne oggettivamente disincentivato il ricorso.
Le condizioni di stress finanziario associate all’adozione di un provvedimento di acquisizione-sanante ex art. 42-bis, D. P. R. n. 327/2001, infatti, risulterebbero vieppiù gravose per i Comuni interessati da una procedura di dissesto finanziario ex artt. 244 ss. T. U. El. quante volte, secondo l’avversa ricostruzione interpretativa, i costi dell’acquisizione-sanante al patrimonio indisponibile del Comune della proprietà dell’immobile già occupato sine titulo venissero sussunti in capo alla gestione ordinaria dell’Ente locale.
Avv. Marco Bruno Fornaciari