L’applicabilità della disciplina sulla distanza dei fabbricati dalle strade di cui al combinato disposto degli artt. 16 del Codice della Strada e 26 del relativo regolamento di attuazione, è condizionata al verificarsi del seguente duplice presupposto: a) la delimitazione dei centri abitati prevista dall’art. 4; b) la classificazione delle strade, demandata ad appositi provvedimenti attuativi dall’art. 2, comma 2, che tuttavia ne individua le tipologie sulla base delle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, distinguendole in categorie da “A” (corrispondente alle autostrade) a “F bis” (itinerari ciclopedonali) (1) (Cons. Stato, Sez. II, 17 giugno 2020, n. 3900).
La sentenza di cui agli estremi dedotti in epigrafe definisce il ricorso in appello interposto dall’interessato per la riforma della sentenza del Giudice del primo grado di giudizio, che aveva respinto i motivi aggiunti al ricorso per annullamento proposto avverso il provvedimento adottato dall’Amministrazione comunale appellata e recante il diniego del permesso di costruire richiesto per l’ampliamento di un organismo edilizio ad uso commerciale ubicato nel territorio comunale.
L’Amministrazione comunale, invero, avrebbe fatto buon governo della normativa che disciplina la distanza dei fabbricati dalle strade, attesa la mancata osservanza – da parte dell’interessato ed in fase di edificazione del manufatto – della fascia di rispetto stradale, misurata, in sede di inquadramento della strada statale di riferimento a mente dell’art. 2 del D. Lgs. n. 285/1992 (c. d. nuovo Codice della strada), in metri trenta, quale distanza minima prescritta rispetto alle strade di tipo “C” dall’art. 4, comma 1 del D. M. LL. PP. 1 aprile 1968, applicabile in via transitoria, giusta l’art. 234, comma 5 D. Lgs. n. 285/1992.
La richiamata disposizione del Codice della strada, rubricata nelle “Norme transitorie relative al titolo II“, invero, statuisce che le disposizioni ivi richiamate – tra le quali l’art. 16 dello stesso Codice della strada, che prescrive le fasce di rispetto in rettilineo ed aree di visibilità nelle intersezioni fuori dei centri abitati – si applicano successivamente alla delimitazione dei centri abitati prevista dall’art. 4 (“Delimitazione del centro abitato“) ed alla classificazione delle strade prevista dall’art. 2, comma 2 (“Delimitazione e classificazione delle strade“). Fino all’attuazione di tali adempimenti si applicano le previgenti disposizioni in materia.
Con gli articolati motivi di gravame, l’appellante censurava la statuizione del Giudice di prime cure, in ragione del dedotto travisamento dei fatti, della errata applicazione degli artt. 1 (“Campo di applicazione delle presenti disposizioni“), 3 (“Distinzione delle strade“) e 4 (“Norme per le distanze“) del decreto ministeriale già richiamato, nonché della asserita disparità di trattamento, atteso che l’Amministrazione comunale appellata avrebbe assentito altri interventi edilizi, del pari connotati dalla mancata osservanza delle stesse regole in punto di distanza dei fabbricati dalle strade.
Parte appellante, inoltre, deduceva la natura edificabile del suolo – non soggetto all’applicazione del D. M. n. 1404/1968, in quanto oggetto delle previsioni recate dal Programma di fabbricazione, accluso al Regolamento edilizio approvato dal Consiglio comunale -, nonché il carattere superficiale dell’istruttoria della pratica edilizia, quale suffragato dal refuso evidenziato mediante la ricognizione del dato testuale della nota con la quale ANAS aveva fornito riscontro ai chiarimenti richiesti dal Dirigente comunale.
L’Amministrazione appellata, costituita con atto di stile, eccepiva in via preliminare l’inammissibilità dell’appello, in ragione della mancata articolazione di specifici motivi di censura idonei alla riforma della sentenza del primo grado di giudizio, nonché per la mancata costituzione del contraddittorio necessario nei confronti di ANAS, attesa l’insistita contestazione del contenuto recato da una nota della stessa Azienda, peraltro intervenuta all’esito di un palese errore materiale, che ne aveva escluso il richiamo quale presupposto del provvedimento impugnato.
La difesa civica, pertanto, versava in atti, in esecuzione della integrazione istruttoria disposta dal Collegio ed a supporto dell’eccezione di infondatezza dell’appello, la relazione con la quale il responsabile dell’UTC aveva chiarito in termini definitivi l’esatta ubicazione del terreno in relazione alla vigente disciplina urbanistica, in località nominativamente indicata in sede di individuazione dell’ambito territoriale disciplinato dal Programma di fabbricazione.
Il terreno di cui in controversia, peraltro, non sarebbe rientrato nella perimetrazione del centro abitato, per come divisata nello stesso Programma di fabbricazione, né in quella delle zone “A”, destinata agli edifici ad uso abitazione, ovvero “B”, per gli edifici industriali o commerciali, quali rivenienti dalla suddivisione del territorio di riferimento e per come rese visibili in termini grafici, mediante distinta evidenziazione cromatica, nella allegata planimetria.
L’Amministrazione comunale appellata, pertanto, confermava, anche in sede di memoria, come la fattispecie oggetto di giudizio importasse l’applicazione della distanza dalla fascia di rispetto stradale di cui al D. M. n. 1404/1968, quale correttamente applicato, atteso che la disciplina urbanistica dei lotti in questione non sarebbe stata riconducibile a quella pianificata.
Con atto successivamente depositato, parte appellante confermava le proprie tesi difensive e formulava istanza di sospensione del giudizio, in ragione della sussistenza della litispendenza con riferimento al procedimento attivato mediante proposizione dinanzi al G. O. di querela di falso avverso la relazione istruttoria del Comune, nella parte in cui il documento negava l’applicabilità del Programma di fabbricazione alle aree oggetto della fattispecie controversa.
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Il Collegio, respinta la richiesta di sospensione del processo ex art. 77, commi 2 e 4 c. p. a., declinava, altresì, le eccezioni di inammissibilità formulate dalla difesa dell’Ente, attesa la devoluzione al grado di appello degli stessi motivi di censura articolati nel ricorso di prime cure, sebbene in chiave critica rispetto alla sentenza impugnata, atteso che la pronuncia giurisdizionale non ne avrebbe adeguatamente sindacato la prospettazione in punto di fatto e di diritto.
Il riferimento al parere dell’ANAS, inoltre, quale oggetto di specifica censura ed in quanto superato dai successivi atti di amministrazione consultiva, sarebbe risultato inconferente in punto di necessaria costituzione del contraddittorio, peraltro mai invocato in precedenza e, nel caso di specie, avvenuto sulla scorta di una scelta effettuata dal Comune piuttosto che in ragione dell’osservanza di una data normativa in tema di ripartizione delle competenze, quale recata dall’art. 26 del D. Lgs. n. 285/1992.
L’Amministrazione dell’Ente, invero, dopo la decisione assunta in un primo momento ed in termini del tutto autonomi, aveva ritenuto necessario, in ragione dell’insistenza della parte, attendere l’adesione dell’Ente proprietario della strada alla propria tesi ricostruttiva, in quanto non congruente con il paradigma legislativo.
In punto di merito, la Sezione identifica il punto essenziale della fattispecie oggetto di giudizio nella corretta individuazione della disciplina applicabile in tema di distanza dei fabbricati dalla sede stradale, successivamente al varo del c. d. nuovo Codice della Strada di cui al D. Lgs. n. 285/1992.
La ricognizione del dato testuale dell’art. 234, comma 5 del D. Lgs. n. 285/1992, richiamato retro, rende evidente come l’applicazione della disciplina di cui al combinato disposto dell’art. 16 del D. Lgs. n. 285/1992 e di cui all’art. 26 del D. P. R. 16 dicembre 1992, n. 495, recante il Regolamento di esecuzione e di attuazione del Codice della Strada, postuli la sussistenza di un duplice presupposto, quale la delimitazione dei centri abitati di cui all’art. 4 dello stesso Codice della strada, nonché la classificazione delle strade.
L’art. 2, comma 8 del D. Lgs. n. 285/1992, peraltro, demanda tale ultimo adempimento all’adozione di specifici provvedimenti attuativi, sebbene ne individui le tipologie in ragione delle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, che ne importano la distinzione in categorie da “A”, nella quale risultano sussumibili le autostrade, ad “F-bis“, riferita agli itinerari ciclopedonali.
Nel torno di tempo anteriore all’adozione di tale normativa, peraltro, la disciplina che presiede alla distanza dei manufatti edilizi dal nastro stradale deve essere individuata nelle norme di cui al previgente D. M. n. 1404/1968, che prescrive la distanza minima dei fabbricati dalla sede stradale, quale oggetto di necessaria osservanza nell’ipotesi di edificazione al di fuori del perimetro dei centri abitati, in quanto contemplata dall’art. 19 della L. 6 agosto 1967, n. 765.
D’altra parte, la distinzione delle strade, contemplata dall’art. 3, comma 1 del D. M. n. 1404/1968 alla stregua del criterio della “loro natura” e delle “loro caratteristiche“, non può essere assimilata alla prospettazione di cui al D. Lgs. n. 285/1992, maggiormente articolata, sebbene la casuale coincidenza della sussunzione di alcune fattispecie concrete nella medesima tassonomia di cui alla stessa disciplina previgente.
La Sezione, invero, precisa come anche il richiamato art. 26 del D. P. R. n. 495/1992, nelle ipotesi di edificazione al di fuori dei centri abitati, come individuati dall’art. 4 dello stesso Regolamento di esecuzione e di attuazione, prescriva una distanza non inferiore a metri trenta quale criterio da osservare nella realizzazione di nuove costruzioni, nelle ricostruzioni successive a demolizioni integrali ovvero negli ampliamenti fronteggianti le strade.
Si tratta di una distanza lineare, esattamente corrispondente alla distanza contemplata dall’art. 4 del previgente D. M. n. 1404/1968 per l’omologa ed omonima categoria ivi contemplata.
La possibilità di sovrapposizioni tra le distinte nomenclature risulta maggiore a fortiori nelle ipotesi di tipologie nominalistiche, quali la “C” di cui all’art. 3 (“Strade di media importanza“) del D. M. n. 1404/1968, connotate da una più marcata genericità di inquadramento, in guisa da annoverare nel proprio alveo strade statali, provinciali e finanche comunali, alla condizione che rechino dimensioni consistenti.
Il Collegio, peraltro, rileva come l’Amministrazione Comunale appellata abbia omesso la dovuta considerazione di una siffatta differenza concettuale, atteso che l’utilizzazione, a fini classificatori, delle inedite indicazioni legislative rivenienti dal nuovo Codice della strada, in uno al recupero – nel diverso contesto disciplinato dalla normativa previgente di cui al D. M. n. 1404/1968 – della sussunzione della fattispecie nella medesima tipologia “C”, rende evidente un salto logico argomentativo nel procedimento che ha preceduto il diniego di rilascio del titolo edilizio, in disparte ogni minima analisi, anche semplicemente descrittiva, dello stato dei luoghi.
La necessaria osservanza della vigente normativa urbanistica locale, invero, avrebbe reso necessario che l’Amministrazione comunale appellata, in sede di classificazione della strada statale nella categoria “C”, anche ove ammissibile, a mente dell’art. 2 del D. Lgs. n. 285/1992 ovvero dell’art. 3 del previgente D. M. n. 1404/1968, peraltro neppure oggetto di richiamo descrittivo da parte dell’Ente locale, attendesse alla verifica del regime edificatorio dell’area.
La Sezione, infatti, precisa come la salvaguardia dell’autonomia programmatoria in materia urbanistica degli Enti territoriali, mediante il condizionamento rigoroso ovvero più rigoroso del regime delle distanze all’esistenza o meno di una disciplina edificatoria, integri una tra le ragioni sottese alla disciplina attuale ed a quella previgente in tema di distanze dei fabbricati, sebbene la difforme previsione di cui, rispettivamente, all’art. 26, comma 3 del D. P. R. n. 495/1992 ed all’art. 1 del D. M. n. 1404/1968.
La prima disposizione, prescrive, in relazione alle strade sussumibili nella tipologia “C”, la minore distanza di metri dieci nelle fattispecie di edificazione al di fuori dei centri abitati, come delimitati ai sensi dell’art. 4 del D. Lgs. n. 285/1992, sebbene all’interno delle zone contemplate quali edificabili ovvero trasformabili dallo strumento urbanistico generale, quante volte lo stesso atto amministrativo sia idoneo a ricevere diretta applicazione ovvero se, per tali zone, risultino già esecutivi gli strumenti urbanistici attuativi.
D’altronde, i centri abitati e gli insediamenti previsti dai P. R. G. e dai Programmi di fabbricazione risultano esclusi in termini generali dal perimetro di applicazione dell’art. 1 del D. M. n. 1404/1968, come risulta dalla ricognizione del dato testuale della stessa norma previgente.
Avv. Marco Bruno Fornaciari