Articolo già edito su La Gazzetta del Mezzogiorno Diritto&Economia – La Bilancia e il Bilancio- Rubrica di approfondimento giuridico ed economico cartacea e web https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/la-bilancia-e-il-bilancio/1292192/ex-ilva-per-i-giudici-di-palazzo-spada-si-deve-continuare-l-attivita-produttiva.html
Avv. Lucia Di Ciommo (Foro di Bari- Studio Legale Loiodice)
Il Consiglio di Stato, all’esito della camera di consiglio dell’11 marzo 2021, con ordinanza n. 1275/2021, ha disposto la sospensione della sentenza del TAR Lecce n. 249/2021, statuendo che lo stabilimento siderurgico non dovrà spegnere gli impianti dell’area a caldo così come indicato dall’ordinanza del Sindaco di Taranto.
Dal confronto tra i contrapposti interessi tra le parti sui cui si riversa la vicenda giudiziaria, sono emersi come attuali e prevalenti diversi profili di danno che deriverebbero agli impianti in caso di spegnimento dell’area a caldo e “probabilmente irreversibili” in tempi così brevi e senza seguire le necessarie procedure di fermata in sicurezza. Il caso era stato sollevato dal Sindaco mediante l’ordinanza n. 15 del 27 febbraio 2020, con la quale, al fine di porre rimedio ad una situazione di grave rischio sanitario per la popolazione, aveva ordinato di individuare gli impianti interessati dai fenomeni emissivi e di eliminare le relative anomalie. Invero, dura è stata la presa di posizione del primo cittadino tarantino che, proteso a perseguire la sospensione dell’attività siderurgica, aveva segnalato diversi episodi di emissioni odorigene dovute ad alcune criticità del sistema di polverizzazione del camino E312.
L’ordinanza sindacale impugnata specificava che “tali emissioni, percepite in città hanno provocato un forte odore diffuso in particolare nei quartieri Tamburi, Borgo città vecchia”, nonché: “…le attuali e persistenti criticità di carattere emissivo, non escludono possibili conseguenze di natura sanitaria e producono sempre più insistentemente situazioni di estremo disagio sociale, oltre che diffusa preoccupazione ed esasperazione della popolazione che vede minacciata la propria salute specie delle fasce più deboli”.
Ciononostante, tali evidenze sono state contraddette dalla multinazionale franco- inglese ArcelorMittal, secondo la quale tali eventi emissivi erano riconducibili ad una problematica diversa, concernenti un malfunzionamento del mezzo adibito alla bagnatura/filmatura che l’impresa non aveva provveduto a gestire. Alla base dell’ordinanza vi erano gli esiti derivanti dall’attività di studio e monitoraggio nell’area tarantina che hanno evidenziato il diretto rapporto causale tra gli inquinanti rame, mercurio e naftalene, sussumibili per inalazione, con numerose patologie oncologiche.
Il focus della vicenda oggetto di giudizio coinvolge tematiche di grande rilievo e principi anche costituzionali dal difficile bilanciamento: la tutela del diritto alla salute e le attività industriali che sollecitano molteplici interessi economici. Dunque, l’ultima parola spetterà al Consiglio di Stato che nella prossima udienza di trattazione del merito, fissata per il 13 maggio 2021, certamente dovrà definire il delicato rapporto tra i diritti apparentemente antagonisti nella fattispecie de qua.