Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, sezione III, chiede alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di chiarire pregiudizialmente, ai fini della decisione della presente controversia, se gli artt. 91, 92 e 93 del Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, nella parte in cui non prevedono il contraddittorio endoprocedimentale in favore del soggetto nei cui riguardi l’Amministrazione si propone di rilasciare un’informazione-antimafia-interdittiva, siano compatibili con il principio del contraddittorio, così come ricostruito e riconosciuto quale principio di diritto dell’Unione (T. A. R. Puglia – Bari, Sez. III, ord. 13 gennaio 2020, n. 28).
Il Collegio richiama in primo luogo la ratio sottesa alla disciplina che presiede all’adozione della documentazione antimafia da parte dell’Autorità prefettizia territorialmente competente, individuata in un’esigenza di salvaguardia dell’ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della P. A., altrimenti compromessa dalla instaurazione di rapporti contrattuali con operatori economici la cui organizzazione ed i cui indirizzi risultino condizionati dalle consorterie criminali.
La Sezione precisa come nella giurisprudenza amministrativa sia costante la qualificazione dell’ informazione-antimafia-interdittiva quale misura di natura cautelare e preventiva, nella prospettiva di un contemperamento tra le esigenze implicate dalla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e della libertà di iniziativa economica riconosciuta dall’art. 41 Cost. (cfr. Cons. Stato, A. P., 6 aprile 2018, n. 3; Cons. Stato, Sez. III, 13v agosto 2018, n. 4938; Cons. Stato, Sez. III, 6 marzo 2019, n. 1553).
L’informazione-antimafia-interdittiva di cui all’art. 84, comma 3 del d.lgs. n. 159 del 2011, specialmente nell’ipotesi di scrutinio positivo in ordine alla sussistenza dei tentativi di infiltrazione criminale nelle società o nelle imprese interessate, attenderebbe infatti alla funzione di anticipare la soglia della difesa sociale, in guisa da garantire una forma di tutela avanzata avverso l’influenza delle organizzazioni mafiose sulle scelte e sugli indirizzi degli operatori economici, anche sub specie di tentativo di condizionamento.
Il Giudice amministrativo, tuttavia, non condivide siffatta qualificazione dell’informazione-antimafia-interdittiva, atteso che il carattere definitivo e conclusivo, giammai transeunte, dei loro effetti – quali l’esclusione dell’impresa che vi è attinta dal circuito economico, il recesso o la risoluzione che intervenga nel rapporto contrattuale con la P. A. ovvero il ritiro di un titolo pubblico – ne confortano la configurazione quale atto conclusivo del procedimento amministrativo, suscettibile di determinare la dissoluzione della relazione economica tra l’impresa interessata e la P. A..
La disciplina del procedimento amministrativo propedeutico al rilascio dell’informazione-antimafia-interdittiva di cui all’art. 92, comma 2 del d.lgs. n. 159 del 2011 – pur in presenza dei richiamati considerevoli effetti negativi nella sfera giuridica del soggetto destinatario del provvedimento inibitorio – non ne contempla invece alcuna forma di contraddittorio con l’Amministrazione, in disparte l’ipotesi di audizione della società o dell’impresa interessata – con finalità istruttoria e meramente eventuale – quante volte l’Autorità prefettizia territorialmente competente emetta l’informazione-antimafia-interdittiva entro quindici giorni dall’acquisizione della relazione del gruppo interforze (art. 93, comma 4 del d.lgs. n. 159 del 2011).
Il Tar, pertanto, chiarisce come l’informazione-antimafia-interdittiva, in realtà, non sia annoverabile tra i provvedimenti di carattere interinale e cautelare per i quali il legislatore nazionale consente di escludere, in via generale, l’applicazione della partecipazione al procedimento amministrativo assicurata dalla l. n. 241 del 1990, atteso che il soggetto attinto dalla misura inibitoria non dispone di alcuna possibilità di perseguire strategie di carattere elusivo o di attuare condotte ostruzionistiche con l’intento di sottrarsi al provvedimento conclusivo.
Il Giudice amministrativo assume gli elementi fattuali c. d. a condotta libera (cfr. art. 91, comma 6 del d.lgs. n. 159 del 2011) – ulteriori rispetto a quelli tipizzati dal legislatore nell’art. 84, comma 4 – eventualmente sottesi alla valutazione compiuta dall’Autorità amministrativa ed il carattere estrinseco del sindacato demandato al G. A. sull’esercizio del potere prefettizio quali indici dello speciale rilievo ed importanza rivestiti dalla guarentigia partecipativa del privato nel procedimento amministrativo che precede l’emanazione dell’informazione-antimafia-interdittiva.
Ad avviso del Collegio, infatti, l’applicazione della partecipazione procedimentale in tale procedimento può offrire all’Autorità amministrativa competente, pur in presenza di elementi o indizi sfavorevoli all’impresa attinta dalla misura inibitoria, prove ed argomenti utili ad una sua liberatoria, più difficilmente ricompresi nel fuoco dello scrutinio successivo riservato al G. A., privo di un carattere ab estrinseco che trascenda l’apprezzamento della ragionevolezza e della proporzionalità della prognosi inferenziale condotta dall’Amministrazione.
La Sezione, pertanto, sulla scorta dell’art. 41, comma 2, lett. a) della CDFUE, che riconosce il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio, ricorda il carattere endoprocedimentale – da far valere all’infuori del diritto di difesa nel processo giurisdizionale – del principio del contraddittorio, riconosciuto dal diritto dell’Unione Europea in termini precisi ed in maniera incondizionata, come tale capace di autoaffermarsi nei rapporti tra cittadino e P. A..
Avv. Marco Bruno Fornaciari