Cass., S. U., 5 aprile 2019, n. 9680
Ai sensi dell’art. 1, comma 1, primo inciso, della legge n. 20 del 1994, con riferimento ad una sentenza con cui la Corte dei Conti abbia ritenuto la responsabilità del sindaco e degli assessori comunali e di un funzionario in relazione alla conclusione, rivelatasi dannosa, di un’operazione di finanza derivata (del tipo “Interest Rate Swap”, con clausole “Floor” e “Cap”) in funzione di un’esigenza di c.d. ristrutturazione del debito comunale ai sensi dell’art. 41 della legge n. 448 del 2001 e norme attuative, è inammissibile il motivo di ricorso con il quale si censuri la decisione del giudice contabile per pretesa invasione della sfera della discrezionalità dell’amministrazione e, quindi, per eccesso di potere giurisdizionale, lamentando l’erroneità della valutazione con la quale il giudice contabile, per affermare la responsabilità, abbia proceduto a sindacare l’operato del funzionario e degli amministratori comunali, addebitando rispettivamente: al primo di avere concluso il relativo contratto senza avere esperienza sulle operazioni derivate e senza avvalersi di una preventiva consulenza sul contenuto del contratto, ed agli amministratori di avere consentito la stipula del contratto e di aver adottato la deliberazione senza rispettare i pareri previsti dall’art. 49 del d.lgs. n. 267 del 2000. L’inammissibilità del motivo è giustificata perché la censura, come prospettata, inerisce ad una valutazione che il giudice contabile ha effettuato sull’azione del funzionario e degli amministratori secondo i criteri di efficacia ed economicità di cui all’art. 1 della legge n. 241 del 1990 e, dunque, secondo parametri di legittimità che la collocano all’interno della giurisdizione contabile e non esprimono un sindacato del merito delle scelte discrezionali dell’amministrazione, di cui al citato art. 1 della legge n. 20 del 1994, come tale fonte del prospettato eccesso di potere giurisdizionale (conf. Cass., S. U., 1376/2006; 5490/2014; 6820/2017).
Avv. Marco Bruno Fornaciari