In tema di scioglimento per mutuo consenso, ai sensi dell’art. 1372 c.c., comma 1, del contratto di leasing-traslativo, non trova applicazione – neppure analogica – la disposizione dell’art. 1526 c.c. che prevede il ripristino delle originarie posizioni delle parti contraenti attraverso la restituzione all’utilizzatore delle rate versate ed il riconoscimento al concedente del diritto all’equo compenso per l’uso del bene, difettando nel caso di accordo solutorio l’indefettibile presupposto legale dell’inadempimento imputabile a colpa dell’utilizzatore che determina la risoluzione del contratto, atteso che i contraenti – nell’esercizio della loro autonomia negoziale – hanno valutato confacente ai propri interessi non dare ulteriore seguito alla esecuzione del rapporto obbligatorio, ritenendosi soddisfatti dalla parziale attuazione del contratto. In tal caso il contratto solutorio puro – che non contenga ulteriori disposizioni concernenti il rapporto estinto – produce quale unico effetto quello della liberazione delle parti contraenti dall’obbligo di eseguire le ulteriori prestazioni ancora dovute in virtù del precedente contratto (Cass., Sez. III Civ., 31 ottobre 2019, n. 27999).
Richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale che distingue tra leasing di puro godimento e c. d. leasing-traslativo e ribadito il principio di diritto secondo cui soltanto alla seconda figura negoziale trova applicazione, in via analogica ed in assenza di diversa pattuizione dei contraenti, lo statuto della vendita con riserva della proprietà e, dunque, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento dell’utilizzatore, anche le disposizioni dell’art. 1526 c.c., da ritenersi inderogabili in pejus, il Collegio rammenta come il comma 2 della disposizione de qua, richiamato espressamente dal comma 3, riservi alle parti contraenti ampi margini di discrezionalità nella definizione degli accordi restitutori in caso di risoluzione del contratto per inadempimento imputabile a colpa dell’utilizzatore, anche in deroga alla disciplina del comma 1.
Il riferimento è alla facoltà di stipula di una clausola penale, in relazione alla quale al Giudice è conferito il potere di reductio ad aequitatem della indennità convenuta ed al criterio di contemperamento fondato sulla valutazione del risultato negoziale programmato dalle parti, andato deluso dalla anticipata risoluzione del contratto, di cui all’art. 1526, comma 1 c. c..
Il Collegio, quindi, non aderisce alla tesi principale di parte ricorrente secondo cui la risoluzione del contratto di c. d. leasing-traslativo imporrebbe sempre e comunque la integrale restituzione di tutti i canoni corrisposti dall’utilizzatore.
Tuttavia, nel c. d. leasing-traslativo permane il sindacato del giudice sull’equilibrio contrattuale ex art. 1526 c. c. quante volte si verifichino eventuali sperequazioni determinate a seguito di clausole di risarcimento forfetario del danno, negato alla radice in assenza della responsabilità per colpa dell’utilizzatore per danno patrimoniale risarcibile ai sensi dell’art. 1218 c.c., presupposto indefettibile per dare corso alla applicazione dell’art. 1526 c.c.
In tema di risoluzione consensuale del contratto, infine, il Giudice di legittimità precisa come lo scioglimento per mutuo dissenso, in difetto di diversa specifica pattuizione negoziale, non opera retroattivamente, a differenza di quanto previsto dalla legge nell’ipotesi di risoluzione per inadempimento (art. 1526 c. c.); e come alla cessazione del rapporto non consegue il ripristino dello status quo ante, che deve ritenersi piuttosto implicitamente escluso per effetto della globale valutazione compiuta dalle parti all’atto della caducazione dell’accordo.
La concorde volontà delle parti, infatti, realizza la ritrattazione bilaterale del negozio e dà vita ad un nuovo contratto, di natura solutoria e liberatoria, con contenuto eguale e contrario a quello del contratto originario. Dopo lo scioglimento, quindi, le parti non possono invocare cause di risoluzione per inadempimento relative al contratto risolto, atteso che ogni pretesa od eccezione può essere fondata esclusivamente sul contratto solutorio e non su quello estinto.
Avv. Marco Bruno Fornaciari