A differenza di quanto previsto in rapporto alla cosiddetta discrezionalità amministrativa, corrispondente alla scelta della soluzione ritenuta più opportuna, per il soddisfacimento dell’interesse pubblico (adeguatamente bilanciato con ogni altro interesse rilevante), nel caso concreto, ove debba esercitarsi una discrezionalità-tecnica l’esercizio del potere richiede non una scelta di opportunità, ma l’esatta valutazione di un fatto secondo i criteri di una determinata scienza o tecnica. Il limite al controllo del giudice, in tale ultima fattispecie, coincide con l’oggetto del controllo stesso, tenuto conto della relatività e opinabilità delle valutazioni scientifiche, in rapporto alle quali l’erroneità – ove non esattamente individuabile – si traduce in non attendibilità (T. A. R. Lazio, Roma, Sez. III, 21 novembre 2019, n. 13399).
Nella fattispecie oggetto di giudizio la ricorrente impugnava i provvedimenti che avevano determinato la propria non ammissione alla prova orale di una procedura selettiva pubblica e ne deduceva, inoltre, l’eccesso di potere per manifesta illogicità, evidente irrazionalità e radicale travisamento dei fatti, con conseguente grave disparità di trattamento nella correzione degli elaborati scritti, atteso che l’esperimento del diritto di accesso agli atti del concorso avrebbe reso evidente il carattere inattendibile e contraddittorio del giudizio espresso dalla commissione sulle prove concorsuali in sede di esercizio della c. d. discrezionalità-tecnica.
La pronuncia dedotta in rassegna, pertanto, conferma il crinale tra l’attività amministrativa che importi l’esercizio della c. d. discrezionalità-tecnica, oggetto di una cognizione piena del G. A. già secondo la più risalente giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601), ed il sindacato giudiziale, rispetto al quale, tuttavia, traccia il discrimen tra un esame estrinseco della valutazione compiuta dalla Amministrazione – secondo i noti parametri di logicità, congruità e completezza dell’istruttoria – e l’esatta valutazione del fatto, che deve essere del pari consentita, alla stregua dei parametri della disciplina nella fattispecie applicabile, anche con l’ausilio del mezzo consulenziale, teso ad un mero riscontro di attendibilità della detta valutazione, giammai ad un nuovo giudizio.
La consolidata giurisprudenza amministrativa, infatti, ha precisato come le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici in merito alle prove concorsuali, recanti un carattere ampiamente discrezionale onde consentire di determinare la concreta idoneità attitudinale dei candidati, si collocano all’infuori del sindacato di legittimità esercitato dal G. A. sulla c. d. discrezionalità-tecnica, eccetto le ipotesi di irragionevolezza, irrazionalità, arbitrio, illogicità, travisamento o errore di fatto (Cons. Stato, Sez. V, 20 agosto 2019, n. 5749; Cons. Stato, Sez. IV, 19 marzo 2019, n. 1796; Cons. Stato, Sez. V, 17 novembre 2018, n. 7115).
Siffatta conclusione risulta imposta anche dall’esigenza di assicurare un giudizio amministrativo coerente con il principio di effettività della tutela giurisdizionale, che informa il codice del processo amministrativo (art. 1 c. p. a.) e che rinviene le proprie guarentigie a livello sia costituzionale (artt. 24, 111 e 113 Cost.) che convenzionale (art. 6 CEDU).
Il Collegio, pertanto, ritiene ammissibile, in tema di concorsi pubblici, la censura sulla disparità di trattamento, posto che il carattere comparativo della procedura, che implica il riflesso indiretto recato dalla valutazione compiuta dalla commissione in termini favorevoli di uno tra i concorrenti rispetto al giudizio attribuito agli altri, importa l’interesse e la legittimazione di ciascuno di essi a contestare la attendibilità del giudizio negativo eventualmente attribuito alle proprie prove concorsuali.
Il Giudice amministrativo, infine, ritiene che anche la possibilità, confortata dall’esito favorevole della disposta verificazione, che il ricorrente consegua il punteggio massimo, e quindi il bene della vita anelato, e la possibilità di considerare la partecipazione al concorso pubblico quale titolo utile da far valere in occasione di analoghe procedure selettive possano supportare l’interesse concreto ed attuale ad agire del ricorrente.
Avv. Marco Bruno Fornaciari