L’occupazione-illegittima di un fondo da parte della P. A. e la conseguente trasformazione di un bene privato, al di fuori di una legittima procedura espropriativa o di un procedimento sanante ex art. 42-bis d. P. R. n. 327 del 2001 (T. U. Espr.), in quanto definisce un illecito permanente non vale ad integrare il requisito del possesso utile ai fini dell’usucapione, nel conseguito effetto aliunde di reintrodurre nell’ordinamento interno forme di espropriazione indiretta o larvata, in violazione dell’art. 1 del Protocollo addizionale della Cedu (Cass. Civ., Sez. I, ord. 20 novembre 2019, n. 30195).
La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha chiarito come, in tema di occupazione-illegittima, premesso che la condotta illecita della P. A. incidente sul diritto di proprietà non può comportare, quale che ne sia la forma di manifestazione, ovvero occupazione usurpativa, acquisitiva o appropriativa, vie di fatto, l’acquisizione del fondo, nei casi in cui il potere di fatto sulla cosa sia esercitato inizialmente dalla P.A. come detenzione – in presenza di validi provvedimenti amministrativi (dichiarazione di p. u., decreto di occupazione d’urgenza, ecc.) -, occorre l’allegazione e la prova da parte della P.A. della trasformazione della detenzione in possesso utile ad usucapionem, ex art. 1141, comma 2, c. c..
Tale indirizzo si pone in discontinuità applicativa di altro e precedente orientamento, per il quale la P. A. responsabile di un’occupazione-illegittima poteva efficacemente eccepire l’usucapione ventennale, in guisa da far cessare l’illecito permanente e di acquisire senza oneri la proprietà del bene in ragione della c. d. retroattività reale propria dell’usucapione.
All’affermazione del principio già richiamato, in uno alle previsioni convenzionali ed ai princìpi propri della giurisprudenza della Corte EDU, si coniuga il rilievo della capacità di diritto privato della P. A. destinato ad essere declinato nel senso dell’assoggettamento della stessa alle conseguenze ripristinatorie e risarcitorie previste dal diritto comune quante volte la P. A. sia autrice di un illecito e, ancora, nel senso della tipicità dei modi con cui la Pubblica Amministrazine può acquistare la proprietà dei beni nell’ambito del procedimento espropriativo.
L’esercizio illegittimo di poteri di imperio, pertanto, non può importare, in difetto di alcuna espressa previsione di norma, il ricavo di un utile in capo al privato mediante l’acquisto del diritto di proprietà del bene, senza l’erogazione di alcunché al privato spogliato.
Sulla base di tale premessa, anche la configurazione dell’usucapione ventennale soggiace quindi all’evidenza che la P. A. deduca e dimostri in proprio favore l’interversione del possesso in discontinuità con il precedente titolo, atteso il carattere insufficiente della detenzione che si prolunghi nel tempo ed il compimento di atti corrispondenti all’esercizio del possesso, che ex se denunciano soltanto un abuso della situazione di vantaggio determinata dalla materiale disponibilità del bene.
Avv. Marco Bruno Fornaciari