E’ illegittima l’ordinanza-contingibile-ed-urgente del Presidente della Regione Calabria 29 aprile 2020, n. 37, nella parte in cui dispone che, a partire dalla data di adozione dell’ordinanza-contingibile-ed-urgente medesima, sul territorio della Regione Calabria, è “consentita la ripresa delle attività di Bar, Pasticcerie, Ristoranti, Pizzerie, Agriturismo con somministrazione esclusiva attraverso il servizio con tavoli all’aperto“, spettando al Presidente del Consiglio dei Ministri individuare le misure necessarie a contrastare la diffusione del virus COVID-19, mentre alle Regioni è dato intervenire soltanto nei limiti delineati dall’art. 3, comma 1, D. L. n. 19 del 2020, che però nel caso di specie è indiscusso che non risultino integrati (1) (T. A. R. Calabria – Catanzaro, Sez. I, 9 maggio 2020, n. 841).
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, con ricorso notificato a mezzo PEC e depositato il 4 maggio 2020, proponeva ricorso per l’annullamento ex art. 29 c. p. a., previa sospensione dell’efficacia mediante emissione di decreto cautelare monocratico ai sensi art. 56 c. p. a., dell’ordinanza del Presidente della Regione Calabria del 29 aprile 2020, n. 37, in relazione al punto n. 6 richiamato in epigrafe.
L’art. 32, comma 3 della L. n. 833/1978, invero, attribuisce al Presidente della Regione ovvero al Sindaco il potere di emettere ordinanze di carattere contingibile ed urgente nelle materie contemplate dai commi 1 e 2 della stessa disposizione della Legge che istituisce il servizio sanitario nazionale (SSN) – tra le quali risulta annoverata l’igiene e la sanità pubblica – e con efficacia estesa, rispettivamente, alla Regione ovvero a parte del suo territorio, comprendente più Comuni, ed al territorio comunale.
L’organo costituzionale di vertice del potere esecutivo, assistito e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro (art. 1, R. D. n. 1611/1933), pertanto, censurava la gravata ordinanza in ragione della dedotta violazione degli artt. 2, comma 1 e 3, comma 1 del D. L. n. 19/2020, che ne avrebbe determinato l’illegittimità per carenza di potere per incompetenza assoluta.
Il provvedimento amministrativo di fonte regionale, invero, avrebbe recato un intervento integrativo del disposto del D. P. C. M del 26 aprile 2020 – emanato giusta l’art. 2, comma 1 del D. L. n. 19/2020, peraltro in deroga alla richiamata disposizione della L. n. 833/1978 – in guisa difforme da quanto prescritto dall’art. 3, comma 1 dello stesso D. L. n. 19/2020, che ammette l’adozione di misure di efficacia locale da parte delle Regioni “nell’ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale“.
Il potere regolamentare attribuito agli Enti territoriali, peraltro, risulta subordinato alla sussistenza di tre condizioni, quali l’efficacia del provvedimento amministrativo nelle more dell’adozione di un nuovo D. P. C. M., la necessità di ovviare a “situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario” verificatesi sul territorio della singola Regione o in una parte di esso, nonché la portata ulteriormente restrittiva delle attività sociali e produttive esercitabili nella Regione rispetto alle disposizioni di fonte normativa statale.
Secondo la prospettazione di parte ricorrente, inoltre, i profili di illegittimità dell’ordinanza-contingibile-ed-urgente di fonte regionale avrebbero rinvenuto conferma nell’assenza di un’adeguata motivazione del provvedimento – in punto di abbandono del principio di precauzione, mancata adozione di un valido metodo scientifico nella valutazione del rischio epidemiologico e pregiudizio alla coerente gestione della crisi sanitaria da parte del Governo – e nella violazione del principio di leale collaborazione (cfr. art. 120, comma 2 Cost.), attesa l’assenza di ogni interlocuzione con l’organo costituzionale di vertice del potere esecutivo.
Dopo l’audizione in via informale e separata della difesa di parte ricorrente, nonché della Regione Calabria, nelle more costituita in resistenza, le Amministrazioni convenivano sulla necessità di pervenire in tempi molto celeri ad una decisione collegiale – anche quale sentenza resa in forma semplificata (art. 60 c. p. a.) – atteso che i temi oggetto di ricorso involgevano i rapporti tra lo Stato e le Regioni sul versante dei rispettivi poteri di intervento nell’attuale fase epidemica in atto.
La difesa regionale eccepiva in via pregiudiziale l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione (art. 9, comma 1 c. p. a.), posto che la gravata ordinanza-contingibile-ed-urgente emanata dal Presidente della Regione Calabria avrebbe assunto, nei motivi di ricorso articolati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la configurazione di un conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato e della Regione, che l’art. 134 Cost. attribuisce alla giurisdizione della Corte costituzionale.
Nel merito, parte resistente deduceva la legittimità dell’ordinanza-contingibile-ed-urgente del Presidente della Giunta regionale n. 37 del 2020, in quanto adottata in conformità all’art. 32, comma 3 della L. n. 833/1978 ed informata ai princìpi di adeguatezza e di proporzionalità, che – richiamati expressis verbis nell’art. 1, comma 2 del D. L. n. 19/2020, in termini di modulazione dei provvedimenti contemplati al rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio – risulterebbero disattesi dal D. P. C. M. del 26 aprile 2020, recante una disciplina unitaria per l’intero territorio nazionale, senza considerazione alcuna delle differenze fattuali presenti nelle singole Regioni.
La regolamentazione adottata dal Presidente della Giunta della Regione Calabria avrebbe integrato, inoltre, una disposizione di dettaglio rispetto al disposto del D. P. C. M. del 26 aprile 2020, sì da determinare l’inammissibilità del ricorso introduttivo per carenza di interesse (art. 35, comma 1, lett. b) c. p. a.), e sarebbe risultata supportata da un impianto motivazionale sufficiente in ragione del valore del Rapporto di replicazione (Rt) rilevato dal Dipartimento Tutela della Salute e Politiche Sanitarie.
Intervenuta la rinuncia delle parti processuali all’istanza di tutela cautelare monocratica ex art. 56 c. p. a. ed ai termini a difesa prescritti dall’art. 55, comma 5 c. p. a., altre Amministrazioni ed il Codacons – oltre che alcuni operatori economici del settore commerciale di interesse, qualificatisi soggetti controinteressati – spiegavano intervento nel giudizio ad adiuvandum ed ad opponendum (art. 28, commi 1 e 2 c. p. a.).
Con riferimento precipuo ai motivi di censura articolati dagli interventori ad opponendum, il Comune di Amendolara aderiva all’eccezione di difetto di giurisdizione del G. A. ed eccepiva l’illegittimità costituzionale dell’avversata ordinanza-contingibile-ed-urgente regionale n. 37/2020, in ragione del contrasto con i parametri di cui agli artt. 77, 13, 14, 15, 16, 17 e 41, 117, comma 3 e 120, comma 2 Cost., atteso che il D. L. n. 19/2020 avrebbe delegato al Presidente del Consiglio dei Ministri il potere di limitare i diritti di libertà fondamentale assistiti da guarentigie a livello costituzionale.
La normativa introdotta con il D. L. n. 19/2020, peraltro, avrebbe privato le Regioni della competenza legislativa concorrente in materia di salute (art. 117, comma 3 Cost.), avrebbe integrato l’esercizio di un potere sostitutivo da parte dello Stato non previsto dall’art. 120 Cost. e sarebbe risultata priva di rilievo essenziale in funzione dell’attuale stato di emergenza, istituto non contemplato dall’ordinamento giuridico interno, sebbene la previsione di molteplici ipotesi che legittimano l’emanazione di un’ordinanza-contingibile-ed-urgente per affrontare situazioni contingenti.
Esperita la trattazione collegiale del ricorso ai sensi dell’art. 84, comma 5 del D. L. n. 18/2020, convertito con modificazioni nella L. n. 27/2020, previo deposito di memorie ad ulteriore supporto delle argomentazioni difensive di parte ricorrente e della Regione resistente, il Collegio definiva il giudizio con sentenza resa in forma semplificata ex art. 60 c. p. a.
(1) Il Collegio disattende l’eccezione di inammissiblità del ricorso introduttivo per difetto di giurisdizione del G. A. in favore della Corte costituzionale, formulata in via pregiudiziale dall’Amministrazione regionale resistente e dagli interventori ad opponendum.
L’innegabile natura di ordinanza-contingibile-ed-urgente in materia di igiene e di sanità del provvedimento emanato dal Presidente della Giunta della Regione Calabria, giusta l’art. 32, comma 3 della L. n. 833/1978, infatti, radica il sindacato giurisdizionale sull’esercizio del potere amministrativo dinanzi al Giudice della funzione pubblica.
I motivi di gravame articolati da parte ricorrente, invero, impingono in punto di definizione delle attribuzioni assegnate ai diversi poteri dello Stato, sebbene non risultino sufficienti alla sussunzione del contenzioso tra i conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e le Regioni, che l’art. 134 Cost. attribuisce alla giurisdizione della Corte costituzionale.
Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, infatti, soltanto la censura inerente alla lesione delle competenze e delle attribuzioni che la Carta fondamentale attribuisce agli organi costituzionali o di rilievo costituzionale ovvero alle Regioni può conferire un tono costituzionale al conflitto tra i poteri dello Stato o tra quelli dello Stato e delle Regioni (ex plurimis, Corte cost., 14 febbraio 2020; Id., 14 febbraio 2018, n. 28; Id., 15 maggio 2015, n. 87; Id., 28 marzo 2013, n. 52).
La natura costituzionale delle competenze legislative ed amministrative controverse non esclude l’esperimento dello scrutinio dei relativi atti di esercizio nelle ordinarie sedi giurisdizionali, quante volte gli stessi atti espressione di potere discrezionale rinvengano un limite nei princìpi di natura giuridica posti dall’ordinamento, a livello costituzionale come in sede legislativa (cfr. Corte cost., 5 aprile 2012, n. 81).
L’ordinanza-contingibile-ed-urgente n. 37/2020 emanata dal Presidente della Giunta della Regione Calabria, pertanto, integra un atto giustiziabile dinanzi all’A. G. A., atteso che il sindacato giurisdizionale verte sulla valutazione della legittimità dell’atto gravato – alla stregua dei limiti che la legge, segnatamente il D. L. n. 19/2020, pone all’esercizio delle competenze regionali ex art. 32, comma 3, L. n. 833/1978 in materia di igiene e di sanità – piuttosto che sulla regolazione del conflitto in tema di attribuzioni costituzionali tra gli Enti coinvolti nella controversia.
L’attivazione del conflitto di attribuzione di cui all’art. 134 Cost. dinanzi alla Corte costituzionale, peraltro, qualora in tesi opinabile nella fattispecie oggetto di giudizio, non precluderebbe all’organo costituzionale di vertice del potere esecutivo di esperire anche il ricorso dinanzi al G. A., in omaggio al principio electa una via non datur recursus ad alteram, il cui ubi consistam nell’ordinamento interno deve essere individuato nell’art. 1492, comma 2 c. c.
Il costante indirizzo pretorio registrato nella giurisprudenza civile di legittimità, invero, distingue i due rimedi in ragione di una diversa struttura e finalità, posto che il conflitto di attribuzioni tra i poteri dello Stato e le Regioni assume quale finalità il ripristino dell’assetto complessivo dei rispettivi ambiti di competenza degli Enti in conflitto, diversamente dal sindacato giurisdizionale del G. A., che attende alla verifica sul piano oggettivo della legalità dell’azione amministrativa, con la finalità esclusiva di assicurare la puntuale repressione dell’atto illegittimo (cfr., da ultimo, Cass. Civ., S. U., 19 luglio 2013, n. 17656).
D’altra parte, anche la giurisprudenza amministrativa ha precisato come il distinto oggetto del sindacato attribuito alle diverse giurisdizioni – che, nel caso del G. A., può involgere ogni profilo di legittimità dell’atto (art. 113 Cost.), anche su dedotti aspetti di eccesso di potere – confermi come la valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’attivazione dei rimedi esperibili – alla quale non risultano estranee ragioni di concentrazione e di economia processuale – sia rimessa all’Ente in conflitto, quale soggetto legittimato ad impugnare l’atto dinanzi al G. A. (Cons. Stato, Sez. VI, 27 dicembre 2011, n. 6834).
Il Collegio ritiene sussistente, in punto di verifica ex officio delle condizioni dell’azione, la legittimazione a ricorrere della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’annullamento di un’ordinanza-contingibile-ed-urgente ex art. 32, comma 3 della L. n. 833/1978 adottata dal Presidente di una Regione, in ragione delle competenze attribuite all’organo costituzionale di vertice del potere esecutivo nel rapporto con le Autonomie locali che compongono la Repubblica.
Con riferimento precipuo ai rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome e senza alcuna pretesa di esaustività, invero, il Presidente del Consiglio dei Ministri attende alla promozione ed al coordinamento dell’azione del Governo per quanto attiene ai rapporti con le Regioni e con le Province autonome di Trento e di Bolzano (art. 5, comma 5, L. n. 400/1988), nonché alla promozione dello sviluppo della collaborazione tra lo Stato, le Regioni e le Autonomie locali (art. 4, D. Lgs. n. 303/1999), mediante l’ausilio del Dipartimento per gli Affari regionali, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (artt. 2, comma 2, lett. d) e 4, comma 2, D.Lgs. n. 303/1999).
L’organo costituzionale di vertice del potere esecutivo, che presiede la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome (art. 12, L. n. 400/1988), promuove, inoltre, “le iniziative necessarie per l’ordinato svolgimento dei rapporti tra Stato, regioni e autonomie locali ed assicura l’esercizio coerente e coordinato dei poteri e dei rimedi previsti per i casi di inerzia e di inadempienza” (art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 303/1999).
La Sezione ritiene integrata in capo alla parte ricorrente anche l’altra condizione dell’azione, ovvero l’interesse ad agire, atteso che l’ordinanza-contingibile-ed-urgente n. 37/2020 del Presidente della Regione Calabria, oggetto di impugnativa, reca un contenuto parzialmente difforme dal D. P. C. M. 26 aprile 2020, del pari vigente, in guisa da rendere necessaria la risoluzione del rapporto di antinomia che intercorre tra i distinti provvedimenti amministrativi.
In disparte lo scrutinio delle questioni di diritto processuale implicate dalla notifica del ricorso introduttivo ad un potenziale controinteressato – compiuta in via prudenziale da parte ricorrente – e dall’intervento ad adiuvandum e ad opponendum spiegato dalle Amministrazioni locali e dal Codacons (art. 28 c. p. a.), il Collegio ritiene manifestamente infondata, nell’attuale situazione di emergenza sanitaria, la q. l. c. dell’art. 2, comma 1 del D. L. n. 19/2020 con riferimento al parametro di cui all’art. 41 Cost., che riconosce la libertà di iniziativa economica privata.
Come rilevato retro, infatti, la richiamata disposizione dell’atto avente forza di legge demanda all’organo costituzionale di vertice del potere esecutivo il potere di disporre – mediante l’adozione di un provvedimento amministrativo, quale il D. P. C. M. – una limitazione ovvero una sospensione delle attività di somministrazione al pubblico di generi alimentari da parte degli operatori economici del settore di interesse, al fine di affrontare l’emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del virus Covid-19.
Le prescrizioni necessarie ad assicurare che l’attività degli operatori economici non rechi pregiudizio alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana, nonché alla salute pubblica possono intervenire, infatti, anche mediante l’adozione di un atto di natura amministrativa – quale il D. P. C. M., fonte-atto di natura regolamentare – posto che tra le guarentigie costituzionali che assistono la libertà di iniziativa economica privata non viene contemplata la riserva di legge nella materia (art. 41, comma 2 Cost.).
La limitazione o la sospensione delle attività di somministrazione al pubblico di generi alimentari, nonché di consumo degli stessi sul posto, ivi compresi bar e ristoranti, peraltro, viene prevista dall’art. 1, comma 2 del D. L. n. 19/2020 quale contenuto predeterminato del provvedimento amministrativo rimesso alla competenza dall’organo costituzionale di vertice del potere esecutivo (art. 2, comma 1, D. L. n. 19/2020), che lascia residuare in capo all’Autorità amministrativa il solo potere discrezionale di individuare, sulla scorta dei dati epidemiologici, l’ampiezza della limitazione alla libertà di iniziativa economica privata recata dalla fonte regolamentare statale.
Il Collegio, d’altronde, rileva come il principio di sussidiarietà c. d. verticale di cui all’art. 118, comma 1 Cost. importi che l’individuazione delle misure precauzionali – anche restrittive di diritti di libertà costituzionali, necessarie ad ovviare all’emergenza sanitaria internazionale in atto – avvenga a livello amministrativo unitario, in ragione, altresì, della sussunzione della fattispecie concreta nella materia della “profilassi internazionale“, che l’art. 117, comma 2, lett. q) Cost. attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, nonché nelle materie della “tutela della salute” e della “protezione civile” (art. 117, comma 3 Cost.).
La competenza legislativa concorrente nelle materie da ultimo richiamate, peraltro, non esclude la configurazione di un’ipotesi di c. d. chiamata in sussidiarietà, che importa comunque l’attrazione in capo allo Stato della potestà normativa.
La giurisprudenza costituzionale, infatti, ha precisato come l’osservanza del principio di legalità dell’azione amministrativa renda necessaria l’avocazione in capo agli Enti territoriali ed allo Stato della funzione amministrativa, quale prevista dall’art. 2, comma 1 del D. L. n. 19/2020, in uno alla competenza legislativa necessaria alla sua disciplina, sebbene nel perseguimento di forme di leale collaborazione e lungi dalla implementazione di un intervento sostitutivo del Governo ex art. 120, comma 2 Cost. (cfr. Corte cost., 22 luglio 2010, n. 278; Id. 1 ottobre 2003, n. 303).
Il Collegio, del resto, esclude che l’ordinanza-contingibile-ed-urgente n. 37/2020 emanata dal Presidente della Regione Calabria – atto amministrativo generale e privo di carattere normativo, non soggetto a disapplicazione da parte del G. A. (art. 4, L. n. 2248/1865, All. E) – rinvenga il proprio fondamento nel richiamato art. 32, comma 3 della L. n. 833/1978, atteso che il disposto dell’art. 3, comma 1 del D. L. n. 19/2020 riferisce i limiti al potere di ordinanza-contingibile-ed-urgente del vertice politico-amministrativo dell’Ente territoriale a tutti gli “gli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente“.
Il provvedimento amministrativo di fonte regionale, inoltre, viene ritenuto illegittimo in ragione del censurato difetto di motivazione in punto di mancata osservanza del principio di precauzione, che deve informare l’operato dei pubblici poteri – a fortiori nel contesto dell’attuale emergenza sanitaria internazionale – e che avrebbe richiesto all’Amministrazione regionale di attendere ad un’istruttoria articolata nella emanazione dell’avversata ordinanza n. 37/2020.
L’emanazione dell’ordinanza-contingibile-ed-urgente n. 37/2020 avrebbe dovuto essere preceduta, invero, dalla valutazione di elementi – quali l’efficienza e la capacità di risposta del sistema sanitario regionale ovvero l’incidenza delle misure di contenimento sulla diffusione del virus Covid-19 – distinti dal mero valore di Rt, quale perseguimento della prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche (cfr. Corte cost. 18 gennaio 2018, n. 5; Cons. Stato, Sez. III, 3 ottobre 2019, n. 6655).
La Sezione, da ultimo, rileva come la legittimità dell’ordinanza-contingibile-ed-urgente n. 37/2020 del Presidente della Regione Calabria risulti infirmata in punto di eccesso di potere, sotto specie di violazione del principio di leale collaborazione tra i vari soggetti che compongono la Repubblica (cfr. art. 120, comma 2 Cost.), suffragato dall’assenza di ogni forma di intesa, consultazione ovvero informazione nei confronti del Governo e dal contrasto del provvedimento amministrativo di fonte regionale con il D. P. C. M. 26 aprile 2020, che denota un evidente difetto di coordinamento tra i diversi livelli amministrativi.
Avv. Marco Bruno Fornaciari