Il Collegio, sulla scorta dei criteri di interpretazione della legge di cui all’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale, precisa la portata delle limitazioni alla adozione ed alla approvazione di varianti al P. R. G. – strumento urbanistico generale, privo ovvero corredato da una disciplina paesistica di livello puntuale – contemplate, per i Comuni dotati di strumento urbanistico generale vigente da oltre un decennio, dagli artt. 47-bis e 47-ter della legge della Regione Liguria n. 36 del 1997, introdotti con la l. r. n. 11 del 2015 (Cons. Stato, Sez. IV, 9 novembre 2019, n. 7667).
Le dette disposizioni recano infatti un divieto, per i Comuni dotati di P. R. G. vigente da oltre un decennio e privo ovvero corredato da una disciplina paesistica di livello puntuale, di adottare e di approvare varianti a tale strumento, fino all’approvazione del nuovo strumento urbanistico comunale (P. U. C.).
L’applicazione dei criteri di interpretazione logica e letterale di cui all’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale ed il richiamo alla funzione sollecitatoria alla approvazione dei nuovi strumenti urbanistici comunali (P. U. C.) delle disposizioni richiamate, conducono infatti a disattenderne la interpretazione restrittiva prospettata dalla Amministrazione appellante ed a ritenere che la nozione di “vigenza” non può essere riferita ad un P. R. G., ovvero ad una sua variante, semplicemente adottati in quanto, sebbene già con la semplice adozione trovino applicazione le misure di salvaguardia, si tratta pur sempre di effetti provvisori ed indiretti di uno strumento urbanistico non ancora “vigente” sul territorio comunale.
Risulta disattesa, altresì, la censura della sentenza impugnata sollevata con il secondo motivo di ricorso, che, sulla scorta dei princìpi informatori della pianificazione quali recepiti nell’art. 2 della l. r. n. 36 del 1997 – peraltro novellati con la l. r. n. 29 del 2016 – ed attraverso la prospettata distinzione tra varianti riduttive del consumo di risorse paesistico-ambientali e varianti ampliative della potestà edificatoria dei privati, patrocina una interpretazione “creativa” degli artt. 47-bis e 47-ter della l. r. n. 36 del 1997 non conforme ai criteri di interpretazione della legge e priva di riscontro nel dato letterale delle dette disposizioni.
Infine, il Collegio ritiene manifestamente infondata la eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 47-bis e 47-ter della l. r. n. 36 del 1997, formulata con riferimento alla violazione delle norme e dei princìpi in materia di prerogative pianificatorie comunali, di violazione del canone di sussidiarietà verticale di cui agli artt. 5 e 118 Cost. e di violazione del principio di leale collaborazione tra amministrazioni.
Le direttrici indicate dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 179 del 2019, infatti, conducono a ritenere costituzionalmente conforme, in termini di piena proporzionalità della misura rispetto al tipo di interessi coinvolti ed alle finalità perseguite dalla legge regionale, la norma contenuta negli artt. 47-bis e 47-ter della l. r. n. 36 del 1997, atteso che le limitazioni ivi contemplate dello ius variandi per i comuni dotati di strumento urbanistico generale vigente da oltre un decennio disciplina specifiche e ben limitate ipotesi derogatorie ed introduce un termine finale di efficacia della misura, ovvero l’approvazione del P. U. C., rimesso in larga parte alle scelte di ciascun comune, senza prevedere margini di discrezionalità in capo alla Regione Liguria.
Avv. Marco Bruno Fornaciari