La differenza tra la disciplina posta dall’art. 242, d.lgs. n. 152 del 2006, che prevede in capo al responsabile-dell-inquinamento l’obbligo di porre in essere le procedure operative e amministrative finalizzate a prevenire i rischi di inquinamento (comma 1) e ad attuare gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza (comma 7), e quella posta dal successivo art. 245, che prevede una mera facoltà di porre in essere tali procedure in capo agli altri soggetti interessati, ivi compreso il proprietario o il gestore dell’area, privi di c. d. responsabilità ambientale per l’inquinamento, fermo restando l’obbligo di costoro di “attuare le misure di prevenzione” di cui all’art. 240, comma 1, del medesimo d.lgs. n. 152 del 2006, si spiega in quanto l’obbligo di attuazione degli interventi di bonifica dei siti contaminati grava sul responsabile-dell-inquinamento in base al principio “chi inquina paga” e non sul proprietario o il gestore dell’area, non responsabili dell’inquinamento, in capo ai quali non è configurabile una sorta di responsabilità oggettiva (Trga Trento, 15 novembre 2019, n. 154).
L’art. 244 del d.lgs. n. 152 del 2006 fa espresso riferimento soltanto al responsabile-dell-inquinamento quale destinatario dell’ordinanza motivata di diffida, senza menzionare il proprietario o il gestore dell’area non responsabile-dell-inquinamento; coerentemente, l’art. 245, che disciplina la posizione dei “soggetti non responsabili della potenziale contaminazione”, non richiama il potere di ordinanza di cui all’art. 244; resta ferma peraltro la competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ad imporre coattivamente al soggetto non responsabile-dell-inquinamento l’attuazione delle misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett. i), del medesimo decreto legislativo, seppure attraverso l’esercizio del diverso potere previsto dall’art. 304, comma 3, d.lgs. n. 152 del 2006.
L’art. 243, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006 – nel prevedere che per impedire e arrestare l’inquinamento delle acque sotterranee nei siti contaminati “devono essere individuate e adottate le migliori tecniche disponibili per eliminare, anche mediante trattamento secondo quanto previsto dall’articolo 242, o isolare le fonti di contaminazione dirette e indirette” – si riferisce al sito ove si trova la fonte della contaminazione e non al sito che risulta inquinato per effetto dello scorrimento delle acque di falda.
La ricognizione di tale quadro normativo conduce la giurisprudenza amministrativa, richiamata dal Collegio (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 ottobre 2016, n. 4099; T.A.R. Lombarda Milano, Sez. IV, 6 novembre 2017, n. 2088; T.A.R. Sardegna Cagliari, Sez. I, 16 dicembre 2011, n. 1239), ad enunciare alcune regole, esclusa la possibilità di individuare il responsabile-dell-inquinamento nel proprietario o nel gestore del sito inquinato in ragione di tale sola qualità ed alla stregua di una responsabilità oggettiva.
Pertanto, il proprietario dell’area, ovvero il suo gestore, che non sia responsabile-dell-inquinamento è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione (art. 245, comma 2) e gli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano soltanto sul responsabile-dell-inquinamento, cioè sul soggetto al quale si imputabile, almeno sotto il profilo oggettivo, la contaminazione (art. 244, comma 2).
Gli interventi necessari, inoltre, sono adottati dall’amministrazione competente quante volte il soggetto responsabile-dell-inquinamento non sia individuabile o non provveda (art. 244, comma 4) e le spese sostenute per effettuare tali interventi possono essere recuperate mediante azione in rivalsa verso il proprietario, che risponde nei limiti del valore di mercato del sito dopo l’esecuzione degli interventi medesimi (art. 253, comma 4). A garanzia di tale diritto di rivalsa, infine, il sito è gravato da un onere reale e di un privilegio speciale immobiliare, giusta l’art. 253, comma 2.
Avv. Marco Bruno Fornaciari