Tar Lombardia, Brescia, Sez. II, ord. 14 agosto 2019, n. 740
E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 12, l. reg. Lombardia n. 12 del 2005, per violazione degli artt. 42 e 117 Cost., nella parte in cui prevede che il potere ablatorio è esercitabile a tempo indeterminato, in ragione dell’approvazione del Piano triennale delle opere pubbliche che preveda la realizzazione anche di quella oggetto del vincolo in scadenza, la cui adozione non garantisce la partecipazione procedimentale degli interessati e che può essere rinnovato all’infinito senza bisogno né di motivazione né di indennizzo.
L’approvazione del Piano triennale delle opere pubbliche che preveda la realizzazione anche di quella oggetto del vincolo in scadenza costituisce un provvedimento, infatti, la cui adozione non garantisce la partecipazione procedimentale degli interessati e che può essere rinnovato all’infinito senza bisogno né di motivazione, né di indennizzo, atteso che l’art. 21 del codice degli appalti disciplina l’approvazione del piano triennale delle opere pubbliche senza particolari formalità che assicurino la partecipazione al procedimento dei soggetti interessati dalla realizzazione delle opere in esso inserite – come attesta, altresì, l’art. 5 del D. M. 16 gennaio 2018, n. 14 – anche in considerazione della sua funzione prettamente programmatica, strettamente connessa alla programmazione finanziaria e di bilancio ed alla sua natura organizzativa dell’attività dell’ente, individuando le opere da eseguirsi con priorità.
Il Collegio ritiene che la Regione Lombardia abbia travalicato i limiti della propria competenza legislativa, attraverso una nuova ipotesi di “attuazione” del vincolo espropriativo, in violazione dell’art. 117 Cost., che riserva al legislatore nazionale l’individuazione degli atti la cui adozione equivale al serio avvio della procedura espropriativa, indicata dalla Corte costituzionale quale condizione necessaria per ritenere rispettato il principio della temporaneità del potere espropriativo esercitabile su determinati beni.
L’esercizio di questo potere pare, dunque, porsi, nella fattispecie de qua, in contrasto con l’art. 42 Cost., da una corretta interpretazione del quale discende che il potere espropriativo può essere esercitato solo nei limiti in cui ciò sia previsto dalla legge e, come evidenziato nella sentenza della Corte Costituzionale n. 575/1989 già ricordata, a condizione che l’assoggettamento al potere espropriativo sia limitato nel tempo ovvero che, a fronte di una indeterminatezza temporale del vincolo, il proprietario sia indennizzato per la perdita, in via di fatto, della proprietà.
Avv. Marco Bruno Fornaciari