(1) In materia di appalti pubblici, il frazionamento in lotti delle prestazioni oggetto di gara – quale il servizio di trasporto pubblico locale (servizio-TPL) – è principio di carattere generale, funzionale alla tutela della concorrenza e recepito all’art. 51 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, sebbene non integri una regola di carattere inderogabile, quante volte la documentazione di gara rechi la puntuale espressione dei giustificati motivi sottesi alla determinazione assunta dalla stazione appaltante, che è espressione di scelta discrezionale, sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria.
(2) E’ legittima la disposizione della lex specialis di gara concernente l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale (servizio-TPL) su gomme contenente la c. d. clausola sociale, che obbliga il concorrente ad assumere tutti i dipendenti, con la sola eccezione dei dirigenti, della precedente gestione, indifferentemente rispetto alle sue esigenze organizzative e gestionali (Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2020, n. 973).
Con la pronuncia di cui agli estremi dedotti in epigrafe, il Consiglio di Stato definisce il giudizio di appello instaurato dall’operatore economico interessato con ricorso interposto avverso la sentenza del T. A. R. Lazio – Roma, Sez. II, 1 marzo 2019, n. 02732, con la quale il giudice di prime cure aveva reiettato la impugnazione della documentazione della procedura ad evidenza pubblica – indetta da Roma Città Capitale per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale (servizio-TPL) su gomma nel territorio urbano periferico e servizi accessori -, nonché del provvedimento dell’Amministrazione che aveva espresso la determinazione a contrarre e l’approvazione del Piano Economico e Finanziario (PEF).
Il bando veniva preceduto dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (GUUE) dell’avviso recante le informazioni minime sulla futura gara e dall’esperimento della procedura di consultazione contemplata dall’Allegato A, Delibera 17 giugno 2015, n. 49 dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART), utile per la individuazione dei beni essenziali all’esercizio del servizio-TPL, nonché del personale oggetto di trasferimento dal gestore uscente a quello subentrante.
Più nel dettaglio, la lex specialis prevedeva due lotti – distinti per numero di linee e per produzione chilometrica complessiva annua – in luogo del compendio unitario – oggetto della precedente procedura di affidamento del medesimo servizio-TPL, medio tempore aggiudicata ad un solo operatore economico – e la remunerazione del servizio-TPL mediante il riconoscimento all’affidatario di un corrispettivo chilometrico, secondo il paradigma del c. d. gross-cost [v. infra, sub (2)].
La società ricorrente – che aveva già instato per l’accesso alla documentazione, necessario per la predisposizione dell’offerta – deduceva la diretta lesività dei provvedimenti gravati e ne censurava la asserita illegittimità in ragione, tra l’altro, dell’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione e per illogicità manifesta, oltre che a cagione della violazione e falsa applicazione della normativa richiamata nella rubrica dei singoli motivi di ricorso (art. 51, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50; Misura 6, Allegato A, Delibera ART 30 marzo 2017, n. 48; art. 48, comma 7, lett. e), D. L. 24 aprile 2017, n. 50, conv., con modificazioni, nella L. 21 giugno 2017, n. 96).
Il richiamato dimensionamento dei lotti del servizio-TPL – in precedenza affidato e gestito congiuntamente dall’impresa uscente uti singula – avrebbe mortificato, in guisa difforme rispetto al disposto dell’art. 51, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016 ed alla Misura 6, dell’Allegato A, Delibera n. 48/2017 dell’ART, il favor partecipationis verso le micro, piccole e medie imprese (PMI) al mercato delle commesse pubbliche, attesa l’assenza di riscontri in ordine all’espletamento di una adeguata istruttoria e della motivazione sottesa alla determinazione assunta dalla stazione appaltante (art. 51, comma 1, secondo periodo, D.Lgs. n. 50/2016).
L’art. 51, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016 – in linea con le direttrici recepite dal diritto comunitario e nel perseguimento della apertura concorrenziale delle procedure ad evidenza pubblica alle imprese di dimensioni inferiori – statuisce, infatti, in termini perentori ed incondizionati, l’obbligo per le stazioni appaltanti di suddividere – sia nei settori ordinari che nei settori speciali – gli appalti in lotti funzionali, in conformità alle categorie o alle specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture (art. 3, comma 1, lett qq), D.Lgs. n. 50/2016) ovvero in lotti prestazionali (art. 3, comma 1, lett. gggg), D.Lgs. n. 50/2016).
Il favor partecipationis verso le PMI, poi, rinviene ulteriore riscontro e precisazione con riferimento al servizio-TPL nella Misura 6, Allegato A, Delibera ART n. 48/2017, a mente della quale – al fine di favorire la più ampia partecipazione degli operatori, in condizioni di efficienza – il lotto del servizio-TPL da affidare in regime di esclusiva è individuato mediante l’analisi della dimensione minima ottimale della sua produzione, alla quale conseguono economie di scala e di densità da parte degli operatori economici ed il numero di concorrenti che possono partecipare alle procedure di affidamento dei servizi.
La ripartizione in due soli lotti del servizio-TPL oggetto della procedura di affidamento dell’appalto – pur non rendendo possibile, al pari dell’ipotesi di lotto unico, la partecipazione uti singula della società ricorrente, in ragione dell’entità del servizio da svolgere e dei correlati requisiti prescritti – avrebbe impedito, quindi, alle PMI il conseguimento di economie di scala aliunde possibili ed avrebbe comportato, piuttosto, una duplicazione dei costi.
Con ulteriore motivo di gravame, parte ricorrente censurava la illegittimità della c. d. clausola sociale del bando di gara, ovvero l’obbligo – enunciato, altresì, nell’art. 24 del disciplinare di gara, nell’art. 10.1 del capitolato speciale di appalto e nell’art. 27 della bozza di contratto – per il gestore subentrante del servizio-TPL di acquisire integralmente – a pena di esclusione e senza soluzione di continuità – il personale dipendente – ad eccezione di quello dirigente – dal gestore uscente, giusta l’art. 48, comma 7, lett e), D. L. n. 50/2017, come modificato dall’art. 9 quater, comma 1, D. L. 20 giugno 2017, n. 91, applicando il CCNL di settore ed il contratto di secondo livello o territoriale, nel rispetto delle garanzie minime di cui all’art. 3, § 3, secondo periodo della Direttiva 2001/23/CE del Consiglio, 12 marzo 2001.
L’art. 3, § 3, Direttiva 2001/23/CE – concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimenti di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti – dispone, infatti, che, dopo il trasferimento, il cessionario mantiene le condizioni di lavoro convenute mediante contratto collettivo nei termini previsti da quest’ultimo per il cedente, fino alla data della risoluzione o della scadenza del contratto collettivo o dell’entrata in vigore o dell’applicazione di un altro contratto collettivo. Gli Stati membri possono limitare il periodo del mantenimento delle condizioni di lavoro, purché esso non sia inferiore ad un anno.
Secondo la ricostruzione della società ricorrente – sebbene l’art. 48, comma 7, lett. e), D. L. n. 50/2017, come modificato dall’art. 9 quater, comma 1, D. L. n. 91/2017, contempli la competenza dell’ART, quale Autorità amministrativa indipendente, di definire regole generali in materia, nell’osservanza di un rafforzato principio di legalità procedimentale –, allo stato l’Authority non avrebbe assunto alcuna determinazione.
La clausola sociale avversata, pertanto, sarebbe risultata non conforme ai principi costituzionali e comunitari di libertà di iniziativa economica (art. 41, commi 1, 2 e 3 Cost.) e di concorrenza (segnatamente, art. 3, § 3 TUE), nonché di buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97, comma 2 Cost.), in ragione del carattere indiscriminato e generalizzato del dovere di assorbimento di tutto il personale dell’impresa uscente.
Costituitasi in giudizio l’Amministrazione resistente – che concludeva per l’infondatezza del gravame -, il Giudice del primo grado di giudizio accoglieva parzialmente il ricorso, respingendo le censure inerenti alla presunta illegittimità del frazionamento in due lotti del servizio-TPL oggetto della procedura ad evidenza pubblica, nonché quelle concernenti la c. d. clasuola sociale.
L’analisi espletata dalla stazione appaltante – in termini generali e nell’esercizio del potere discrezionale riconosciuto dall’art. 51, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016 – del servizio-TPL e delle specifiche modalità del suo svolgimento nell’area urbana periferica di Roma Città Capitale, infatti avrebbe consentito di fugare ogni profilo di irragionevolezza della determinazione assunta.
L’Amministrazione, in tale guisa, avrebbe assicurato una maggiore partecipazione alla procedura degli operatori economici del mercato – mediante il vincolo dell’aggiudicazione di uno solo tra i due lotti ad uno stesso soggetto – e, al contempo, una ordinata ed efficiente prestazione del servizio-TPL, perseguita alla stregua di una ratio prettamente logistica unitamente ad una dimensione aziendale idonea a garantire costi operativi efficienti attraverso la realizzazione anche di economie di scala, attese le dimensioni dei lotti.
Il Giudice del primo grado del giudizio – ritenuta l’ammissibilità della censura formulata con riferimento alla c. d. clausola sociale – configurata quale condizione negoziale e ragione del carattere eccessivamente oneroso del rapporto negoziale – rilevava, poi, come il richiamato art. 10.1. del capitolato speciale di appalto statuisse che il trasferimento del personale sarebbe stato disciplinato dall’art. 26, allegato A) del R. D. 148/1931, dall’art. 2112 del codice civile – come novellato dall’art. 32, D.lgs 276/2003 e dall’art. 47, L. n. 428/90, modificata dall’art. 2 del D.lgs 18/2001- giusta l’art. 22 della legge Regione Lazio n. 30/1998; e che l’aggiudicatario avrebbe dovuto garantire il mantenimento dell’anzianità di servizio acquisita dal personale dipendente, nonché il trattamento di fine rapporto, nelle forme previste dall’art. 8, comma 7, D. Lgs 5 dicembre 2005 n. 252.
Il T. A. R., rilevava come l’art. 50, D.Lgs. n. 50/2016 prescriva l’inserimento nei bandi di gara di clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato piuttosto che contemplare un obbligo di acquisizione di tutta la manodopera in capo all’impresa affidataria nell’ipotesi di passaggio della gestione di servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale.
La giurisprudenza e le determinazioni assunte dall’ANAC, del resto, hanno circoscritto l’ammissibilità della c. d. clausola sociale alle gare per l’affidamento di servizi diversi dal TPL, recante, peraltro, elementi distintivi rispetto alle ordinarie previsioni, in quanto disciplinato da una normativa speciale di settore, a livello sia comunitario sia nazionale.
L’art. 22, comma 1, lett. b) (Sostituzione del soggetto gestore. Disciplina del personale e dei beni), L. Regione Lazio 16 luglio 1998, n. 30 (Disposizioni in materia di trasporto pubblico locale), infatti, rinvia alle singole norme – già richiamate ed in quanto applicabili – che tutelano i diritti dei lavoratori nelle ipotesi di trasferimento di azienda e prescrive la conservazione dell’inquadramento contrattuale ed il trattamento economico acquisito – salvo diverso accordo con le organizzazioni sindacali – per il personale coinvolto dal subentro del nuovo gestore del servizio-TPL (art. 22, comma 1, lett. c), L. R. Lazio n. 30/1998).
Il Collegio, pertanto, accoglieva parzialmente il motivo di gravame, attesa la portata precettiva e programmatica della norma di cui all’art. 48, comma 7, lett. e), D. L. n. 50/2017 – la cui implementazione, peraltro, viene rimessa all’esercizio del potere normativo dell’ART -, che contempla una deroga al regime di tutela dei diritti del personale nelle ipotesi di cessione di azienda – recato dall’art. 2112 c. c. e mutuato dalla L. R. Lazio n. 30/1998 per le fattispecie di mutamento del gestore del servizio-TPL – con solo riferimento al trattamento di fine rapporto (TFR), il cui obbligo di versamento all’INPS, nella quota maturata dai dipendenti del gestore uscente sino al passaggio presso l’altro soggetto, grava sul primo.
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Il Collegio – esclusa, in via preliminare, la immediata evidenza di un effettivo interesse di parte appellante ad articolare il primo motivo di gravame, che pare involgere profili di opportunità e di buona amministrazione piuttosto che una posizione soggettiva specifica – rileva come la decisione dell’Amministrazione di suddividere in lotti il servizio-TPL oggetto della procedura di affidamento dell’appalto – in luogo del mantenimento di un compendio unitario – si collochi entro il margine della valutazione discrezionale riconosciuta alla stazione appaltante dall’art. 51, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016.
La determinazione assunta dall’Amministrazione in ordine alla modalità di articolazione del servizio-TPL quale oggetto della procedura di affidamento – peraltro non soggetta all’onere motivazionale in ordine alle ragioni di pubblico interesse che vi sono sottese, prescritto nell’ipotesi di scelta di segno inverso e speculare – non reca profili di abnormità ovvero di manifesta irragionevolezza rispetto all’obiettivo assunto dalla stazione appaltante a fondamento della disciplina di gara, ovvero il contemperamento tra l’esigenza concorrenziale di apertura del mercato a più operatori, la irrinunciabile necessità per l’Amministrazione di esercitare i suoi poteri di pianificazione e controllo nell’interesse pubblico, nonché la remuneratività dell’affidamento.
La Sezione, inoltre, rileva la conformità del provvedimento adottato dalla stazione appaltante al canone generale di adeguatezza dell’istruttoria (Cons. Stato, Sez. VI, 2 gennaio 2020, n. 25), prevista, nel caso di specie, dalla normativa di settore – segnatamente, la Misura 6, Allegato A, Delibera ART n. 48/2017 -, in guisa da non soltanto da garantire il massimo grado di partecipazione possibile alla gara, ma anche da dimostrare che la configurazione dei lotti prescelta consente di realizzare specifiche economie di gestione e di densità, rese a fortiori necessarie nella esecuzione di un contratto gross-cost, nel quale – diversamente da un contratto net-cost – il rischio commerciale grava sull’Ente committente.
(2) La Sezione conferma in via preliminare la portata precettiva e non programmatica – rilevata già dal Giudice di prime cure – della norma di cui all’art. 48, comma 7, lett. e), D. L. n. 50/2017, che – sebbene involga precipuamente il potere normativo riconosciuto all’ART, nell’osservanza di un rafforzato principio di legalità procedurale, quale Autorità amministrativa indipendente – statuisce, in realtà, principi cogenti nella redazione dei bandi di gara, in ragione della loro determinatezza ed immediata applicabilità ed in disparte la statuizione di regole e principi esecutivi e di dettaglio rimessa alla competenza dell’Autorithy.
Il Collegio, pertanto, ritenuto il carattere inconferente dei precedenti giurisprudenziali difformi richiamati dalla società appellante – in quanto riferiti a procedure di affidamento non soggette, ratione temporis, al D. L. n. 50/2017 ed alla disciplina approntata in materia dalla Regione Lazio -, precisa come la normativa applicabile nel particolare settore del servizio-TPL configuri una clausola sociale particolarmente forte – quale quella avversata nella fattispecie oggetto del giudizio di legittimità -, che garantisce il trasferimento di tutto il personale dipendente – eccetto i dirigenti – dal gestore uscente al gestore che subentra nei contratti e nei rapporti di lavoro che vincolavano il primo, con l’applicazione del CCNL di settore e del contratto di secondo livello applicato dal gestore uscente, almeno per un anno dalla data di subentro, giusta l’art. 3, § 3, Direttiva 2001/23/CE.
Avv. Marco Bruno Fornaciari