Devono essere rimesse alla Corte di Giustizia UE le questioni pregiudiziali:
a) se sia conforme al diritto eurounitario ed alla corretta interpretazione dei considerando 14 e 32, nonché degli artt. 12 e 18 della Direttiva n. 24/2014/UE e 30 della Direttiva n. 23/2014/UE, anche con riferimento all’art. 107 TFUE, che, ai fini della individuazione del limite minimo del 30% della partecipazione del socio privato ad una costituenda società-mista pubblico-privata, limite ritenuto adeguato dal legislatore nazionale in attuazione dei principi eurounitari fissati in materia dalla giurisprudenza comunitaria, debba tenersi conto esclusivamente della composizione formale/cartolare del predetto socio ovvero se l’Amministrazione che indice la gara possa – o anzi debba – tener conto della sua partecipazione indiretta nel socio privato concorrente;
b) in caso di soluzione positiva del precedente quesito se sia coerente e conforme con i principi eurounitari, ed in particolare con il principio di concorrenza, proporzionalità ed adeguatezza, che l’Amministrazione che indice la gara possa escludere dalla gara il socio privato concorrente, la cui effetiva partecipazione alla costituenda società-mista pubblico privata, per effetto della accertata partecipazione pubblica diretta o indiretta, sia di fatto inferiore al 30% (1) (Cons. Stato, Sez. V, ord. 11 maggio 2020, n. 2929).
Il T. A. R. Lazio respingeva i distinti ricorsi, di identico tenore, con i quali le società ricorrenti avevano impugnato il provvedimento dell’Amministrazione di Roma Capitale che aveva escluso l’R. T. I. costituendo tra gli stessi operatori economici dalla gara a doppio oggetto, indetta dall’Ente per la scelta del socio privato e per l’affidamento del servizio scolastico integrato di propria competenza ad una società per azioni mista pubblico-privata, quale modello operativo previsto dall’art. 17 del D. Lgs. n. 175/2016 s. m. i. (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica) (T. A. R. Lazio – Roma, Sez. II, 18 giugno 2019, n. 7891 e 7893).
L’atto di estromissione dell’operatore economico dalla procedura ad evidenza pubblica assumeva quale motivazione la partecipazione di AMA S. p. a., società a totale controllo pubblico, al capitale sociale di una delle società ricorrenti, Roma Multiservizi S. p. a., in una percentuale pari al 51%, sì da prefigurarne la partecipazione effettiva al capitale della costituenda società-mista pubblico-privata in una percentuale pari al 73,5%, superiore ai prescritti indici di partecipazione al capitale sociale, che la legge speciale di gara individuava nel 51% per la partecipazione del socio pubblico e nel 49% per quella del socio privato.
L’art. 7, comma 5 del D. Lgs. n. 175/2016, invero, prescrive la previa individuazione, mediante procedura evidenziale ex art. 5, comma 9 del D. Lgs. n. 50/2016, dei soci privati delle società a partecipazione pubblica – peraltro soggette al c. d. doppio vincolo di scopo di cui all’art. 4, commi 1 e 2 dello stesso Testo Unico – assistiti dai requisiti di qualificazione previsti da norme legali o regolamentari e specificati nella documentazione di gara, la cui quota di partecipazione al capitale sociale della società-mista pubblico-privata non può essere inferiore al 30% (art. 17, commi 1 e 2, D. Lgs. n. 175/2016).
La richiamata normativa rinviene ragione nella necessità di assicurare un’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, la tutela e la promozione della concorrenza e del mercato, nonché la razionalizzazione e la riduzione della spesa pubblica, anche mediante la costituzione di una società-mista pubblico-privata – figura di matrice pretoria, riconosciuta dalla giurisprudenza comunitaria – che si colloca sul crinale tra il regime dell’in house providing e quello del contracting out ovvero dell’outsourcing (artt. 1, comma 2 e 16, D. Lgs. n. 175/2016) (cfr. Cons. Stato, Sez. II, parere 18 aprile 2007, n. 456; CGUE, Sez. III, 15 ottobre 2009, C-196/08, Acoset).
In tale guisa, il Legislatore interno ha inteso superare i rilievi sollevati dalla giurisprudenza comunitaria con riferimento alla normativa nazionale previgente all’approvazione del Testo Unico di cui al D. Lgs. n. 175/2016, che riservava alle sole società a prevalente o a totale partecipazione statale o pubblica, diretta ovvero indiretta, la possibilità di concludere con la P. A. convenzioni inerenti ad attività ovvero a servizi, in assenza dell’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica.
L’affidamento diretto del servizio ad una società-mista pubblico-privata, infatti, potrebbe importare l’elusione del principio della libera concorrenza, che integra la regola generale e l’asse portante del diritto europeo, suscettibile di eccezioni in ragione della sola necessità di adempiere una missione di interesse economico generale nella prospettiva di un proficuo partenariato pubblico-privato (art. 180, D. Lgs. n. 50/2016), che non esclude e piuttosto implica la conservazione di un livello di controllo elevato in capo al partner pubblico (cfr. Libro Verde relativo ai partenariati pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni, 30 aprile 2004, § 3, punti 53 ss.).
D’altronde, la Commissione Europea, nella Comunicazione interpretativa del 12 aprile 2008, ha precisato come il Partenariato pubblico – privato istituzionalizzato (PPPI) configuri la cooperazione tra partners pubblici e privati, che può ricevere implementazione anche mediante la costituzione di “un’entità a capitale misto per l’esecuzione di appalti pubblici e concessioni“, in cui l’apporto del partner non consta del solo conferimento di capitale ovvero di beni, ma si qualifica “nella partecipazione attiva nell’esecuzione di compiti assegnati all’entità a capitale misto e/o nella gestione di tale entità“.
La giurisprudenza, pertanto, ha rilevato come l’affidamento diretto di un servizio ad una società-mista pubblico-privata non risulti incompatibile ex se con il diritto europeo quante volte l’Amministrazione operi la scelta del socio privato della società affidataria nell’osservanza del diritto di stabilimento di cui all’art. 49 TFUE (ex art. 43 TCE) e della libera prestazione di servizi ex art. 56 TFUE (ex art. 49 TCE), nonché dei princìpi europei che presiedono all’affidamento ed all’esecuzione delle commesse pubbliche (art. 18, Direttiva 2014/24/UE; art. 3, Direttiva 2014/23/UE).
I criteri di scelta del socio privato della società-mista pubblico-privata, inoltre, dovranno essere individuati anche nelle capacità tecniche dello stesso operatore economico e nelle caratteristiche della sua offerta, in considerazione delle prestazioni specifiche da fornire, piuttosto che con riferimento al solo capitale conferito dalla società, sì da potersi inferire che la selezione del concessionario risulti in via indiretta da quella del socio medesimo (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 28 luglio 2011, n. 4527).
Il Collegio, invero, riteneva che la significativa partecipazione dell’Amministrazione aggiudicatrice al capitale sociale di una delle società del costituendo R. T. I., sebbene in forma indiretta per il tramite di AMA S. p. a., giustificasse l’esclusione dello stesso concorrente, quale possibile futuro socio operativo, dal confronto competitivo, lungi dalla integrazione di una violazione dei princìpi di tassatività delle clausole di esclusione (art. 83, comma 8, D. L.gs. n. 50/2016) e di parità di trattamento e di trasparenza (art. 30, comma 1, D. Lgs. n. 50/2016; art. 18, Direttiva 2014/24/UE) ovvero dalla configurazione di un eccesso di potere nell’espletamento del procedimento di gara.
Con distinti ricorsi, pertanto, le società costituenti l’operatore economico estromesso dalla procedura evidenziale interponevano appello avverso la statuizione del giudice di prime cure, censurata in ragione dell’assenza, nella legge speciale di gara, di una distinzione tra socio operativo e socio finanziario ai fini del computo della percentuale del 49%, prescritta quale limite massimo per la partecipazione del socio privato al capitale sociale della newco ed in tesi integrata anche mediante una partecipazione pubblica indiretta, quale detenuta da AMA S. p. a. in Roma Multiservizi S. p. a., in quanto non espressamente impedita dalla disciplina della lex specialis della gara c. d. a doppio oggetto.
L’impianto motivazionale della sentenza con la quale il Giudice di prima istanza ha respinto le censure formulate avverso il provvedimento di esclusione del costituendo R. T. I. dalla procedura evidenziale – la cui legittimità, peraltro, risulterebbe infirmata in ragione della dedotta violazione del richiamato principio di tassatività e del principio del clare loqui (art. 83, comma 8 del D. Lgs. n. 50/2016) – avrebbe sotteso una inammissibile interpretazione finalistica degli atti di gara, in guisa difforme dai canoni fondamentali che presiedono all’interpretazione letterale (cfr. art. 12, comma 1 delle Disposizioni sulla legge in generale).
La peculiarità del servizio prefigurato quale oggetto sociale della newco, ovvero il servizio integrato scolastico, avrebbe fugato, quanto al c. d. rischio da carenza di domanda, la preoccupazione per la partecipazione della stessa Amministrazione aggiudicatrice al capitale sociale della costituenda società-mista pubblico-privata oltre l’indice percentuale del 51%, prescritto dall’art. 17 del D. Lgs. n. 175/2016, dalla legge speciale di gara, nonché dallo statuto della newco quale limite per la partecipazione del socio pubblico alla società-mista pubblico-privata.
Gli appellanti, d’altra parte, reiteravano la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE ex art. 267 TFUE, già formulata nel giudizio di primo grado, in punto di conformità con il diritto europeo e con i princìpi che devono informare le procedure di affidamento delle commesse pubbliche di una normativa nazionale che precluda ad un operatore economico la partecipazione ad una gara c. d. a doppio oggetto, indetta per l’affidamento di un appalto di servizi, in ragione della sola partecipazione indiretta dell’Amministrazione aggiudicatrice al capitale sociale della stessa società concorrente.
L’art. 12 della Direttiva 2014/24/UE, in particolare, esenta dall’applicazione delle disposizioni recate dalla stessa fonte di diritto europeo derivato l’affidamento di un appalto pubblico ad una persona giuridica di diritto pubblico ovvero di diritto privato quante volte
a) l’Amministrazione aggiudicatrice eserciti sull’operatore economico un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi;
b) oltre l’80% delle attività della persona giuridica controllata risultino effettuate nell’espletamento di compiti ad essa affidati dall’Amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dalla stessa Amministrazione aggiudicatrice;
c) nella persona giuridica controllata non vi sia alcuna partecipazione di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportino controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei Trattati, che non esercitino un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata (cfr. Considerando n. 32, Direttiva 2014/24/UE).
(1) La Sezione rileva come il socio privato di una società-mista pubblico-privata, individuato mediante l’esperimento di una procedura evidenziale c. d. a doppio oggetto, onde perseguire finalità di interesse pubblico o generale (art. 4, comma 2, D. Lgs. n. 50/2016), quale manifestazione del potere discrezionale riconosciuto all’Amministrazione, debba risultare operativo e giammai un mero socio di capitale.
Il carattere preliminare del ruolo assunto dalla partecipazione del socio privato al capitale sociale della società-mista pubblico-privata, invero, rinviene ragione nel perseguimento di fini di interesse generale, che ne integrano l’oggetto sociale, altrimenti impedito dalla carenza in seno alla Pubblica Amministrazione delle competenze necessarie alla sua implementazione (cfr. CGUE, Sez. III, 15 ottobre 2019, C-196/08, Acoset; Id., 22 dicembre 2010, C-215/09, Mehilainen Oy).
L’osservanza dei princìpi eurounitari, pertanto, rende ragione delle soglie prescritte ope legis per la partecipazione al capitale sociale di una società-mista pubblico-privata – individuate nell’indice minimo del 30% delle quote sociali per il socio privato e nell’indice massimo del 70% per il socio pubblico (art. 17, comma 1, D. Lgs. n. 175/2016) – atteso che una diversa ripartizione delle partecipazioni societarie non potrebbe assicurare, alla stregua della valutazione insindacabile e non irragionevole del Legislatore nazionale, il perseguimento dell’oggetto sociale.
Il Collegio, peraltro, rileva come l’indice del 70%, prescritto ope legis quale limite massimo per la partecipazione del socio pubblico al capitale sociale di una società-mista pubblico-privata, funga, altresì, da discrimine oltre il quale l’attività dell’operatore economico sortirebbe un’alterazione della concorrenza in un dato settore del mercato, specialmente in termini di limite eccessivo – ovvero al di sotto del 30% – del rischio economico associato alla partecipazione alla stessa impresa che grava sul socio privato della società-mista pubblico-privata.
L’attività di impresa, erogata dietro corrispettivo ed informata allo scopo di lucro, quale in effetti esercitata dalla società-mista pubblico-privata – sebbene preposta ad assicurare lo svolgimento di servizi di interesse generale, quali definiti dall’art. 2, comma 1, lett. h) del D. Lgs. n. 175/2016 – rende necessario, invero, precisare e distinguere lo scopo pubblico dell’Amministrazione, di guisa che l’attività della società-mista pubblico-privata ed i servizi da questa offerti risultano sottoposti a condizioni di accessibilità altrimenti deteriori per un soggetto di natura esclusivamente privata.
Il Giudice a quo, pertanto, precisa, in punto di rilevanza delle questioni oggetto di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE per la definizione del gravame, come l’assunzione della sola natura giuridica del socio privato di una società-mista pubblico-privata ovvero della partecipazione pubblica al capitale sociale della stessa quale parametro alla stregua del quale computare le soglie prescritte ope legis per la ripartizione delle partecipazioni societarie al capitale della società-mista pubblico-privata non rivesta carattere meramente formale.
Secondo la prospettazione delle parti appellanti, infatti, la mera configurazione quale soggetto privato, in quanto s. p. a., dell’operatore economico che partecipi alla procedura evidenziale indetta per la designazione del socio privato di una costituenda società-mista pubblico-privata assumerebbe rilievo dirimente, ai fini del computo delle soglie di partecipazione predette, nell’osservanza dei princìpi di parità di trattamento e di non discriminazione tra i concorrenti (art. 30, comma 2 c. p. a.; art. 18, Direttiva 2014/24/UE), nonché della libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.) ed in disparte l’effettiva composizione della compagine sociale e la natura del capitale del possibile e futuro socio operativo della newco.
D’altra, la partecipazione pubblica al capitale sociale del socio privato di una costituenda società-mista pubblico-privata, che, sebbene in forma indiretta, superi la soglia del 51% prescritta ope legis – oltre che, in tesi, dalla legge speciale di gara –, condurrebbe alla elusione del dettato normativo nazionale, recherebbe pregiudizio all’efficienza del mercato ed integrerebbe una violazione del principio di concorrenza, attesi gli indebiti vantaggi assicurati allo stesso socio privato della newco dalla partecipazione pubblica, sì da configurare una sostanziale rendita di posizione idonea ad ostacolare l’accesso proficuo di altri operatori economici ad un dato segmento di mercato inerente la stessa attività economica.
La Sezione remittente, pertanto, precisa come la decisione di una P. A. che – in puntuale applicazione ed in attuazione delle deliberazioni del proprio organo di indirizzo politico-amministrativo – assuma la composizione concreta dei partners che partecipino alla procedura evidenziale per la designazione del socio privato della costituenda newco – il cui capitale sociale rechi una partecipazione pubblica oltre il limite prescritto ope legis – quale criterio per disporne l’estromissione dal confronto competitivo, potrebbe ritenersi conforme ai princìpi di legalità sostanziale, di imparzialità e di buon andamento della P. A. (art. 97, comma 2 Cost.), nonché ai richiamati princìpi eurounitari.
Avv. Marco Bruno Fornaciari