Integra la violazione dell’art. 1, Protocollo n. 1, CEDU, l’applicazione retroattiva di una legge in materia di sussidi pubblici alle imprese recante nuovi criteri per il riconoscimento del relativo diritto, in quanto essa ha alterato il giusto equilibrio tra le esigenze di interesse generale e gli imperativi di salvaguardia dei diritti fondamentali della società ricorrente. (Nel caso di specie, la Corte ha statuito che il ritardo dell’Amministrazione nel compimento delle formalità che dovevano precedere il versamento del saldo delle sovvenzioni ha avuto un’influenza determinante sull’applicazione delle nuove regole introdotte dalla Legge n. 488 del 1992) (1) (CEDU, 18 maggio 2010, Ric. 16021.02, Palam S. p. a. c. Italia).
L’anzianità virtuale riconosciuta ai dipendenti pubblici degli Enti locali in sede di trasferimento nei ruoli organici del MIUR in luogo dell’anzianità maturata presso l’Amministrazione di provenienza, in ragione dell’applicazione retroattiva dell’art. 3 del Decreto interministeriale 5 aprile 2001, giusta l’art. 8, comma 2 L. 3 maggio 1999, n. 124, quale riveniente dalla norma di interpretazione autentica dell’art. 1, comma 218 L. 23 dicembre 2005, n. 266, integra un’ingerenza eccessiva e sproporzionata dello Stato membro nel diritto all’inquadramento professionale contemplato dalla normativa applicabile ratione temporis, quale bene tutelato dalla guarentigia convenzionale accordata al diritto di proprietà dall’art. 1, §§ 1 e 2, Prot. Add. CEDU) (2) (CEDU, 30 gennaio 2020, Ric. 29483.11, Cicero e a. c. Italia).
Con la sentenza dedotta in rassegna, la Corte EDU definisce il ricorso individuale ex art. 34 CEDU, proposto dall’operatore economico avverso lo Stato membro, attesa la sentenza con la quale il Consiglio di Stato aveva confermato la statuizione del Giudice del primo grado di giudizio di reiezione dell’impugnativa proposta dalla società ricorrente avverso il provvedimento del Ministero dell’Industria, recante la concessione delle sovvenzioni-pubbliche contemplate dalla L. 2 maggio 1976, n. 183 e dal D. P. R. 9 novembre 1976, n. 902, il cui importo veniva computato alla stregua dei criteri prescritti dal D. L. 22 ottobre 1992, n. 415, convertito dalla L. 19 dicembre 1992, n. 488, piuttosto che secondo la disciplina previgente di cui al D. M. 28 giugno 1979 ed al D. P. R. 6 marzo 1978, n. 218.
L’applicazione delle norme di cui al D. L. 415/1992, convertito dalla L. 488/1992, avrebbe importato l’adozione, quale esclusivo criterio di computo della sovvenzione pubblica erogata con l’avversato provvedimento, l’importo indicato nella prima istanza di concessione della sovvenzione pubblica ex L. 183/1976 ed il D. P. R. 902/1976 formulata dall’operatore economico, sebbene inferiore agli investimenti effettivamente intervenuti in corso d’opera e sottesi all’istanza di revisione in aumento della sovvenzione – presentata dalla società ricorrente prima dell’avvio dell’impianto – ed il cui incremento veniva riconosciuto dall’Agenzia in misura proporzionale al sussidio.
L’art. 1, comma 3, lett. e) del D. L. 415/1992, convertito dalla L. 488/1992, entrato in vigore successivamente alla data di avvio a pieno regime dello stabilimento industriale, invero, contemplava i soli interventi di agevolazione alle attività produttive che risultassero richiesti con domanda acquisita dagli istituti abilitati anteriormente alla data di entrata in vigore del D. L. 14 agosto 1992, n. 363, purché avessero conseguito alla stessa data la realizzazione, accertata dalla Agenzia per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno, di almeno il 30% degli investimenti fissi previsti nel piano progettuale.
D’altra parte, l’art. 8, comma 7 del D. M. 28 giugno 1979, disponeva che nelle ipotesi di variazione delle spese, intervenute nel corso della realizzazione del progetto, ivi comprese quelle rivenienti da un perfezionamento di quest’ultimo, contenute nel limite del 20% dell’investimento fisso, la Cassa per il Mezzogiorno avrebbe atteso alla perequazione necessaria degli investimenti fissi e delle agevolazioni che vi afferiscono una volta terminati i lavori, tenuto conto del rapporto di istruzione d hoc dell’istituto di finanziamento.
Il Giudice di secondo grado – la cui pronuncia integrava l’esaurimento delle vie di ricorso interne, quale condizione di ammissibilità del ricorso dinanzi alla Corte EDU (art. 35, par. 1 CEDU) – confermava, peraltro, come la disciplina della fattispecie oggetto di giudizio dovesse essere individuata nel D. L. 415/1992, convertito dalla L. 488/1992, in quanto entrato in vigore nel torno di tempo anteriore alla definizione del procedimento di concessione del finanziamento erogato con il gravato provvedimento, identificata con l’ispezione prescritta per l’accertamento delle condizioni necessarie alla erogazione del sussidio (art. 12, § 2 D. M. 28 giugno 1979).
Secondo la prospettazione di parte ricorrente, l’applicazione retroattiva della L. 488/1992 avrebbe ostato all’aggiornamento dell’importo oggetto della prima istanza di concessione della sovvenzione pubblica, quale diritto di credito – certo, in quanto riconosciuto dalla legislazione vigente, ed esigibile – integrante un bene tutelato dall’art. 1, § 1 Prot. Add. CEDU (“Protezione della proprietà“), pregiudicato dalla definizione del procedimento secondo la inedita disciplina, sebbene l’intervenuto riconoscimento degli investimenti supplementari compiuti dalla società quale perfezionamento del progetto iniziale, soggetto alla perequazione dell’importo originario piuttosto che all’esperimento di una procedura ex novo (art. 8, § 7 D. M. 28 giugno 1979) (cfr., CEDU, 9 settembre 2014, Ric. 657/10, Caligiuri e a. c. Italia; CEDU, 7 giugno 2011, Ric. 43549/08, Agrati e a. c. Italia; CEDU, 21 giugno 2006, Ric. 11810/03 – Maurice c. France).
La più recente giurisprudenza convenzionale, quale dedotta in epigrafe, invero, ha affermato come l’ingerenza delle Autorità di uno Stato membro nell’esercizio dei diritti fondamentali, onde attendere alla disciplina dei beni anche in termini difformi dalla guarentigia convenzionale accordata al diritto di proprietà dall’art. 1, § 1 Prot. Add. CEDU, risulti legittima quante volte realizzi il giusto equilibrio tra le esigenze dell’interesse generale ed i requisiti della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo ed assicuri la sussistenza di un rapporto ragionevole di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito (cfr., ex multis, Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 19 ottobre 2000, Ric. 31227/96 – Ambruosi c. Italia).
L’art. 1, § 2 Port. Add. CEDU, infatti, riconosce in capo agli Stati membri il diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare comunque l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale ovvero per assicurare la corresponsione delle imposte, di altri contributi ovvero delle ammende.
La disciplina del procedimento di concessione delle agevolazioni finanziarie, recata dal D. M. 28 giugno 1979 e dalla L. 183/1976, risulterebbe divisata in termini compiuti, nonché informata ai criteri oggettivi prescritti in sede legislativa, in guisa da configurare in capo all’operatore economico istante un diritto soggettivo nei confronti dell’Agenzia, successivamente all’adozione del provvedimento di erogazione della sovvenzione pubblica e con la sola riserva della successiva verifica di effettiva realizzazione degli interventi programmati (cfr. Cass., S. U., 28 maggio 1986, n. 3600; 7 luglio 1988, n. 4480; 5 settembre 1997, n. 8585; 25 maggio 2001, n. 225; Cons. Stato, Sez. VI, 16 aprile 2002, n. 3470).
La determinazione degli obiettivi della politica industriale, dei relativi programmi e dei criteri da soddisfare per accedere alle sovvenzioni-pubbliche, pertanto, avrebbero integrato i soli profili soggetti alla valutazione discrezionale attribuita alle Autorità degli Stati membri nella individuazione degli interventi programmati per l’incentivo allo sviluppo economico di singole aree del territorio nazionale, nel perseguimento dell’interesse pubblico selezionato e lungi dalla mera verifica della conformità della progettualità dei privati ai richiamati parametri che l’Agenzia è chiamata ad espletare.
Il Governo italiano, nelle osservazioni scritte prodotte sul merito della causa, deduceva come il potere discrezionale di valutazione attribuito alle Autorità amministrative interne nel procedimento di concessione delle sovvenzioni-pubbliche ex L. 183/1976 e D. P. R. 902/1976 impedisse la configurazione del finanziamento quale bene, oggetto della guarentigia convenzionale riconosciuta al diritto di proprietà dall’art. 1, § 1 Prot. Add. CEDU, atteso che soltanto la definizione della procedura di erogazione ed il compiuto accertamento delle condizioni preliminari avrebbe importato il riconoscimento in capo all’istante di un diritto al conseguimento dell’utilità.
La difesa erariale, pertanto, rilevava l’assenza di ogni aspettativa legittima in capo alla ricorrente in ordine al conseguimento del finanziamento – integrante un bene futuro piuttosto che un bene presente, tutelato dall’art. 1, § 1 Prot. Add. CEDU – e precisava come la disponibilità dei fondi stabiliti annualmente dallo Stato membro per il sostegno alle iniziative industriali – quale decisione di precipuo carattere politico sul bilancio pubblico – condizionasse l’esito dell’istanza di concessione delle sovvenzioni-pubbliche ex L. 183/1976 ed al D. P. R. 902/1976, sì da rendere tamquam non esset ogni determinazione adottata – in termini giammai provvisori – dall’Amministrazione.
La ricognizione in punto di fatto della fattispecie oggetto di giudizio, inoltre, avrebbe dimostrato come soltanto la definizione del procedimento contemplato dal D. M. 28 giugno 1979 ed al D. P. R. 218/1978 per la concessione delle sovvenzioni-pubbliche richieste dall’istante – identificato con l’ispezione ex art. 12, §2 D. M. 28 giugno 1979, intervenuta dopo l’entrata in vigore della L. 488/1992 – avesse importato il consolidamento nella sfera giuridica dell’istante di una posizione giuridica soggettiva in ordine al conseguimento del bene anelato, in ragione della immediata applicazione alle procedure in corso della disciplina normativa medio tempore intervenuta, sebbene priva di ogni incidenza sulle sovvenzioni-pubbliche già accordate al momento della sua entrata in vigore.
L’applicazione retroattiva della L. 488/1992, peraltro, sarebbe risultata esente da ogni profilo di illegittimità, attesa la necessità di limitare l’incidenza di un incremento esponenziale delle sovvenzioni-pubbliche accordate sulle bilancio dello Stato, quale imperiosa ragione di interesse generale, sottesa al diritto degli Stati membri di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare comunque l’uso dei beni oggetto del diritto di proprietà, in uno alla necessità di assicurare la corresponsione delle imposte, di altri contributi ovvero delle ammende (art. 1, § 2 Prot. Add. CEDU).
La ragione del ritardo nella verifica del buon funzionamento dell’impianto, ascritto alla responsabilità dell’Amministrazione nelle deduzioni di parte ricorrente, inoltre, avrebbe dovuto essere individuata negli avvicendamenti nel mandato di presidente della Commissione incaricata della verifica ex art. 12, § 2 D. M. 28 giugno 1979 – infine nominato con D. M. 26 aprile 1994 del Ministro dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato – quale fatto imprevisto, che peraltro aveva consentito di verificare l’insussistenza delle condizioni necessarie per la concessione della sovvenzione pubblica, quale un incremento degli investimenti iniziali in una percentuale superiore alla configurazione di un mero perfezionamento.
Ogni accelerazione dell’iter procedimentale successivo alla entrata in vigore della nuova legislazione, pertanto, sarebbe risultata priva di effetto utile, posto che la sospensione de facto dei procedimenti di concessione delle sovvenzioni-pubbliche per le spese supplementari ex L. 183/1976 e D. P. R. 902/1976 – resa necessaria dalla limitazione del finanziamento delle attività industriali nelle aree meridionali, quale prospettata in sede parlamentare – avrebbe importato comunque l’applicazione della nuova disciplina nell’esame dell’istanza della ricorrente, sebbene la Commissione avesse informato la propria attività ad un criterio di normale diligenza, che avrebbe imposto il deposito dei rapporti di verifica entro sei mesi dal conferimento del mandato, quale regola generale.
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La Corte EDU rileva la portata autonoma della nozione di bene, contemplata dall’art. 1, § 1 Prot. Add. CEDU, nella quale la consolidata giurisprudenza convenzionale sussume non soltanto i beni attuali, ma anche i valori patrimoniali, quale un diritto soggettivo di credito, idonei ad integrare almeno una speranza legittima del ricorrente in ordine al conseguimento del godimento effettivo dell’utilità, quale oggetto della guarentigia convenzionale accordata al diritto di proprietà (CEDU, 6 ottobre 2009, Ric. 22718/2008, Association nationale des pupilles de la Nation c. Francia; CEDU, 5 gennaio 2000, Ric. 33202/1996, Beyeler c. Italia; CEDU, 25 marzo 1999, Ric. 31107/96, Iatridis c. Grecia; CEDU, 28 settembre 2004, Ric. 44912/1998, Kopecky c. Slovacchia).
La ricognizione in punto di fatto della fattispecie oggetto di giudizio, invero, dimostra come la concessione in via provvisoria alla società istante delle sovvenzioni-pubbliche ex L. 183/1976 e D. P. R. 902/1976 – intervenuta con una nota dell’Agenzia, che postulava l’avvenuto accertamento da parte della Commissione della conformità del progetto industriale ai presupposti di legge – abbia importato la maturazione di una speranza legittima in capo all’operatore economico in ordine al conseguimento del finanziamento, integrante un bene tutelato dall’art. 1, § 1 Prot. Add. CEDU (CEDU, 3 marzo 2009, Ric. nn. 37639/2003, 37655/2003, 26736/2004 e 42670/2004, Bozcaada Kimisis Teodoku Rum Ortodos Kilisesi Vakfi c. Turchia).
Il parere di conformità del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, invero, postulava l’esito positivo dell’accertamento di conformità del progetto industriale ai presupposti di legge, attribuito alla competenza della Commissione, e costituiva titolo per il godimento delle sovvenzioni-pubbliche, giusta gli artt. 72, comma 6 e 75, comma 1 D. P. R. 218/1978, in ragione del carattere vincolante per ogni Amministrazione pubblica dell’atto consultivo, con riferimento alla sussistenza delle condizioni prescritte per l’accesso al sistema di finanziamento previsto dallo Stato convenuto nell’ambito della politica industriale.
Il conseguimento delle sovvenzioni-pubbliche ex L. 183/1976 ed al D. P. R. n. 902/1976, d’altra parte, avrebbe integrato un interesse sostanziale protetto in capo alla società ricorrente anche con riferimento all’incremento del finanziamento in misura proporzionale agli investimenti effettuati dall’operatore economico in corso d’opera, quale mero perfezionamento del progetto industriale, riconosciuto con la richiamata nota dell’Agenzia, attesa l’assenza di modifiche sostanziali rivenienti dalle prospettate variazioni (art. 8, § 7 D. M. 28 giugno 1979).
D’altra parte, l’incremento del finanziamento inizialmente accordato all’operatore economico avrebbe del pari configurato in capo alla impresa un interesse sostanziale protetto, ovvero un bene ai sensi dell’art. 1, § 1 Prot. Add. CEDU, sebbene nell’adempimento dell’impegno assunto in conformità ai termini rivenienti dalla revisione progettuale, nonché delle obbligazioni prescritte dalla legge, il cui positivo accertamento era intervenuto con l’espletamento da parte della Commissione della verifica ex art. 12, § 2 D. M. 28 giugno 1979.
L’adozione quale criterio di computo delle sovvenzioni-pubbliche ex L. 183/1976 e D. P. R. 902/1976, dell’importo degli investimenti sottesi alla iniziale istanza di concessione formulata dalla società ricorrente in ragione dell’applicazione retroattiva della L. 488/1992, pertanto, avrebbe integrato una lesione ad un bene nella titolarità dell’operatore economico, tutelato dall’art. 1, § 1 Prot. Add. CEDU, attesa anche la pianificazione dei progetti industriali sulla base del parametro della redditività, quale riveniente dal costo e dalla incidenza di eventuali finanziamenti pubblici prospettati dalle Autorità dello Stato membro (CEDU, 3 marzo 2009, Ric. nn. 37639/2003, 37655/2003, 26736/2004 e 42670/2004, Bozcaada Kimisis Teodoku Rum Ortodos Kilisesi Vakfi c. Turchia).
Il diritto, riconosciuto agli Stati membri dall’art. 1, § 2 Prot. Add. CEDU, di porre in vigore la legislazione ritenuta comunque necessaria per disciplinare l’uso dei beni, anche in termini non conformi alla tutela assicurata al diritto di proprietà di cui all’art. 1, § 1 Prot. Add. CEDU, inoltre, deve assicurare il giusto equilibrio tra le esigenze di interesse generale della comunità – sottese all’approvazione delle norme ritenute necessarie dallo Stato membro – e gli imperativi di salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo, in capo al quale non deve gravare un onere eccessivo ovvero esorbitante (CEDU, 7 luglio 1989, Ric. 10873/1984, Tre Traktorer AB c. Svezia).
Il decreto del Ministro dell’Industria del 28 giugno 1995, recante concessione definitiva alla ricorrente delle sovvenzioni-pubbliche ex L. 183/1976 e D. P. R. 902/1976 sulla base del solo investimento inizialmente previsto – lungi da una lesione dell’art. 1, § 1 Prot. Add. CEDU, che non osta all’applicazione retroattiva di una norma di legge – avrebbe rinvenuto una base legale, nell’ordinamento interno, nella inedita disciplina di cui al D. L. 415/1992, convertito nella L. 488/1992, sebbene la configurazione di una ingerenza delle Autorità dello Stato convenuto nella facoltà di godimento di un bene dell’impresa, sulla quale veniva imposto un onere eccessivo rispetto al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica (cfr., ex multis, CEDU, 16 marzo 2010, Ric. 72638/2001, Di Belmonte c. Italia).
Il mancato espletamento in termini regolari e puntuali, da parte dell’Agenzia, della verifica prescritta dagli artt. 12, § 2 e 13 D. M. 28 giugno 1979 e dall’art. 73, § 3 D. P. R. 218/1978 per la liquidazione del saldo delle sovvenzioni-pubbliche – in uno al riscontro dell’esito positivo dell’accertamento in un torno di tempo successivo all’avvio dell’impianto industriale – ha inciso in termini determinanti sul computo dell’importo oggetto di finanziamento alla stregua della iniziale istanza di concessione, giusta l’art. 3, comma 1, lett. e) D. L. 415/1992, convertito dalla L. 488/1992, piuttosto che in ragione degli investimenti intervenuti in corso d’opera, a mente dell’art. 8, comma 7 del previgente D. M. 28 giugno 1979.
Avv. Marco Bruno Fornaciari