Il D.Lgs. 17 ottobre 2016, n. 201, recante ‘Attuazione della direttiva 2014/89/UE che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio-marittimo ‘ all’art. 5, comma 1, ha previsto l’adozione di appositi “piani di gestione”, da approvare entro il 31 dicembre 2020, per regolamentare la gestione dello spazio-marittimo, distribuendo in termini spaziali e temporali le pertinenti attività e usi delle acque marine, presenti e futuri, avuto riguardo anche ad impianti ed infrastrutture per la produzione di energie da fonti rinnovabili; l’omessa previsione di una disciplina transitoria, tuttavia, in ossequio al principio generale di continuità dell’azione amministrativa, non può di per sè comportare la sostanziale paralisi di tutti i procedimenti in corso, dovendo al contrario gli stessi essere definiti secondo le regole preesistenti (1).
In caso di contrasto tra amministrazioni nell’ambito di un procedimento di VIA/VAS è dunque sempre possibile attivare il rimedio generale previsto dall’art. 5, comma 2, lett c bis), introdotto nella l. 23 agosto 1988, n. 400 dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303. Nel declinare, infatti, le prerogative del Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’art. 95 Cost., la norma gli attribuisce anche la facoltà di <<deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti>>. La norma peraltro non obbliga il Presidente del Consiglio a sottoporre il conflitto al vaglio del Consiglio dei Ministri (“può”, non “deve” disporne la convocazione), né vincola la scelta di quest’ultimo, che resta un atto di alta amministrazione espressione di amplissima discrezionalità amministrativa (2).
E’ preclusa all’Amministrazione procedente la possibilità di cercare autonomamente di conciliare l’interesse paesaggistico con gli altri interessi in gioco, compreso quello ambientale appannaggio della Commissione tecnica costituita ai sensi dell’art. 7, D. L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 luglio 2008, n. 123 all’uopo; la funzione di tutela del paesaggio, infatti, è estranea a ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione; tale regola essenziale di tecnicità e di concretezza, per cui il giudizio di compatibilità dev’essere, appunto, “tecnico” e “proprio” del caso concreto, applica il principio fondamentale dell’art. 9 Cost., il quale consente di fare eccezione anche a regole di semplificazione a effetti sostanziali altrimenti praticabili; anche laddove, cioè, il legislatore abbia scelto una speciale concentrazione procedimentale, come quella che si attua con il sistema della conferenza dei servizi, essa non comporta comunque un’attenuazione della rilevanza della tutela paesaggistica perché questa si fonda su un espresso principio fondamentale costituzionale (3) (Cons. Stato, Sez. IV, 2 marzo 2020, n. 1486).
Con domanda presentata al competente Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), la società appellante instava per l’adozione, di concerto con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Turismo (MIBACT), del provvedimento di valutazione di compatibilità ambientale di un progetto di parco eolico off-shore, da localizzare nel tratto di mare antistante la costa, secondo il procedimento contemplato dalle disposizioni del Capo IV del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, nella formulazione applicabile ratione temporis, giusta l’art. 23 del D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, di attuazione della Direttiva 2014/52/UE.
La Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale (VIA), costituita da componenti nominati con decreto del MATTM (art. 7 del D. L. 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 luglio 2008, n. 123) e competente all’esperimento della relativa istruttoria, pertanto, esprimeva parere positivo, sebbene l’avvenuta richiesta – di cui si dava atto in sede di premessa e regolarmente evasa – di integrazioni istruttorie pervenuta dal MIBACT, che, “nell’ambito del procedimento di VIA di che trattasi”, aveva espresso medio tempore due pareri negativi, analogamente alle delibere adottate dalla Giunta regionale.
L’esito positivo della valutazione rimessa alla Commissione tecnica di verifica, difforme dalle precedenti determinazioni assunte dall’Amministrazione preposta alla tutela degli interessi paesaggistici, integrava, quindi, i presupposti per l’attivazione della procedura contemplata dall’art. 5, comma 2, lett. c-bis) della L. 23 agosto 1988, n. 400, per come richiesta con istanza formulata dal MATTM al Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DICA).
La disposizione de qua, infatti, statuisce che, il Presidente del Consiglio dei Ministri può deferire al Consiglio dei Ministri, ai fini di una complessiva valutazione ed armonizzazione degli interessi pubblici coinvolti, la decisione di questioni sulle quali siano emerse valutazioni contrastanti tra amministrazioni a diverso titolo competenti in ordine alla definizione di atti e provvedimenti, in conformità al disposto dell’art. 95, comma 1 Cost., che attribuisce all’organo costituzionale monocratico la funzione di mantenimento dell’unità di indirizzo politico ed amministrativo, mediante la promozione ed il coordinamento dell’attività dei Ministri.
Il DICA, tuttavia, restituiva l’istanza e gli atti ad essa allegati al MATTM in ragione della ritenuta non sussistenza, allo stato attuale, dei presupposti per attendere alla relativa istruttoria, attesa la mancata attuazione della pianificazione dello spazio-marittimo prevista dal D. Lgs. 17 ottobre 2016, n. 201, recante “Attuazione della direttiva 2014/89/UE che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio-marittimo “, “incidente in via immediata e diretta sulle valutazioni da svolgere nel procedimento” ex art. 5, comma 2, lett. c-bis, L. n. 400/1988 (nota prot. n. 23582/DICA del 22 novembre 2017, acquisita al prot. n. 27248/DVA del 23 gennaio 2017).
L’art. 5, comma 1, D. Lgs. n. 201/2016, infatti, ha stabilito che la pianificazione dello spazio-marittimo è attuata attraverso l’elaborazione di piani di gestione, che individuano la distribuzione spaziale e temporale delle pertinenti attività e dei pertinenti usi delle acque marine, presenti e futuri, che possono includere, inoltre, impianti ed infrastrutture per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, di interesse nel caso di specie.
Più specificamente, l’elaborazione dei piani di gestione per ogni area marittima – individuata nelle Linee guida definite, per ogni sottoregione marittima, da un Tavolo interministeriale di coordinamento istituito presso il Dipartimento per le Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 6) – è stata rimessa alla competenza di un Comitato tecnico – da istituire presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti quale Autorità competente (MIT) (art. 7) – entro il termine del 31 dicembre 2020, successivamente prorogato al 31 marzo 2021, previo parere della Conferenza permanente Stato-Regioni (art. 5, comma 5, come modificato dall’art. 13-bis, D.L. n. 162/2019, conv., con modificazioni, nella L. n. 8/2020).
Il MATTM, pertanto, nella persistenza del contrasto insorto con il MIBACT e considerata l’assenza di rimedi alternativi alla procedura ex art. 5, comma 2, lett. c-bis, L. n. 400/1988 per la definizione del procedimento di adozione della VIA sull’elaborato progettuale in argomento, sospendeva, con nota del Dirigente della Direzione Generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali del MATTM, il procedimento di valutazione della compatibilità ambientale (prot. n. 0029879 del 22 dicembre 2017).
Il Ministero precisava, peraltro, come avrebbe provveduto a riproporre al DICA l’attivazione di un nuovo procedimento ex art. 5, comma 2, lett. c-bis, L. n. 400/1988 per la risoluzione del conflitto insorto con il MIBACT nell’ambito del procedimento per il rilascio della VIA sul progetto presentato dall’operatore economico proponente, una volta definiti gli strumenti di pianificazione dello spazio-marittimo di cui al D. Lgs. n. 201/2016, richiamati dal Dipartimento, e qualora ne ricorressero i presupposti.
Avverso la nota del DICA ed il provvedimento del MATTM che aveva disposto la sospensione del procedimento di VIA insorgeva la società proponente, che, sotto la rubrica di distinti motivi di ricorso, ne censurava, tra l’altro, la violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 2, 3, 7, 21-quater, comma 2, L. 7 agosto 1990, n. 241 e delle disposizioni del D.Lgs. n. 201/2016, nonché violazione dei principi di legalità, tipicità e nominatività degli atti amministrativi e dei canoni di economicità, di efficacia e di proporzionalità dell’azione della P. A.; violazione del principio di affidamento (art, 2 Cost. ed art. 1175 c. c.) e di buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97, comma 2 Cost.).
Il Giudice di prima istanza respingeva il ricorso, attesa la ritenuta legittimità del provvedimento di sospensione del procedimento di VIA, in assenza di una disposizione specifica che conferisse al MATTM il potere di superare le valutazioni di cui ai pareri negativi endoprocedimentali resi dal MIBACT e dalla Regione con le richiamate delibere di Giunta – quali organi del pari coinvolti nel procedimento -, resi intangibili in ragione della mancata proposizione di un autonomo gravame.
Il Collegio, infatti, rilevava come, in punto di interesse, la società ricorrente avrebbe potuto conseguire un provvedimento positivo soltanto all’esito del procedimento di cui all’art. 5, comma 2, lett. c-bis), L. n. 400/1988, il cui esperimento, unico sbocco alternativo dell’istanza per l’adozione del provvedimento di VIA, sarebbe stato legittimamente denegato, peraltro, con l’avversata nota del DICA, in ragione della competenza della Presidenza del Consiglio dei Ministri ad accertare l’esistenza dei presupposti giuridici per l’esercizio del potere sostitutivo ex art. 5, L. n. 400/1988, piuttosto che all’adozione del provvedimento finale (T. A. R. Puglia – Lecce, Sez. I, 26 settembre 2020, n. 1358.
La società proponente, quindi, interponeva ricorso in appello avverso la statuizione del Giudice di prime cure, posto che la circostanza dell’omessa impugnativa dei pareri negativi endoprocedimentali – lungi dal configurare una acquiescenza dell’operatore economico alle determinazioni assunte dalle Amministrazioni competenti, rilevante in punto di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse ad agire (art. 100 c. p. c. ed art. 39, comma 1 c. p. a.) – avrebbe integrato il presupposto per l’attivazione del procedimento di cui all’art. 5, comma 2, lett. c-bis, L. n. 400/1988, avviato con l’istanza del MATTM e, poi, interdetto con il provvedimento adottato dal DICA.
Secondo la prospettazione di parte appellante, peraltro, la mancata deduzione, nel primo grado di giudizio, di motivi di gravame direttamente riferiti alla avversata nota del DICA avrebbe trovato spiegazione nel carattere ugualmente soprassessorio con il quale il MATTM aveva disposto in via consequenziale la sospensione del procedimento di VIA, censurato nel giudizio di prime cure quale indebito effetto paralizzante di ogni progettualità nello spazio marino a seguito della incompiuta attuazione concreta della disciplina recata dal D.Lgs. n. 201/2016.
I provvedimenti impugnati, inoltre, avrebbero disposto una sospensione ad libitum del procedimento di VIA, in palese contrasto con i principi enucleati nella L. n. 241/1990 e, segnatamente, nell’art. 21-quater, comma 2 che osta al differimento dell’efficacia di un provvedimento oltre il “tempo strettamente necessario”, quale il rinvio della riattivazione del procedimento ex art. 5, comma 2, lett. c-bis), L. n. 400/1988, nell’ambito del procedimento di adozione della VIA, alla avvenuta adozione dei piani di gestione contemplati dal D. Lgs. n. 201/2016, atteso, peraltro, il carattere meramente ordinatorio del termine del 31 dicembre 2020 (rectius, 31 marzo 2021) prescritto dal legislatore per la definizione dei ridetti piani attuativi (art. 5).
L’osservanza delle guarentigie procedimentali assicurate dalla L. n. 241/1990 – la cui necessità era stata esclusa dal giudice del primo grado di giudizio, sull’errato assunto che l’apporto partecipativo del privato non avrebbe potuto comunque incidere l’esito del procedimento di VIA –, inoltre, avrebbe consentito al soggetto proponente di fornire al riguardo proposte, anche di carattere interpretativo, in guisa da determinare esiti diversi da quelli poi intervenuti, considerato, altresì, il carattere affatto scontato della pretermissione del procedimento di cui all’art. 5, comma 2, lett. c-bis, L. n. 400/1988.
Le Amministrazioni intimate, costituitesi in giudizio, insistevano nelle proprie prospettazioni e chiedevano la conferma della sentenza impugnata.
L’avversata nota del DICA, infatti, piuttosto che disporre una sospensione ad libitum del procedimento, avrebbe configurato corretta applicazione del principio tempus regit actum, che imporrebbe alle Amministrazioni competenti di assumere nei termini dovuti il regime giuridico che presiede alla disciplina del procedimento di VIA sia alla data di presentazione dell’istanza da parte del soggetto proponente sia al momento di eventuale rilascio del titolo e che, pertanto, avrebbe condotto alla declaratoria di improcedibilità dell’istanza.
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La Sezione ritiene fondato l’assunto dedotto dalla società appellante in ordine al carattere illegittimo della nota del MATTM, quale indebita sospensione ad libitum del procedimento di VIA avviato con la presentazione dell’elaborato progettuale da parte dell’operatore economico proponente, in guisa difforme dalle indicazioni che si ricavano al riguardo dalla L. n. 241/1990 e, segnatamente, dal disposto dell’art. 21-quater, comma 2 in punto di efficacia ed esecutività del provvedimento amministrativo.
Le Amministrazioni intimate, infatti, in assenza di una disciplina transitoria che regolasse, quanto meno in termini di salvaguardia, lo spazio-marittimo in pendenza del termine ordinatorio del 20 dicembre 2020 (rectius, 31 marzo 2021) – prescritto dall’art. 5, comma 5, D.Lgs. n. 201/2016 per l’elaborazione dei piani di gestione per ogni area marittima – hanno impropriamente assunto la nuova tipologia di pianificazione dello spazio-marittimo quale vincolo di inutilizzabilità piuttosto che come livello di governance, ulteriore rispetto a quelli già previsti e con essi coordinato armonicamente, senza soluzione di continuità.
La Sezione, peraltro, precisa come le Linee guida per la pianificazione dello spazio-marittimo siano state approvate – previa acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Conferenza nazionale di coordinamento delle Autorità di sistema portuale – dal Tavolo interministeriale di coordinamento sulla pianificazione dello spazio-marittimo, costituito presso il Dipartimento per le Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri, giusta l’art. 6 del D.Lgs. n. 201/2016 (D. P. C. M. 1 dicembre 2017, in G. U. 24 gennaio 2018, n. 19).
Le Linee guida recano le indicazioni metodologiche che le Amministrazioni dovranno osservare nell’elaborazione delle proposte, direttive e raccomandazioni per attuarne le indicazioni nei singoli piani di settore, al fine di assicurare un processo operativo e transfrontaliero di pianificazione dello spazio-marittimo, che, in aderenza agli obiettivi comunitari, consenta lo sviluppo delle diverse attività marittime, aumenti la fiducia per investimenti in infrastrutture ed in altre attività economiche, in guisa da rispondere alle peculiarità di ogni area ed attendere alle esigenze di prevedibilità e di trasparenza, nonché di norme maggiormente intellegibili.
La pianificazione dello spazio-marittimo, pertanto, configura uno strumento di primo livello, sovraordinato agli ulteriori e previgenti atti di pianificazione della gestione che involgano lo spazio-marittimo, destinati necessariamente a confluirvi (art. 5, comma 3, D.Lgs. n. 201/2016), sebbene con le modifiche rese necessarie dalla loro armonizzazione con l’indicato livello di programmazione superiore, nella cui cornice dovranno essere collocati gli obiettivi e le azioni specifiche sottese ai singoli piani di settore (art. 14 delle Linee guida).
Il coordinamento e la razionalizzazione di più politiche settoriali in un unico atto di gestione, in quanto tale necessariamente “integrato”, assunto quale obiettivo della Direttiva 2014/89/UE, peraltro, viene perseguito dalla Linee guida anche mediante l’indicazione di forme di collaborazione tra livelli istituzionali per implementare una “copianificazione” Stato-Regioni, quante volte il processo incida su materia assegnata alla competenza esclusiva ovvero concorrente dell’Ente territoriale a mente dell’art. 117, commi 3 e 4 Cost.
La qualificazione della nota del DICA quale mera declaratoria di improcedibilità, d’altra parte, risulta disattesa dall’effetto preclusivo della procedura ex art. 5, comma 2, lett. c-bis, L. n. 400/1988 fino alla avvenuta attuazione della pianificazione dello spazio-marittimo prevista dal D.Lgs. n. 201/2016, sortito dai provvedimenti gravati e tale da configurare impropriamente la mera previsione di un potere/dovere di regolamentazione generale delle risorse marine quale interdizione totale di ogni istanza inerente alle stesse.
L’adesione a tale ermeneusi dell’art. 5, comma 5, D. Lgs. n. 201/2016, peraltro, importerebbe il contrasto del parere reso dalla Commissione tecnica di verifica – quale parte dell’attività portata avanti dal MATTM – con il carattere asseritamente improcedibile delle istanze di utilizzo dello spazio-marittimo pervenute in data successiva all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 201/2016 ed avrebbe ostato alla istanza volta ad attivare l’intervento della Presidenza del Consiglio ex art. 5, comma 2, lett. c-bis), L. n. 400/1988.
Il principio di diritto enucleato dal Collegio e richiamato in epigrafe, del resto, rinviene conferma nella mancata prescrizione, nel disposto dell’art. 5, D.Lgs. n. 201/2016, di misure di salvaguardia in pendenza del procedimento di approvazione dei piani di gestione, assente anche nella Direttiva 2014/89/UE del 23 luglio 2014, che, del pari, ha inteso preservare le scelte anteriori che risultassero conformi all’obiettivo perseguito dal nuovo strumento di pianificazione dello spazio-marittimo, in guisa da ovviare ad una paralisi delle attività e degli interventi che involgano lo spazio-marittimo (cfr. art. 4, Direttiva 2014/89/UE).
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La Sezione, inoltre, rileva come il doveroso esperimento del procedimento di cui all’art. 5, comma 2, lett. c-bis), L. n. 400/1988, precluso dall’Amministrazione con la gravata nota del DICA, non potesse incidere negativamente sugli obiettivi sottesi all’inedito strumento di pianificazione dello spazio-marittimo, ma ne avrebbe recuperato le finalità nel più corretto e consono alveo della decisione rimessa all’organo di vertice del potere esecutivo.
La disposizione de qua, infatti, appronta una disciplina generale ed ordinaria, suscettibile di applicazione anche nelle ipotesi di contrasto tra Amministrazioni statali e senza la necessità di un espresso richiamo normativo, assente nel D.Lgs. n. 152/2006, che all’art. 26, comma 2 – abrogato con il D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, recante attuazione della Direttiva 2014/52/UE – contemplava, peraltro, il potere sostitutivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri soltanto nelle fattispecie di ritardo nell’esperimento dell’attività procedimentale, ma non ostava all’applicazione della disciplina generale di cui alla L. n. 400/1988.
L’attivazione del procedimento di cui all’art. 5, comma 2, lett. c-bis), L. n. 400/1988, inoltre, non costituisce un esito eventuale ed opzionale comunque previsto dal Legislatore quante volte intervenga un contrasto tra le Autorità coinvolte in ogni tipologia di procedimento, ma è oggetto dell’indicazione peculiare e specifica in materia di VIA recata dalla L. n. 241/1990 nella versione, applicabile ratione temporis al caso di specie, anteriore alla novella intervenuta con il D.Lgs. 30 giugno 2016, n. 127 (“Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi”).
L’originario art. 14-quater, comma 5 della Legge sul procedimento amministrativo, oggi abrogato, sotto la rubrica “Effetti del dissenso espresso nella conferenza di servizi”, statuiva, infatti, che “Nell’ipotesi in cui l’opera sia sottoposta a VIA e in caso di provvedimento negativo trova applicazione l’articolo 5, comma 2, lettera c-bis), della legge 23 agosto 1988, n. 400, introdotta dall’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303”.
La disposizione, dunque, esprimeva, mediante il rinvio al procedimento di cui alla L. n. 400/1988, una regola di sussidiarietà verticale (cfr. art. 118 comma 1 Cost.), che individuava nella Presidenza del Consiglio dei Ministri, quale vertice dell’apparato amministrativo ed in ragione della sua collocazione nell’impianto costituzionale divisato nella Carta fondamentale, l’organo chiamato a comporre il dissenso insorto tra le Amministrazioni coinvolte nel procedimento di adozione del provvedimento di VIA.
La ponderazione comparativa degli interessi coinvolti nel procedimento di adozione della VIA, di fronte alla difficoltà di rinvenire un ordine gerarchico normativamente predefinito degli stessi, veniva rimessa, dunque, alla competenza dell’organo costituzionale collegiale, mediante il richiamo al procedimento ex art. 5, comma 2, lett. c-bis), L. n. 400/1988, nel quadro della c. d. funzione amministrativa conferenziale, prefigurata dalla dottrina quale peculiare modo di esplicazione dell’azione della P. A., che assicuri l’articolata sintesi fra coordinamento amministrativo e semplificazione procedimentale.
Il Collegio, pertanto, ritiene illegittima l’avversata nota con la quale il DICA, in guisa difforme dalle richiamate coordinate di sistema, ha pretermesso la sfera politica dall’esercizio delle prerogative che l’art. 5, comma 2, lett. c-bis), L. n. 400/1988 – richiamato dall’abrogato art. 14-quater, comma 5, L. n. 241/1990, quale indicazione peculiare e specifica – avrebbe attribuito al vertice del potere amministrativo nel procedimento di adozione del provvedimento di VIA.
L’Amministrazione, infatti, mediante un’autonoma interpretazione della normativa sopravvenuta di cui al D.Lgs. n. 201/2016, ha esautorato le competenze assegnate al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al MATTM nel procedimento di VIA e ha determinato l’indebita interruzione della procedura, in ragione di una valutazione impropria in quanto compiuta sul merito amministrativo – ovvero il ritenuto carattere intangibile dello status quo in tema di spazio-marittimo – piuttosto che sui soli profili tecnico-gestionali o di completezza documentale.
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Il Collegio, infatti, condivide, in punto di interesse, l’assunto della società appellante per il quale l’indebita preclusione della procedura di cui alla L. n. 400/1988 – richiamata dall’abrogato art. 14-quater, comma 5, L. n. 241/1990 ed identificata quale esclusiva e residua possibilità di esito favorevole del procedimento di VIA – avrebbe recato una lesione al proprio interesse all’evasione della istanza di avvio della procedura.
I pareri negativi endoprocedimentali resi dal MIBACT, nonché dalla Regione con le richiamate delibere di Giunta, avrebbero ostato al rilascio del provvedimento di VIA soltanto nell’ipotesi di conferma degli atti di amministrazione consultiva resa dal Consiglio dei Ministri, al quale il Presidente del Consiglio, nell’esercizio delle prerogative assegnate dall’organo costituzionale monocratico dalla L. n. 400/1988 – quale applicazione del disposto di cui all’art. 95, comma 1 Cost. e per come richiamata dalla versione originaria della L. n. 241/1990 –, avesse deferito la decisione della questione sulla quale erano emerse le valutazioni contrastanti tra le Amministrazioni competenti nel procedimento di VIA.
Come si ricava anche dalla giurisprudenza costituzionale (cfr., da ultimo, Corte cost., 23 novembre 2011, n. 151), la funzione di tutela del paesaggio, infatti, risulta informata ad una regola essenziale di tecnicità e di concretezza, che preclude alle Amministrazioni coinvolte nell’esercizio della funzione di tutela del paesaggio – enucleato quale principio fondamentale nell’art. 9 Cost. – ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento e dalla comparazione con altri interessi, sebbene ugualmente pubblici, che risultino coinvolti dall’esplicazione di un’azione amministrativa di carattere strettamente discrezionale, in applicazione di regole di semplificazione ad effetti sostanziali aliunde praticabili (cfr, da ultimo, Corte cost., 18 aprile 2011, n. 2378).
La conciliazione dell’interesse paesaggistico – compreso quello ambientale, appannaggio della Commissione tecnica costituita allo scopo – con gli altri interessi coinvolti nel procedimento per l’adozione del provvedimento di VIA, pertanto, viene certamente preclusa in via autonoma al MATTM – quale Amministrazione procedente, di concerto al MIBACT, giusta le disposizioni del Capo IV, D.Lgs. n. 152/2006 nella versione applicabile ratione temporis al caso di specie -, ma è deve intendersi annoverata tra le prerogative attribuite alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, quante volte risulti attivata la procedura di cui all’art. 5, comma 2, lett. c-bis), L. n. 400/1988, come introdotto dal D.Lgs. n. 303/1999.
Avv. Marco Bruno Fornaciari