La “piena conoscenza”, ai fini della decorrenza del termine per la impugnazione di un titolo-abilitativo-edilizio, viene individuata nell’inizio dei lavori, nel caso si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area; laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza ecc.), al completamento dei lavori o, in relazione al grado di sviluppo degli stessi, nel momento in cui si renda comunque palese l’esatta dimensione, consistenza, finalità, del manufatto in costruzione (Cons. Stato, Sez. II, 12 agosto 2019, n. 5664; Sez. IV, 26 luglio 2018, n. 4583; id., 23 maggio 2018, n. 3075); mentre la vicinitas di un soggetto rispetto all’area ed alle opere edilizie contestate, oltre ad incidere sull’interesse ad agire, induce a ritenere che lo stesso abbia potuto avere più facilmente conoscenza della loro entità anche prima della conclusione dei lavori e comunque chi intende contestare adeguatamente un titolo-abilitativo-edilizio ha l’onere di esercitare sollecitamente l’accesso documentale (Cons. Stato, Sez. II, 26 giugno 2019, n. 4390) (Cons. Stato, Sez. II, 11 novembre 2019, n. 7692).
I princìpi di effettività della tutela giurisdizionale e di satisfattività sottesi a tale regime di impugnazione del titolo-abilitativo-edilizio rilasciato a terzi, tuttavia, viene contemperato con la tutela delle esigenze di certezza delle situazioni giuridiche e del legittimo affidamento dell’ordinamento, che impediscono di configurare in capo al controinteressato la libertà di decidere ad libitum l’esercizio o meno del diritto di accesso agli atti.
La giurisprudenza, pertanto, ha individuato il punto di equilibrio tra i suddetti princìpi nella identificazione del dies a quo del termine decadenziale per l’esercizio del diritto di accesso con il carattere oggettivamente apprezzabile dello scostamento del manufatto oggetto del titolo-abilitativo-edilizio dal paradigma legale, reso possibile dallo stato di avanzamento dei lavori.
Il sospetto di una possibile violazione della normativa urbanistica, indotto dallo stato di avanzamento dei lavori per l’edificazione del manufatto, pertanto, impone al ricorrente l’esercizio tempestivo del diritto di accesso, senza attendere il completamento dell’opera, al fine di documentarsi in ordine alle previsioni progettuali e verificare la sussistenza o meno di un vizio del titolo-abilitativo-edilizio, tale da inibire l’ulteriore attività realizzativa.
Il diritto di accesso e le modalità del suo esercizio, pertanto, in assenza della compiuta ed esaustiva conoscenza del provvedimento ed analogamente al completamento dei lavori ed al tipo dei vizi deducibili in relazione a tale comportamento, concorrono ad individuare il punto di sintesi tra i princìpi richiamati.
Il principio di trasparenza, infatti, invera la tutela del terzo attraverso il diritto alla piena conoscenza della documentazione amministrativa, oggetto, tuttavia, dell’onere di esercizio tempestivo quante volte l’attività materiale pregiudizievole in corso sia supportata da un titolo-abilitativo-edilizio non conosciuto o non conosciuto sufficientemente.
La giurisprudenza amministrativa, pertanto, nelle fattispecie già richiamate ha identificato le ragioni, quali la natura delle censure formulate nei confronti dell’intervento edilizio, i rilievi addotti con riguardo alla conformazione fisica o giuridica delle aree oggetto dello stesso, le censure dedotte avverso il titolo-abilitativo-edilizio in sé e per sé considerato, nonché le conoscenze acquisite e le attività poste in essere in sede procedimentale o comunque extraprocessuale, che non consentono l’impugnazione differita del titolo-abilitativo-edilizio al termine dei relativi lavori.
Avv. Marco Bruno Fornaciari