La giurisprudenza del Consiglio di Stato è costante nel ritenere che, quando un titolo-edilizio sia stato ottenuto dall’interessato in base a false rappresentazioni della realtà, o comunque erronee, sia consentito all’Amministrazione di esercitarne il potere di annullamento di ufficio, ovvero in autotutela, mediante il ritiro dell’atto stesso, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse, che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 19 marzo 2019, n. 1795) (Cons. Stato, Sez. II, 21 ottobre 2019, n. 7094).
Nel caso, poi, in cui la domanda di rilascio del titolo-edilizio sia stata presentata da parte di precedente proprietario dell’area, si ritiene che l’affidamento legittimo ingenerato nell’acquirente debba ritenersi escluso tutte le volte in cui il medesimo abbia comunque avuto contezza dell’errore o comunque quando, mediante la ordinaria diligenza allo stesso richiesta in quanto soggetto che intendeva ottenere il titolo-edilizio, avrebbe potuto accorgersi del suddetto errore (Cons. Stato, Sez. VI, 23 agosto 2019, n. 5840).
Quanto al censurato difetto di motivazione del provvedimento di ripristino, il Collegio richiama la consolidata giurisprudenza amministrativa in materia di provvedimenti repressivi di abusi edilizi, per cui, in quanto atti di natura dovuta e rigorosamente vincolata, la motivazione è adeguata e sufficiente quando contenga la descrizione delle opere abusive e la constatazione della loro abusività (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 5 novembre 2018, n. 6246).
La legittimità dell’ingiunzione demolitoria, infatti, richiede unicamente “l’affermazione della accertata abusività dell’opera, attraverso la descrizione delle opere, la constatazione della loro esecuzione in assenza del necessario titolo abilitativo e l’individuazione della norma applicata, ogni altra indicazione esulando dal contenuto tipico del provvedimento” (Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2019, n. 903; Cons. Stato, Sez. VI, 30 aprile 2019, n. 2822).
Il Collegio precisa, infine, come, secondo la propria costante giurisprudenza, al fine di individuare se un manufatto sia o meno interrato, occorra fare riferimento al livello naturale del terreno, con la conseguenza che la sporgenza di un manufatto dal suolo deve essere riscontrata con riferimento al piano di campagna, ovvero al livello naturale del terreno (Cons. Stato, Sez. IV, 17 maggio 2012, n. 2847; Consiglio Stato, Sez. V, 6 dicembre 2010 , n. 8547).
Avv. Marco Bruno Fornaciari